Corte Costituzionale e mancata rivalutazione delle pensioni (24.10.17)

CORTE COSTITUZIONALE e MANCATA RIVALUTAZIONE delle PENSIONI. Sentenza scontata..?.
(articolo di Stefano Biasioli 24.10.2017)
 
Martedì 24 Ottobre la Corte Costituzionale ha iniziato la discussione sulle  migliaia di ricorsi relativi alla pluriennale mancata rivalutazione delle pensioni, come frutto delle scelte degli ultimi 4 governi (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni).
Il problema è scottante, perché una decina di Corti dei Conti Regionali ed alcuni Tribunali civili hanno rinviato il problema alla Consulta. 
Nel silenzio generale (i referendum veneti e lombardo, Anna Frank, il treno di Renzi, il rosatellum acidum…).martedì 24/10 la Consulta ha “dato l’avvio alle danze”. 
E’ toccato all’avv. Sciarra fare il riassunto delle puntate precedenti. Poi  gli avvocati dei ricorrenti  hanno ripetutamente citato le numerose sentenze della Corte sullo stesso tema (2012-2015-2016…) e la natura tributaria dei tagli pensionistici per le pensioni superiori a 2000 euro/lordi/mese. 
Hanno ricordato come la Legge Renzi (sett.2015) abbia disapplicato la sentenza 70/2015 della Consulta. Hanno ribadito che non può essere considerata ricca una pensione da 6 ad 8 volte il minimo INPS e che i “….pensionati italiani non possono essere i soli cittadini ad essere chiamati a salvare il bilancio statale…“.
L’Avvocata dell’INPS ha – come negli anni precedenti –  sacralmente affermato che l’INPS ha rispettato le sentenze della Consulta ed ha ricordato i danni provocati dalla scelta delle “pensioni baby” (Ndr??!!). L’Avvocato dello Stato ha terrorizzato i membri della Consulta ricordando alla Stessa che un Suo (“della Consulta”) parere positivo a favore dei ricorrenti  avrebbe prodotto un buco nel bilancio statale valutabile dai 15 ai 30 miliardi di euro, con sforamento del limite europeo del debito pubblico italiano  (il famoso 3%/PIL).
Nihil sub sole novi.
Chi scrive e l’intero gruppo dei pensionati raccolti nei Leonida, nel Forum pensionati e nella FEDERSPeV l’aveva ampiamente previsto. 
Si tratta dei soliti argomenti, vecchi e stantii, che hanno costretto i pensionati pubblici INPS ad essere il bancomat dei debiti pubblici, INPS e non INPS.
Nessuna certezza di ottenere, una buona volta, ragione dalla Corte Costituzionale. Oggi come ieri e come l’altro ieri.
Se il buon giorno si vede dal mattino, questo mattino era pieno di pesanti, cupe e nerastre nubi. Con tuoni e fulmini, all’orizzonte pensionistico.
Non sappiamo quando la Corte stilera’ la sentenza. Probabilmente lo farà dopo le elezioni regionali siciliane.
Restiamo in attesa. Non tanto dell’esito, che – da mesi – abbiamo pronosticato come negativo.
No. Questa volta siamo veramente curiosi di leggere e meditare le motivazioni di una nuova sentenza negativa. Come giustificheranno, questa volta, i “santi” giudici costituzionali  l’ennesimo e pluriennale esproprio pensionistico ?
Tasse, ma a carico di una sola categoria di contribuenti: quella dei pensionati e non anche  quella dei lavoratori attivi, a parità di reddito.
Da un lato, si salvano i vitalizi e si mantiene alta l’evasione fiscale, dall’altro si trasforma il pensionato in “bancomat sociale” nella prospettiva di un comunismo pensionistico. Prossimo-venturo.
Il tutto, nel silenzio piu’ assoluto di tutti i partiti dell’arco costituzionale. Dalla Meloni a Berlusconi, a Salvini, a Renzi, a Bersani, ai 5S.
Tutti zitti. Tranne Boeri, il politico mancato.
” Pensionati Europei…venite in Italia…!”, esclama ed invoca il Nostro…
Già, ma con che faccia il ricciolino  Boeri invita i pensionati del NordEuropa a vivere in Italia? Per taglieggiare anche loro, come fa con quelli italici?

Comunismo previdenziale

Noi “Pensionati Esasperati” siamo convinti che esista una ampia “fetta” di personaggi che puntano ad introdurre il COMUNISMO PREVIDENZIALE.

