«Allarme welfare, esplode la spesa assistenziale»

Pubblicata su: Assinews.it 22 febbraio 2018 – Fonte: Corriere della Sera –

di Enrico Marro

Brambilla: necessario separare i bilanci per pensioni e prestazioni. «Le uscite pari al 57,3% delle entrate»

ROMA La spesa per le pensioni, dopo tutte le riforme, è sotto controllo e, contrariamente a quanto si creda, è sostanzialmente in linea con la media Ue. Ciò che invece appare fuori controllo è la spesa per l’assistenza sociale, a totale carico della fiscalità generale. Si tratta di circa 33 miliardi di euro nel 2016 tra pensioni d’invalidità, indennità di accompagnamento, pensioni sociali, integrazioni al minimo e altro ancora. Di qui la necessità di separare il bilancio della spesa per le pensioni da quello per l’assistenza. Questo, in sintesi, il messaggio del quinto Rapporto sul sistema previdenziale italiano messo a punto da Itinerari previdenziali e presentato ieri alla Camera. «Abbiamo imbullonato il sistema delle pensioni e si è scaricato tutto sulle prestazioni assistenziali», spiega Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali ed ex capo del Nucleo di valutazione della spesa presso il ministero del Lavoro, che fino al 2012 ha prodotto un rapporto simile. Mentre nel 2003 le prestazioni previdenziali rappresentavano il 62,4% di tutti gli assegni liquidati quell’anno contro il 37,6% di quelle assistenziali nel 2016 il rapporto si è capovolto: le nuove prestazioni assistenziali sono state il 53,2% del totale, quelle previdenziali il 46,8%. Passando allo stock, su 16 milioni di pensioni in pagamento, quelle totalmente o parzialmente assistite sono 8,2 milioni, il 51%.

Quest’anno il volume preparato da un gruppo di studiosi del welfare vuole offrire un punto di vista diverso, che ha suscitato un vivace dibattito già durante la presentazione fra lo stesso Brambilla e il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Marco Leonardi. Quest’ultimo, infatti, ha criticato l’impostazione del rapporto, osservando che una eventuale separazione del bilancio della previdenza da quello dell’assistenza non risolverebbe i problemi, tanto più se lo scopo fosse quello di spendere di più per le pensioni, perché a causa dell’invecchiamento della popolazione «non c’è affatto da stare tranquilli» sul futuro. Un punto quest’ultimo condiviso anche dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Del resto, lo stesso Brambilla ha sottolineato che per tutto il welfare, cioè «sanità, pensioni e assistenza spendiamo il 57,3% delle entrate, più della Svezia». Il presidente di Itinerari previdenziali ha però tenuto il punto, dicendo che la separazione della previdenza dall’assistenza è necessaria sia per non dare informazioni sbagliate alla Commissione europea che poi chiede nuovi tagli alle pensioni sia per «evitare ulteriori travasi» si spesa a svantaggio di chi lavora. Promettere, per esempio, come sta avvenendo in campagna elettorale, di portare le pensioni minime a mille euro significa fare assistenza a favore di chi non ha versato contributi, mentre altri propongono di tagliare le cosiddette pensioni d’oro che però spesso hanno alle spalle molti versamenti. Polemiche a parte, vale la pena di ricordare che di separazione tra previdenza e assistenza si parla da una ventina d’anni e che la legge di Bilancio prevede che se ne occupi una commissione di esperti. Sarà la volta buona?

Per il resto il rapporto è ricco di spunti. C’è per esempio un focus sulle pensioni e vitalizi degli organi costituzionali: Camera, Senato, presidenza della Repubblica, Corte costituzionale. Si va dai 199 mila euro lordi in media per i vitalizi in pagamento a 22 ex giudici della Consulta ai 73 mila euro medi per i vitalizi a 1.464 ex deputati ai 67 mila euro per quelli di 810 ex senatori fino a circa 56 mila euro per il personale di Camera e Senato in pensione (53 mila euro per quelli del Quirinale e della Corte costituzionale) . Infine, i vitalizi in pagamento per gli ex consiglieri regionali sono 2.580 e ammontano in media a 47 mila euro lordi all’anno.

https://www.assinews.it/02/2018/allarme-welfare-esplode-la-spesa-assistenziale/660049489/

 

 

Pensionati: votate per chi volete ma prima ricordate che…

1) La Consulta (01.12.2017) ha stabilito che i denari chiesti ai pensionati “non costituiscono un sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze dei conti pubblici” e che si tratta di un sacrificio parziale e temporaneo…” . Quindi, secondo la Corte “non è irragionevole contravvenire al patto sottoscritto…”.  Con queste frasi e con l’intera Sentenza (250/2017) nei fatti la Consulta ha stracciato l’art. 38 della Costituzione, creando le premesse affinchè i buchi statali rendano incerte e precarie le nostre pensioni.

