Recentemente, il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, intervistato a “Radioanch’io” ha proposto il taglio delle pensioni al di sopra dei 3000 euro lordi mensili (2300 netti circa).
Con il risparmio di spesa che si ricaverebbe, stimato da Di Maio in 12 miliardi, si potrebbe finanziare – egli sostiene – l’abrogazione della legge Fornero.
Successivamente, l’ufficio comunicazione M5S ha precisato che Di Maio, riferendosi alle “pensioni d’oro”, intendeva assegni pensionistici superiori a 5 mila euro netti, e che il risparmio di spesa di 12 miliardi di euro “sarebbe su più anni”.
In effetti, il dato sul risparmio di spesa è del tutto fuori della realtà, se riferito alla soglia 5000, e molto sovrastimato, se riferito alla soglia 2300.
Il segretario del PD Renzi non ha mancato di polemizzare con Di Maio, in quanto sarebbe “una follia” tagliare pensioni nette di 2300 euro, affatto “d’oro”.
Come si vede, il tema del tagli alle pensioni cd. “d’oro” tiene banco in campagna elettorale.
La proposta dei Cinque Stelle appare demagogica ed illiberale.
Si tratterebbe a tutti gli effetti di un’espropriazione che andrebbe ad incidere sui diritti quesiti dei pensionati e delle loro famiglie, modificando in maniera inaudita la loro vita.
Basti solo dire che questi pensionati ricevono una pensione che rappresenta la restituzione assicurativa dei contributi, versati durante una vita di lavoro, sui quali hanno fatto legittimo ed incondizionato affidamento.
Una misura del genere dovrebbe in ogni caso prevedere il diritto alla restituzione di tutto il montante dei contributi versati durante la vita lavorativa, poiché la pensione che ricevono non è un regalo. Ma questo non viene nemmeno preso in considerazione dai Cinque Stelle.
Nemmeno le idee renziane, però, possono far star tranquilli i pensionati c.d. “d’oro”.
Il consulente economico Gutgeld, pur escludendo interventi nell’immediato, aveva ammesso qualche mese fa che un vero ed efficace risparmio di spesa si sarebbe ottenuto (solo) arrivando a tagliare le pensioni medie di 2000-2500 euro lorde.
Anche il presidente dell’INPS Boeri, nominato da Renzi, aveva proposto, non molto tempo fa, il ricalcolo al ribasso, con metodo contributivo o forfettario, delle pensioni al di sopra di 2000 euro.
Il paradosso è che la spesa pensionistica sorretta da contributi nulli o inadeguati è, generalmente, quella che si situa ai livelli più bassi (pensioni integrate al minimo, baby-pensioni, pensioni sociali, pensioni di invalidità)!