Il riferimento è a tutti coloro (da Gutgeld, a Maziotti e C., al Presidente dei Giovani Confindustriali….fino alla prassi dei Governi Monti-Letta Renzi-Gentiloni) che vorrebbero si arrivasse a PENSIONI UGUALI PER TUTTI.

Ad un esproprio previdenziale come quello russo del 1917

Per tutti costoro (politicanti e giornalisti) le “vecchie regole pensionistiche non valgono più…il bilancio dell’INPS è dissestato…il debito pubblico è in continua ascesa…quindi….vanno tagliate le pensioni dai 2000 euro lordi in su…”.

Non siamo pessimisti ma i personaggi citati continuano a prendersela solo con i pensionati, non con gli evasori fiscali o con i mancati tagli dei vitalizi…

C’è una sola spending review: quella che taglia le pensioni INPS alla faccia dei soldi da Noi “obbligatoriamente” versati per oltre 40 anni, soldi mai realmente rivalutati.

Insomma, TUTTI COSTORO VORREBBERO ROMPERE IL PATTO PREVIDENZIALE che lo Stato HA FATTO con ciascuno di NOI, oltre 40 anni fa.

Se così fosse, NON STAREMO FERMI e ZITTI !

SPENDING REVIEW

PER NON DIMENTICARE: diceva Gutgeld il 20/06/17….

Nel settore “Documenti” del sito troverete copia dell’intervista di Yoram Gutgeld, Commissario alla Spending Review, rilasciata al Corriere della sera il 20 giugno u.s.
In più di quattro anni di esternazioni – di Boeri, presidente INPS, di politici di vari partiti, di sindacalisti, di giornalisti, di conduttori di talk show – sulla necessità di tagliare le cosidette ” pensioni d’oro “nessuno si era, in precedenza, sbilanciato con dei numeri, preferendo tutti costoro rimanere nel vago.

Ringraziamo Gutgeld che, unico tra i molti che per anni hanno “starnazzato “sul tema, ci ha finalmente permesso di capire cosa intendono questi signori per “pensioni d’oro”.
In sintesi Gutgeld ha dichiarato che…” ..per avere un impatto significativo sulla spesa pensionistica bisognerebbe arrivare a toccare anche i diritti acquisiti delle pensioni medie da 2000-2500 euro lordi/mese, quando non sono sostenute da contributi adeguati. Li ci sono limiti oggettivi: mancano i dati sui contributi e siamo vincolati dalla Corte Costituzionale…”.
In definitiva, Gutgeld ha chiarito che, per sistemare i conti INPS, bisognerebbe agire su una ampia fetta di pensionati, partendo dalle pensioni da 2000 euro lordi/mese, ovvero da quelle con 1370 euro netti/mese !
Noi, che cattivi siamo, abbiamo capito che questa era – fin dall’inizio – la volontà del PD di Renzi: considerare “ricche” e quindi aggredibili le pensioni dai 2000 euro lordi in su. Purtroppo, dice Gutgeld, c’è qualche difficoltà a realizzare questo loro “obiettivo nascosto”…
La mancanza di documentazione in casa INPS…e la Consulta….
Adesso, anche chi non credeva al “nostro pessimismo cosmico” è servito….(Lenin!).

L’articolo citato non è più reperibile sulla rete… per questo ne teniamo copia…a memoria imperitura…. (Orsini e Biasioli)

«Rivediamo il Fiscal Compact
L’Italia non riduca il deficit»

Il commissario Yoram Gutgeld: «Non c’è più molto da aggredire, non possiamo trovare altri trenta miliardi da tagliare ma possiamo limitare la dinamica della spesa pubblica contenendo l’aumento dei costi»

di Federico Fubini, Corriere della Sera/Economia, 17 giugno 2017

Revisione non fa sempre rima con (forte) riduzione della spesa, ma con aumento degli spazi per ciò che il governo deve o vuole fare. Yoram Gutgeld, commissario alla spending review, deputato del Pd, ex consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, ha presentato ieri il primo rapporto annuale sul suo lavoro. Lui per primo sa che ora la parte tecnica deve lasciar posto alle scelte politiche. Quanto a queste, Gutgeld ne indica due fra le sue preferenze «personali»: rinegoziare il Fiscal compact europeo per fermare il cammino verso il pareggio di bilancio, e mantenere il deficit agli attuali livelli in proporzione al prodotto lordo. Non ridurlo. Dunque per il commissario alla spending review la prossima Legge di bilancio non dovrebbe contenere la nuova stretta, per quanto limitata, che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha prefigurato in una lettera alla Commissione europea.