2)  Il Presidente della Corte dei Conti, Angelo Buscema, nei giorni scorsi ha scandito che: “il quadro attuale della finanza pubblica ci indica come NON PIÙ PRATICABILE IL PERCORSO CHE, PER ASSICURARE I NECESSARI LIVELLI DI SERVIZI ALLA COLLETTIVITÀ, faccia ricorso ad una ulteriore crescita del debito pubblico”.

In parole povere, secondo Buscema, il debito pubblico non consente più di garantire i servizi essenziali quali la spesa sanitaria e quella pensionistica.

In piena campagna elettorale la politica assiste senza battere ciglio a decisioni come quelle sopra citate, che sono evidentemente non tecniche ma politiche.

Avete capito ?

La Corte Costituzionale (composta largamente da Giudici di sinistra) e la Corte dei Conti (in teoria un organo tecnico) hanno fatto scelte e dichiarazioni “politiche”.

Se le cose stanno così, il fatto che il debito pubblico cresca (per colpa della politica che non ha voluto tagliare la spesa pubblica, come consigliato da Cottarelli) porterà a farci perdere servizi, tutele, garanzie, sanità e pensioni. L’hanno deciso quelli della Consulta e quelli della Corte dei Conti. Nominati, di certo, in quei posti dai governi Monti-Letta-Renzi-Gentiloni.

MEDITATE, PENSIONATI, MEDITATE (Leonida)

Basta bufale e dati errati sulle pensioni

di Giuseppe Pennisi, pubblicato su Formiche.net 08.02.18

I temi di un covegno sul dibattito previdenziale, durante il quale è emersa una certa superficialità su alcune riforme del settore, raccontati dall’economista Giuseppe Pennisi.

Il 7 febbraio, un numero significativo di associazioni di pensionati dirigenziali, e del pubblico impiego e del settore privato, si sono dati appuntamento a Roma, alla Casa dell’Aviatore, per discutere alcuni temi caldi del dibattito previdenziale, ed elettorale. Le sigle sono eloquenti:  Anpan, Anrra, Anua,  Anupsa, Confedir, Federspev, Unpit,  Unuci. Acronimi che forse a numerosi lettori significano poco o nulla, ma che hanno ottocentomila iscritti e rappresentano almeno due milioni di voti, tali, in una fase di frammentazione politica come l’attuale, da poter essere decisivi nella tornata elettorale del 4 marzo.

Si tratta, in gran misura, di dirigenti del settore sanitario, delle forze armate, delle medie imprese e via discorrendo. Persone che hanno lavorato con impegno (spesso servendo lo Stato con lealtà e passione) per diversi decenni e i cui assegni previdenziali sono mediamente sui due-tremila euro lordi al mese, falcidiati negli ultimi anni dal blocco della perequazione automatica all’aumento del costo della vita.

In aggiunta, sempre negli ultimi anni, sono corse voci insistenti su “manutenzioni” della normativa riguardante le pensioni di reversibilità a favore di coniuge e figli a carico.

Voci particolarmente preoccupanti perché tanto i militari quanto i dirigenti sanitari quanto, infine, un’elevata proporzione di coloro che nel settore privato hanno avuto carriere con frequenti cambiamenti di posto di lavoro, un severo impedimento, se non all’occupazione del coniuge, quanto meno al perseguimento di un’effettiva progressione professionale.

Una platea affollata e – ho avuto modo di dire a uno degli stretti consiglieri economici del Segretario del Partito Democratico (Pd) – “inviperita”. Matteo Renzi figurava tra gli invitati al convegno, ma non è andato. A mio avviso, nell’interesse del Pd, avrebbe fatto bene a partecipare e a rispondere in prima persona alle preoccupazioni di un importante bacino elettorale. Il convegno – occorre sottolineare – si è svolto in uno dei circoli del ministero della Difesa. Quindi, la politica politicante (ed elettorale) è stata tenuta fuori della porta. Tuttavia, il clima generale non era favorevole a chi ha avuto responsabilità di governo dalla fine del 2012 ad oggi.

