Pensioni, la battaglia dei 65 euro: scontro sul costo delle pratiche

 Dall’inizio del 2017 c’è il cumulo gratuito, la possibilità di sommare i contributi versati a enti diversi per lasciare il lavoro prima. Ma è tutto fermo perché Inps e casse dei previdenziali litigano sulle spese. Pronto un esposto per omissione d’atti d’ufficio 

di Lorenzo Salvia su www.corrieredellasera.it 

Ci sono 10 mila persone che non riescono ad andare in pensione per colpa di 65 euro. Un piccolo contributo per la gestione della pratica sul quale stanno litigando l’Inps e le casse previdenziali private, quelle che pagano la pensione a 2 milioni di professionisti, dagli avvocati agli architetti. Nelle ultime ore la lite si è trasformata in guerra di posizione. E c’è il rischio che il tutto finisca in tribunale. Perché le vittime di questa storia hanno già pronto un esposto da presentare alla Procura di Roma, sostenendo che le due trincee scavate sul fronte configurino il reato di omissione o ritardo degli atti d’ufficio. 

La storia riguarda il cumulo gratuito, cioè la possibilità di sommare i contributi versati a enti diversi, l’Inps e le casse previdenziali private, per avvicinare il momento della pensione. Una misura pensata per le carriere «spezzate», quelle di chi ha lavorato come avvocato, ad esempio, ma anche come dipendente e quindi si è costruito due pensioni diverse. Il cumulo è sempre stato possibile ma finora era a pagamento. E il conto era così salato, in alcuni casi i contributi già versati andavano pagati di nuovo, da rendere di fatto la strada impraticabile. 

Dall’inizio del 2017 il cumulo è gratuito. Nel primo anno erano previste 10 mila domande anche se finora, visto lo stallo, ne sono arrivate meno di un migliaio. Il guaio è che quella possibilità è rimasta sulla carta, perché l’Inps e le casse dei professionisti non si sono messe d’accordo sulle procedure concrete da adottare. Fino al caso di queste ore. Il cumulo è gratuito ma la pratica ha comunque un costo, 65 euro di oneri di gestione. 

Secondo l’Inps, la somma va messa in conto «agli enti coinvolti nella liquidazione in misura proporzionale alle rispettive quote di pensione erogate». Un po’ per uno. Secondo l’Adepp, l’Associazione fra le casse dei professionisti, invece i 65 euro dovrebbero essere a carico dell’Inps perché lo «Stato ha riconosciuto proprio all’Inps un maggior finanziamento che, a regime, raggiungerà l’importo di 89 milioni di euro all’anno». L’Inps ribatte che quel finanziamento non serve a gestire le pratiche ma a coprire i «maggiori oneri di spesa previdenziale», cioè le pensioni in più da pagare. Le casse rispondono dicendo no a quella che chiamano «tassa Boeri». E via così in un crescendo di accuse incrociate che ha fatto perdere di vista il motivo del contendere, allontanando la soluzione. 

Per questo il comitato creato da alcuni professionisti interessati al cumulo ha preparato un esposto alla Procura di Roma in cui si parla di omissione o ritardo negli atti d’ufficio. Se non ci saranno novità, lo depositeranno domani. 

In campagna elettorale si è parlato tanto di modifiche alla legge Fornero, ogni partito ha lanciato la sua proposta anche in modo creativo. Per mandare in pensione quelle 10 mila persone non serve una riforma. Bastano 65 euro. E un po’ di buon senso.

Pensioni, Draghi contro Salvini: la legge Fornero non si tocca

E oltre alla Bce anche il Fmi ha già alzato il cartellino rosso contro una revisione dell’attuale normativa 

di Filippo Caleri da: il Tempo, 21.03.18

La Banca Centrale Europea ha deciso: la Fornero non si tocca. O meglio se si tocca saranno dolori (finanziari) nel lungo termine. A Matteo Salvini, che sulla sua rottamazione ha costruito una parte del successo elettorale, saranno fischiate le orecchie. E la sfida che, in un ipotetico governo con la Lega dentro, si trova davanti è molto difficile. Considerato che anche altri organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale hanno già alzato il cartellino rosso contro una revisione dell’attuale legge pensionistica.