Commissario, includete nella revisione oltre 300 miliardi di spese ma ne escludete 500, fra cui le pensioni. Perché?

«Il governo di Mario Monti ha messo in sicurezza la dinamica della spesa pensionistica, ma la spesa rimane alta. Detto questo, mi sembra complicato intervenire ancora. Per avere un impatto, bisognerebbe arrivare a toccare i diritti acquisti delle pensioni medie da 2.000-2.500 euro lordi al mese quando non sono sostenute da contributi adeguati. Lì ci sono limiti oggettivi: mancano i dati sui contributi più antichi e siamo vincolati dalla Corte costituzionale».

Vanno coperte sempre nuove spese automatiche, come le pensioni e la sanità, o inevitabili come quelle sui migranti. Resta spazio per nuovi tagli altrove?

«Di taglio facile non è rimasto molto ma il lavoro sull’efficienza degli acquisti continuerà. Non possiamo trovare altri trenta miliardi, ma possiamo fare molto perché ci sono margini importanti. In futuro sarà fondamentale limitare la dinamica della spesa pubblica, contenendo l’aumento dei costi e vigilando sull’efficienza».

L’Italia può limitarsi a contenere la spesa e allo stesso tempo portare il bilancio verso il pareggio?

«L’obiettivo del pareggio è iscritto del Fiscal compact europeo, ma trovo che su di esso occorra una riflessione. Quell’accordo fu pensato in un momento di grande emergenza, nel 2011-2012, e non si è rivelato un successo».

Da allora in area euro si sono tagliate spese per due punti di Pil e mezzo punto di tasse. Perché non è un successo?

«Intanto perché tutti i Paesi faticano a raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio, ad eccezione della Germania che ha un enorme surplus esterno. Ma soprattutto, un Paese non è un’azienda. Non può essere gestito come se lo fosse: lo Stato non deve generare “profitti” per remunerare il capitale. Dunque non c’è nulla di magico in un pareggio o in un surplus di bilancio pubblico».

Dunque lei ritiene che l’Italia dovrebbe rinegoziare il Fiscal compact?

«Il vero problema è la crescita e come ottenerla. Dobbiamo andare avanti con interventi strutturali sulla giustizia, la burocrazia sulla legge fallimentare. Ma si dovrà anche valutare la leva fiscale per stimolare la ripresa, come hanno fatto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dopo la crisi».

Dove interverrebbe?

«Guarderei per esempio i crediti d’imposta su ricerca e sviluppo. Oggi il valore aggiunto dei prodotti italiani è in media più basso di quello francese o tedesco, in parte perché non si investe abbastanza in quest’area. Allargherei il credito d’imposta. Oggi le aziende farmaceutiche vanno in Francia a fare ricerca, perché lì gli sgravi sono più alti. Anche l’ambito degli incentivi di Industria 4.0, che stanno funzionando, è ancora limitato, riguarda solo le macchine digitali: andrebbe allargato».

Sembra che lei pensi più a sgravi per le imprese che all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

«Anche sull’Irpef si dovrebbe fare qualcosa. Serve una fiscalità orientata alla famiglia, proprio perché abbiamo un problema demografico e occorre incoraggiare la natalità. Il problema è europeo eccezion fatta per la Francia che ha una fiscalità molto più favorevole per famiglie».

Difficile fare ciò che lei dice riducendo il deficit, e presto l’Italia dovrebbe dare disco verde alla piena integrazione del Fiscal compact nel diritto europeo. Che ne pensa?

«Il governo si dovrà esprimere. Personalmente non credo sia una buona idea, perché trovo che quell’accordo sia da rivedere per avere uno spazio fiscale più ampio».

Anche con un disavanzo sopra al 3% del prodotto lordo?

«No, perché in Italia resta un problema di debito. Con un deficit sopra al 3% inizieremmo a faticare nello stabilizzare la dinamica del debito e questa per noi resta una questione fondamentale. Il problema del Fiscal compact è che si concentra solo sul deficit».

Lei invece a cosa guarderebbe?