“Vogliamo risposte – ha sottolineato il presidente del comitato organizzativo dell’evento, Michele Poerio –  sui quattro punti che riteniamo imprescindibili che intendiamo evidenziare al mondo istituzionale, sociale e a tutte le rappresentanze politiche: mancata perequazione automatica delle pensioni, separazione assistenza e previdenza, pensione di reversibilità, politiche pensionistiche innovative a favore dei giovani”. Basta con le fake news sulle pensioni e basta con dati errati, è stato il motivo conduttore  del convegno.

Sui quattro temi del convegno, nelle ultime settimane Formiche.net ha presentato analisi non molto differenti da quelle esposte alla Casa dell’Aviatore. È arduo pensare che retroattivamente venga sanato il costo della mancata perequazione per i pensionati e le loro famiglie. In materia di separazione tra assistenza e previdenza, comunque, la normativa del 1989 parla chiaro. E i dati ricavati dai bilanci Inps dal gruppo di ricerca “Itinerari Previdenziali” sono eloquenti. Verosimilmente, la Commissione istituita dal governo per esaminare ancora una volta i conti giungerà a conclusioni analoghe. Data la forza politica e contrattuale delle sigle rappresentate – nonché per semplice buon senso – è difficile pensare che, nella prossima legislatura, si verifichino tentativi per ridurre ulteriormente la copertura delle pensioni di reversibilità. Nei programmi elettorali, mancano proposte innovative per le pensioni dei giovani e quel che più conta indicazioni di come incoraggiare la crescita dell’economia (ancora molto più contenuta di quella in atto nel resto d’Europa) e dell’occupazione – chiave di volta della sostenibilità previdenziale.

Un quinto tema si è aggiunto a quelli annunciati: quanti sono i silenti nei conti Inps e come vengono utilizzati i loro versamenti? È argomento di cui si parla poco ma che, dopo il convegno, sarà difficile ignorare. I silenti sono coloro che non maturano i requisiti pensionistici e che quindi al termine della loro vita lavorativa non percepiscono la benché minima pensione. Ben sette-otto milioni di italiani rischiano di rimanere senza pensione a causa dell’incremento da 15 a 20 anni dei contributi minimi da maturare per collocarsi a riposo varato nel 1993. Silenti, quindi, innocenti perché l’aumento dei requisiti, effettuato, per decreto legge, in un momento di grave crisi sarebbe dovuto essere temporaneo e invece è diventato permanente.

L’Italia ha i requisiti più alti al mondo (in termini di anni di versamenti di contributi per poter fruire di una pensione: rispetto ai nostri vent’anni, negli Usa e in gran parte d’Europa si richiedono non più di dieci anni.  Si parla di una falla da ben 10 miliardi di euro, a tanto ammontano quei contributi, che se l’Inps fosse costretta a restituire ai lavoratori rischierebbe il default. Un bel guaio per l’Inps, ma anche e soprattutto per coloro che hanno avuto carriere brevi o che emigrano all’estero e “lasciano” i versamenti in Italia o, peggio ancora, che muoiono prima di avere adempito ai requisiti, abbandonando i familiari senza alcuna tutela.

I silenti sono  soprattutto donne, ex lavoratori autonomi, stagionali, professionisti con una vita lavorativa irregolare, categorie destinate a crescere con l’aumento del precariato e dei contratti a termine. Questi dati fanno emerge tutta la superficialità con cui sono state redatte le riforme previdenziali. Il convegno ha lanciato un sasso in uno stagno che per anni è stato volutamente ignorato. Si annunciano azioni giudiziarie. E legislative.

Resoconto Convegno del 7.02.18 a Roma “La Verità sulle Pensioni”

È stato un successo il Convegno romano di ieri (07/02/18), organizzato dal FORUM  PENSIONATI ITALIANI ” e dedicato alla “VERITA’ sulle PENSIONI” .

220 pensionati hanno riempito la sala Baracca della Casa dell’Aviatore (Viale del Policlinico 20, Roma) ed hanno seguito con estrema attenzione la magistrale relazione del Prof. Michele Poerio, Presidente Federspev e Segretario Generale della Confedir.

Poerio ha innanzitutto ricordato che il Forum Pensionistico racchiude 11 Associazioni pensionistiche “autonome”, che rappresentano oltre 800.000 pensionati. Poi ha brillantemente dettagliato le spiacevoli “tagliole” che hanno colpito i pensionati (soprattutto quelli INPS) nel corso degli ultimi venti anni. Ha quantificato sia il danno economico “subìto” da ciascun pensionato dal 2012 ad oggi ed ha analizzato tutte le recenti FAKE NEWS (bufale) pensionistiche diffuse in questi anni dalla politica e dai mass media.