In un recente studio tre economisti del Fmi Michal Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur e Mehdi Raissi intitolato “Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform” hanno spiegato che al momento la nostra spesa pensionistica, nonostante la criticata e dura riforma Fornero, con il 16% del Pil è la seconda più alta, superata solo dalla Grecia. Una considerazione che di fatto stoppa le velleità rottamatrici di Salvini. Al Fmi si è aggiunto anche Draghi ha fatto subito presente il suo pensiero sulla materia: “Molti paesi hanno già applicato delle riforme dei sistemi pensionistici dopo la crisi del debito sovrano, sebbene il passo delle riforme abbia fatto registrare un rallentamento di recente. Ulteriori riforme in questo settore sono essenziali e non devono essere ritardate, anche alla luce di considerazioni di politica economica”.

Questo l’estratto del bollettino economico della Banca Centrale Europea che sarà pubblicato domani mattina. Citando le statistiche Eurostat, la Bce ha ricordato che gli over 65enni rispetto al totale di chi lavora è prevista in crescita da poco più del 30% nel 2016 a oltre il 52% nel 2070. In Italia, dove questa percentuale è già ora fra le più alte in Europa, gli over 65enni nel 2070 saranno oltre il 60%, un livello che il mostro Paese condividerà con Grecia e Cipro mentre il Portogallo deterrà il primato negativo con il 67%. L’invecchiamento della popolazione avrà importanti implicazioni macro-economiche e fiscali per l’eurozona. In particolare l’invecchiamento della popolazione porterà a un declino nella disponibilità della forza lavoro ed “è probabile che avrà un effetto negativo sulla produttività mentre le implicazioni in termini di risparmi e di investimenti varieranno nel tempo, a seconda di come avverrà l’ingresso fra le file dei pensionati delle varie classi di età, a partire dalla generazione del baby-boom”.

Insomma per chi pensava che con un semplice tratto di penna si potesse cancellare una delle leggi più odiate dagli italiani dovrà attendere le soluzioni, a questo punto da inventare di sana pianta visto che le risorse non sembrano esserci, del prossimo esecutivo. Certo è che lo scontro di punti di vista riporta all’eterno conflitto tra la supremazia dell’economia (e dunque del rispetto dell’equilibrio economico) e quella della politica. Il destino dei pensionandi è appeso a chi vincerà il duello. Inutile scervellarsi per capire da quale parte stanno oggi gli italiani.

Parla Draghi, ancora sulle pensioni!

Ma il voto degli italiani non conta nulla !!! Rivedere l’Europa ed i suoi trattati ormai è condizione INELUDIBILE…

Martedì 20 marzo 2018: da: http://www.affaritaliani.it 

Secondo la Bce, ” il passo delle riforme dei sistemi pensionistici ha registrato un rallentamento di recente. Ulteriori riforma non devono essere ritardate”.

Un doppio altolà sulle pensioni a M5S e Lega. Dopo che ieri il Fondo Monetario Internazionale ha fatto sapere che in Italia nonostante le varie riforme varate a partire dagli anni ’90, legge Fornero compresa, la spesa pensionistica italiana resta elevata (“nel 2045 raggiungerà il 20,3% del Pil”, stima più alta del 16% previsto dal Tesoro), anche la Banca Centrale Europea manda un messaggio in forma indiretta alle forze elettorali premiate dalla tornata elettorale del 4 marzo che puntano alla cancellazione-superamento della riforma Fornero. 

“Molti Paesi hanno già implementato riforme dei sistemi pensionistici dopo la crisi del debito sovrano sebbene il passo delle riforme abbia fatto registrare un rallentamento di recente. Ulteriori riforme in questa area sono essenziali e non devono essere ritardate, anche alla luce di considerazioni di politica economica“, scrive il bollettino della Bce che sarà diffuso in forma integrale giovedì mattina.

Citando statistiche Eurostat, la Bce ricorda come la percentuale di persone di età superiore ai 65 anni rispetto al totale delle persone in età da lavoro (cioè dai 15 ai 64 anni) è attesa crescere da poco più del 30% nel 2016 a oltre il 52% nel 2070. 

In Italia, dove questa percentuale è già ora fra le più alte in Europa insieme a Germania, Grecia, Portogallo e Finlandia, nel 2070 sarà a oltre il 60%, una condizione che il Paese condividerà con Grecia e Cipro mentre il Portogallo deterrà il primato negativo con il 67% (l’Irlanda d’altro canto avrà l’incidenza più bassa). L’invecchiamento della popolazione avrà importanti implicazioni macro-economiche e fiscali per l’eurozona.