«A deficit, crescita e inflazione. Con la regola del due. Con un due per cento di aumento del Pil in termini reali, di deficit pubblico e di aumento dei prezzi al consumo, metteremmo il debito su una traiettoria rapidamente discendente. E pian piano ci stiamo avvicinando a questi obiettivi, ma serve una spinta in più».

Il deficit nel 2017 è già diretto attorno al 2%. Significa che la prossima Legge di stabilità non dovrà stringere ancora? Padoan pensa a un aggiustamento da 5-6 miliardi…

«Più o meno siamo come dovremmo essere in questa fase. La macchina della gestione della spesa ora funziona e siamo in grado di gestire aumenti contenuti delle uscite. Il tema che richiede una valutazione politica è quello della leva fiscale. Si potrebbero ridiscutere gli obiettivi per l’anno prossimo, ma non isolatamente. Dobbiamo andare avanti anche con le altre riforme strutturali: vanno rassicurati i mercati, perché capiscano che l’Italia crescerà».

In Francia il presidente Emmanuel Macron prepara una riforma del lavoro più radicale di quella di Renzi, perché include la contrattazione in azienda. Addolcita da un balzo del deficit dal 3% al 4% nel 2018. Che ne pensa?

«I numeri francesi sono diversi, resto convinto che per noi un deficit al 3% complica la gestione del debito. Ma prendersi un po’ di spazio fiscale, come sembra farà Macron, ha senso».

L’Italia dovrebbe seguire Parigi sulla riforma del lavoro?

«Sono questioni che riguardano la contrattazione, dunque i rapporti fra datori e sindacati. Sicuramente è l’approccio giusto, in Germania c’è da tempo. Ma temo che il governo possa favorirlo solo fino a un certo punto».

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Graffio di Pensionato Esasperato (2)

Continua l’attacco di Floris & C. alle pensioni superiori a 1.515,00 euro lordi/mese.

Nuovo ATTACCO alle PENSIONI

Floris (di martedì 17.10) non demorde e continua il pluriennale attacco alle pensioni “medio-alte” .

Emiliano (Gov. Puglia) ha affermato che occorre modificare l’art. 38 della Costituzione per “giustificare” i nuovi tagli pensionistici.

Andiamo verso il “Soviet” della previdenza?

Pensionati: SVEGLIA!

Il “Palazzo” non demorde.

Ci aspettiamo che “qualche manina del PD e dintorni”  inserisca nella legge di bilancio un comma che proroga (2018-2019-2020…) i TAGLI alle pensioni in essere (le Nostre, non quelle dei Parlamentari).

Il “Palazzo” non fa nulla contro l’evasione fiscale ma punta al “Soviet” della previdenza

 

 

Graffio di PENSIONATO ESASPERATO

Letterina ai pensionatiEsasperati” (nella speranza che non siano disattenti).

In questi giorni i giornali sono pieni di “Rosatellum” e di “Notizie virtuali” relative alla Legge di Bilancio (ex Stabilità) che nessuno ha letto perché manca ancora un testo ufficiale e che è stata fino ad ora annunciata in modo “sdolcinato” dal Premier pro-tempore Gentiloni.

Noi da “Pensionati Esasperati” ci limitiamo a ricordarVi questi fatti:

  1. la Legge di Stabilità non contiene risorse per la rivalutazione delle pensioni nel 2018; il DEF non ha previsto – per questo – alcuna risorsa per l’intero triennio 2018-2019-2020;
  2. la pressione fiscale è aumentata del 2,6% in otto mesi mentre la crescita è ferma al 1,5% (la Verità, 18.10.2017 – pag. 3);
  3. ci fanno pagare le bollette per 13 mesi anziché 12 (la fattura a 28 gg e non mensile assicura incassi superiori del 8% alle compagnie);
  4. il taglio dei vitalizi parlamentari resta in Commissione (…) (Il Fatto Quotidiano, 18.10.17 – pag.5);
  5. sta arrivando una Tassa Europea sui terreni delle case (è un’idea di Macron);
  6. la Germania restituisce i migranti alla Svizzera, che poi li girerà a l’Italia;
  7. nel 2016 sono fuggiti all’estero 124.000 giovani: non si tratta di cervelli in fuga ma di persone normali che vanno all’estero anche per lavori modesti;
  8. ai richiedenti asilo in Alto Adige verranno offerti villini in classe A (La Verità, 08.09.17 e 18.10.17 – pag. 5).