Interessante la relazione successiva dell’economista Prof. Giuseppe Pennisi che, con lucidità, ha riassunto le criticità del sistema pensionistico italiano:

a) le continue modifiche legislative e regolamentari;

b) il tentativo di modificare l’articolo 38 della Costituzione;

c) la voluta confusione tra assistenza e previdenza;

d) il ruolo politico della Consulta (anche alla luce della sentenza 250/17);

e) l’oscuro destino dei “contributi perduti” (ossia dei contributi pensionistici versati da soggetti che, per varie ragioni non maturano il diritto alla pensione”.

Numerosi gli interventi successivi, tra cui quello di Sangaletti (responsabile dei Seniores di Forza Italia) e della Cantone (responsabile della CGIL pensionati e di una Associazione pensionistica europea). In sala (sia tra gli intervenuti che tra gli ascoltatori) prevaleva un pensiero comune, esplicitato chiaramente dal Carlo Sizia (Direttivo Federspev): “Pensionati….non fidateVi dei politici quando parlano di pensioni…..a parole sono dalla nostra parte ma, nei fatti, razzolano male…..Al momento del voto…ricordateVi di chi ci ha fatto del male, di chi ha promesso le nuvole….di chi continua a privilegiare l’assistenza (da finanziare invece con tasse a carico di tutti) rispetto alla previdenza (che va garantita perché legata ai contributi versati).” Un applauso scrosciante ha accompagnato queste parole e chiuso il Convegno. Tutti i presenti sono usciti dalla Sala con alcune certezze:

  • la necessità di rinforzare la sinergia tra tutte le associazioni pensionistiche autonome;
  • l’indispensabilità di proseguire le azioni legali di tutela, in Italia ed in Europa;
  • la volontà di continuare a stressare l’intero arco politico sui problemi pensionistici reali e sul ruolo che – oggi – hanno i pensionati nell’ambito del welfare familiare e sociale.

(Testo a cura di S. Biasioli).

Segnaliamo questo articolo…

…pubblicato il 31.01.18 su www.affaritaliani.it che “riepiloga” tutti gli interventi legislativi degli ultimi anni in materia previdenziale (in risposta all’intervista rilasciata dall’On. Cesare Damiano a Giovanni Flores nel corso dell’ultima puntata di “DiMartedì” in onda lo scorso 30 gennaio).

Ritratta di una documentazione “doverosa” anche se, non tutte le idee sono condivisibili.

(Lenin)

Affaritaliani.it – Lettera di Battipaglia (31.01.18)

 

Fake news pensionistiche: IL BUCO NASCOSTO dall’INPS ?!

Commento di Lenin

Persino il Papa ha “sparato” contro le fake news.

A molti di Voi sarà sfuggita la notizia che le proiezioni sui conti dell’INPS prevederebbero un “buco patrimoniale” al 31.12.2023 di 56,56 miliardi. Ancora una volta gli articolisti (ad esempio si vedano gli articoli sul giornale La Verità del 25.01.18 e riportati nella sezione documenti ) riportano cifre “confuse” perché ancora una volta frutto di una confusionaria e voluta mescolanza tra costi previdenziali “puri” e costi assistenziali “mascherati”.

Per fortuna nei giorni scorsi illustri Membri dell’Istituto Leoni hanno ripreso la nostra costante “fissazione”: ossia la necessità di separare, nel bilancio INPS, tutte le voci assistenziali (che devono essere messe a carico della fiscalità generale) da quelle previdenziali “pure” (che sono legate ai contributi previdenziali).

Di fatto, noi desidereremmo che gli articolisti che si interessano dei bilanci INPS, calcolassero in modo corretto tutti i costi assistenziali (inclusi quelli nascosti) e quelli previdenziali. Emergerebbe allora il “succo” della relazione Brambilla ossia che il BILANCIO PREVIDENZIALE PURO è QUANTOMENO IN PAREGGIO e che invece la catastrofe INPS è legata alla spesa assistenziale, ai debiti dello Stato nei confronti dell’Inps ed infine ai contributi evasi dai Comuni e da varie strutture del Parastato.

Alleghiamo articoli sul tema:

Parte 1:  INPS-Assegni a RISCHIO-parte 1_ (LaVerità 25.1.18 pag. 2-3)

Parte 2:  INPS-Assegni a RISCHIO-parte 2 (LaVerità 25.1.18 pag. 2-3)

Parte 3:  L’ennesimo buco nascosto (LaVerità 25.1.18)

Parte 4:  Le promesse ai pensionati sono false (LaVerità 25.1.18)