Mancano 6 giorni alla decisione della Corte Costituzionale sulle migliaia dei ricorsi presentati contro “LA MANCATA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI” . Cosa farà la Corte? Ipotesi possibili:

a) rinvio della decisione dopo le politiche del 2018

b) decisione salomonica: “chi ha avuto avuto, chi ha dato ha dato…” ovvero…“siamo consapevoli che i pensionati over 1.513 euro lordi/mese sono stati penalizzati più dei cittadini che ancora lavorano ma la cassa dello Stato è talmente in “rosso” che i Governi sono stati costretti a fare così”.

c) “statevene buoni”… i tagli finiscono al 31 dicembre 2018…” ;

d) “i tagli passati, presenti e futuri sono giustificati dal “buco” finanziario dell’INPS… quindi i Governi sono “autorizzati” a chiedere i contributi a tutte le pensioni medio-alte…”.

Domanda finale: se la risposta sarà una di queste, come reagiranno i “Pensionati Esasperati”?

Lenin

Follie italiane

Pensioni, l’Inps rivuole i soldi per darli agli immigrati

4 Ottobre 2017

Ci mancava soltanto il turismo previdenziale per mungere il sistema pensionistico pubblico italiano. Mentre l’Inps si accanisce sui pensionati italiani, chiedendo la restituzione (a rate), di cifre modeste, si scopre che per anni l’Istituto è stato assai generoso a seminare quattrini in giro per il mondo, senza controllare la veridicità delle dichiarazioni per incassare gli assegni assistenziali.

Un sistema ormai rodato che prevedeva: transitare in Italia, acquisire la residenza (e relativo contocorrente), istruire le pratiche presso l’Inps e chiedere la pensione sociale. Un bonus mensile da circa 45 0 euro netti per 13 mensilità.

Tra le condizioni (in teoria), l’obbligo di risiedere in Italia, aver compiuto 65 anni (tenendo conto anche dell’aggiornamento alle aspettative di vita), poter vantare almeno 10 anni anni di soggiorno continuativo in Italia (obbligo valido solo dal gennaio 2009), e, soprattutto poter dimostrare di trovarsi in «condizioni economiche disagiate».

Il Nucleo repressione frodi della Guardia di Finanza ha scoperto che c’era anche chi si era organizzato con un servizio di minivan. In 500 sono stati pizzicati (e denunciati), per «percezione indebita di sussidi», con un danno accertato di oltre 10,3 milioni di euro. La Gdf ha passato al setaccio 39.742 posizioni previdenziali in erogazioni sociali verso stranieri, sottoponendo i singoli ad un “indicatore cumulato di pericolosità”. Al termine delle indagini sono stati individuati 479 casi irregolari, sparsi un po’ in tutta Italia.

A scorrere la graduatoria economica si scopre che a Roma sono stati ben 46 “furbetti”, che hanno riscosso complessivamente 801.254 euro in trattamenti sociali. Solo a Milano le truffe hanno fruttato di più: 817.352 euro. Ripartiti però su soli 27 pensionati fintamente residenti. Il terzo posto del podio è andato a Bari dove sono contestati 635.790 euro per appropriazione indebita (suddivise in appena 17 contestazioni).

Interessante anche la nazionalità d’origine dei 479 casi contestati. Ben 65 contestatazioni sono state effettuate a carico di cittadini albanesi, 58 per marocchini e 49 ad argentini.

Il sistema ormai rodato – ha scoperto la guardia di Finanza – non conosceva limiti geografici. Richieste e assegni venivano incassati da cittadini italiani, comunitari o extracomunitari – con la residenza formale in Italia – ma nei fatti rintracciati stabilmente negli Stati Uniti, così come in Francia (5), Spagna (6), e in Cina (15). Le Fiamme Gialle hanno anche provato che dalla Romania (13 percettori scovati), partivano addirittura dei pulmini organizzati per accompagnare chi incassavae l’assegno e fare poi ritorno a casa.

Sono saltati fuori anche beneficiari che vivevano non proprio in condizioni economiche disagiate. La Gdf ha infatti accertato una coppia di anziani coniugi tunisini, solo formalmente residenti a Firenze che oltre ad incassare i quattrini dall’Inps aveva movimentato la bellezza di 370mila euro verso il Principato di Monaco. E questa stessa questa coppia negli anni aveva percepito la bellezza di 120mila euro. Una signora di 70 anni, di origine argentina, formalmente residente nella provincia di Cagliari, ha incassato 47mila euro di pensione sociale, salvo poi “spostare” 95mila euro verso la Repubblica popolare cinese per 95mila euro. Una 75enne di origine polacca, fittiziamente residente nella provincia di Frosinone, in accordo con un italiano, suo ex datore di lavoro, ha potuto beneficiare illegittimamente di 50mila euro, elargiti a suo favore dall’ Inps su un conto corrente cointestato con il complice e movimentati verso l’ estero tramite il sistema dei money transfer.

Se i cittadini stranieri (extracomunitari e non), sono riusciti a raggirare abbondantemente l’Inps, non mancano gli italiani che dichiarano condizioni di indigenza, affermano di risiedere in Italia e invece continuano ad incassare tranquillamente l’assegno assistenziale volando oltre confine. Sempre il Nucleo antitruffa delle Fiamme Gialle ha scovato (e denunciato), stando agli ultimi controlli, 517 italiani che giusto dopo aver maturato i requisiti per ottenere l’assegno sociale, si erano trasferiti in altri Stati non rispettando, così, il requisito essenziale della «stabile residenza». Secondo le prime stime si stima un danno a carico dell’Inps in questo caso di per oltre 16 ,5 milioni di euro.

Il sistema d’incrocio tra banche dati italiane e internazionali ha facilitato l’attività di indagine e accertamento. Ora resta da vedere come (e quando) si riusciranno a recuperare i capitali sottratti.

di Antonio Castro

 

BOERI DATO IN USCITA DALL’INPS

PER “LETTERA 43” BOERI HA LE ORE CONTATE

IN ARRIVO MARE’, DALLA PADELLA ALLA BRACE

Il giornale on line “Lettera 43” sabato 7 ottobre ha pubblicato un articolo di Francesco Pacifico dal titolo “Inps, il piano del PD per prepensionare Tito Boeri”.

Il presidente dell’INPS, che a detta del giornalista sarebbe inviso a Damiano e Sacconi, presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, avrebbe le ore contate perché sarebbe in dirittura d’arrivo la revisione della governance dell’Istituto, che diverrebbe così la scusa per dare il benservito a Boeri, con il ripristino di un Consiglio d’Amministrazione.

A sostituire Boeri alla guida dell’INPS, sempre secondo il giornalista di “Lettera 43”, arriverebbe Mauro Maré, consigliere di Pier Carlo Padoan e presidente di Mefop SpA, la società per lo sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione, di cui il Ministero dell’Economia è azionista di maggioranza.

Il rischio, quindi, è di cadere dalla padella nella brace. L’INPS passerebbe da un economista che spinge per il ricalcalo delle attuali pensioni con il sistema contributivo e per lo sviluppo della previdenza complementare ad un altro economista che attualmente è impegnato a far crescere l’adesione ai circa 90 fondi che aderiscono al Mefop. Ma un presidente innamorato del sistema previdenziale pubblico, no?

Da parte nostra continueremo ad ostacolare il disegno di Boeri, così come ostacoleremo quello di Maré, se arriverà all’INPS, o di chiunque altro cerchi di distruggere la previdenza sociale pubblica.

12 OTTOBRE TUTTI ALL’ARAN PER IL CONTRATTO

10 NOVEMBRE TUTTI IN SCIOPERO PER IL CONTRATTO E PER L’INPS

Roma, 9 ottobre 2017 (67/17) USB Pubblico Impiego INPS

7 ottobre 2017 – Francesco Pacifico – LETTERA 43 – 

In teoria Tito Boeri ha un mandato da presidente dell’Inps che scade nel 2020. In pratica ampi fronti del governo e – soprattutto – amplissimi settori della maggioranza starebbero studiando come pensionarlo già prima delle elezioni 2018 o subito dopo l’insediamento del nuovo governo. Il tutto con la benedizione dei sindacati. Come? Reintroducendo nella governance dell’ente previdenziale quel consiglio di amministrazione eliminato da Antonio Mastrapasqua e che lo stesso Boeri non ha mai mostrato di sentirne la mancanza.

SCONTRO SULL’ETÀ PENSIONISTICA. Nelle ultime settimane l’economista bocconiano – mai tenero con l’esecutivo – ha finito per fare muro con la Ragioneria generale dello Stato contro il congelamento dell’età pensionistica. Parallelamente ha proposto di creare un incentivo ad hoc per assumere le madri che hanno da poco partorito. Posizioni che ben si scontrano contro chi in maggioranza – soprattutto Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, ex ministri del Welfare e oggi potentissimi presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato – invece proponeva di congelare almeno per un anno l’aumento del tetto di uscita o di allargare l’utilizzo dell’Ape social per le donne.

In parlamento e in larghi settori del governo si vorrebbe arrivare al redde rationem con Boeri, che in passato è stato tra i principali consiglieri di Matteo Renzi sulle tematiche del welfare e del lavoro. L’occasione sarebbe data dalla proposte di riforma della governance degli enti previdenziali firmata da Damiano e da altri, che giace da tempo alla Camera e che potrebbero subire un’accelerazione nei tempi di approvazione.

REINTRODUZIONE DEI CDA. Il testo prevede fondamentalmente due modifiche rispetto allo status quo: reintroduce il consiglio di amministrazione e, nella parte destinata al riordino degli organi collegiali territoriali di Inps e Inail, dà al cda di questi istituti il potere di presentare al governo un progetto di riforma dei comitati centrali e territoriali degli enti per rimodulare e integrare i diversi livelli di responsabilità.

“Boeri all’Inps ha scatenato le ire dei sindacati per la creazione della segreteria unica che affianca il presidente e l’istituzione di direzioni metropolitane che confliggono coi livelli regionali”

Va da sé che questi due passaggi finirebbero per ridurre al lumicino i poteri del presidente e, di conseguenza, tutte le riorganizzazioni fatte in questi anni da Boeri, che ha finito per scatenare le ire dei sindacati soprattutto per la creazione della segreteria unica che affianca il presidente e l’istituzione di direzioni metropolitane che – per esempio in Campania, Lazio e Lombardia – confliggono con i livelli regionali. Per non parlare del fatto che, con una governance e il ritorno del cda, sarebbe quasi naturale azzerare gli attuali vertici.

ACCUSATO DI «FARE TERRORISMO». Chi lo conosce sa bene che Boeri non si è mai fatto intimidire dalle critiche della politica. Ultimamente Damiano lo ha accusato sulle pensioni di «fare terrorismo». Però c’è chi nella maggioranza spera che questo attivismo spinga il bocconiano a fare un passo indietro. Anche perché ci sarebbe già un candidato per la successione: è Mauro Marè, economista e consigliere principe di Pier Carlo Padoan al Tesoro, che ben conosce la materia previdenziale guidando il Mefop (l’ente che si occupa dello sviluppo dei fondi pensioni) e avendo proposto tra i primi in Italia la creazione di una pensione di garanzia per i giovani.

SINTESI del CONVEGNO PENSIONATI (PD, 07/10/17)

Un centinaio di pensionati veneti ha partecipato al nostro Convegno patavino, sabato 07/10/17 (Hotel 4 Points), seguendo con attenzione le articolate relazioni di Stefano Biasioli, Lorenzo Stevanato ed Ennio Orsini, dedicate alle criticità del momento pensionistico attuale.
Erano presenti anche Oriana Venturi (CONUP) ed esponenti delle sigle pensionistiche confederali, nonche’ rappresentanti dei pensionati friulani.
Dopo le relazioni ed una intensa discussione, l’Assemblea ha condiviso le proposte degli organizzatori, cosi’ riassumibili:
a) Prosecuzione dell’attività di propaganda e di raccordo con altre rappresentanze pensionistiche, per allargare la base informativa e partecipativa (prescindendo da aspetti ideologici);
b) Vigile attesa della Sentenza della C.Costituzionale del 24/10/17, in tema di mancata rivalutazione delle pensioni;
c) Prosecuzione della raccolta delle adesioni alla PETIZIONE per la SEPARAZIONE della ASSISTENZA dalla PREVIDENZA (ad oggi, abbiamo raccolto circa 500 adesioni nel Triveneto);
d) Organizzazione di un Convegno sulle CRITICITA’ PENSIONISTICHE (Gennaio 2018), con invito a Parlamentari ed Esperti;
e) Diffusione delle nostre idee utilizzando il web e (per quanto possibile) le TV (locali e non).
In tutti i presenti, una certezza: la tutela delle nostre pensioni sarà lunga e difficile, ma i pensionati -ora- hanno capito che un esito positivo potra’ essere ottenuto solo se saranno UNITI e se faranno pesare, al momento del voto, la loro ESASPERAZIONE per le continue angherie che questo Stato ha avuto nei loro confronti, da almeno venti anni.
(a cura di S. Biasioli).