“In particolare l’invecchiamento porterà a un declino nella disponibilità di forza lavoro ed è probabile che avrà un effetto negativo sulla produttività mentre le implicazioni in termini di risparmi e investimenti varieranno nel tempo, a seconda di come avverrà l’ingresso fra le file dei pensionati delle varie classi di età, a partire dalla baby-boom generation“.

L’invecchiamento della popolazione, osserva poi la Bce, avrà conseguenze anche sull’andamento dei prezzi delle diverse categorie di prodotto.

E’ probabile che caleranno gli acquisti di beni di consumo mentre aumenterà la domanda di servizi sanitari che nella maggior parte dei paesi hanno una tassazione inferiore rispetto alle altre categorie per cui la raccolta di Iva sarà inferiore e questo renderà più difficile per i paesi ridurre il loro debito pubblico e assicurare la sostenibilità nel lungo periodo.

Riguardo alle misure specifiche delle riforme pensionistiche, gli esperti Bce osservano come mentre alzare l’età pensionistica contribuire a ridurre gli effetti macro-economici negativi dell’invecchiamento della popolazione, al contrario ridurre i benefit potrebbe anzi ottenere l’effetto opposto. I lavoratori già in pensione con ogni probabilità reagirebbero ai tagli alle pensioni con minori spese per i consumi mentre le persone ancora attive nella forza lavoro potrebbero a loro volta ridurre le spese a aumentare i risparmi proprio tenendo in conto il più basso livello di pensioni che li attende alla fine della loro vita lavorativa. La Bce osserva inoltre come il costo politico delle riforme pensionistiche tenda ad aumentare con il passare del tempo. “Con il progressivo invecchiamento dell’elettore mediano – conclude il documento – il costo politico da sopportare per adottare riforme pensionistiche è destinato ad aumentare”. Insomma, anche se l’Eurotower non accenna ai programmi delle forze politiche vincitrici delle elezioni, il messaggio che si può trarre è esplicito: sarebbe bene non mettere mano alla legge Fornero (come propongono Lega e M5S) che, anzi, già non basta a rendere pienamente sostenibile il sistema.

“Ridurre le pensioni, la Fornero non basta”

Il Fmi pubblica un report di economisti che chiedono tagli per gli assegni retributivi e misti.

Gian Maria De Francesco – Mar, 20/03/2018 – 11:31 su il: http://www.ilgiornale.it

Altro che abolizione della riforma Fornero. Il sistema previdenziale italiano necessita di ulteriori miglioramenti per garantirgli una sostenibilità di lungo termine.

È quanto sostiene il Fondo monetario internazionale in un working paper (un’analisi che contiene proposte di lavoro) intitolato «Italia: verso una riforma fiscale improntata alla crescita». Come si evince dal titolo, l’oggetto della disamina è costituito dalle politiche di sviluppo, ma per gli economisti di Washington (il team che si occupa dell’Italia è guidato dall’ex commissario alla spending review Cottarelli) nessuna misura espansiva è possibile senza una riduzione della spesa per le pensioni. Tutto questo perché l’Fmi ritiene tutto sommato giusto lo «scongelamento» dopo 9 anni di blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici con i nuovi contratti, mentre considera sbagliato un ulteriore taglio agli investimenti in conto capitale e al sistema del welfare.

Ecco perché la ricetta del Fondo prevede nell’ordine: eliminazione totale della quattordicesima (per i redditi bassi) e parziale della tredicesima per i pensionati col sistema retributivo e con il sistema misto retributivo-contributivo, fissazione di un limite di età per i coniugi e di forti restrizioni per gli eredi per le pensioni di reversibilità, ricalcolo su base contributiva delle pensioni retributive e aggiornamento rapido dei coefficienti di trasformazione e delle rivalutazioni. Allo stesso modo, si propone di rivedere il sistema dei contributi previdenziali avvicinando le aliquote (ora al 33% per i dipendenti e al 24% per gli autonomi).

I rimedi in ambito fiscale, invece, sono già noti al grande pubblico sia perché già evidenziati dall’Ocse e dalla Commissione Ue, sia perché il programma di +Europa di Emma Bonino in campagna elettorale li aveva fatti propri. Si tratta di: istituzione di una property tax sugli immobili (cioè più Imu per tutti), ampliamento della lotta all’evasione Iva «sguinzagliando» l’Agenzia delle Entrate, aumento delle imposte su dividendi e capital gain (anche esteri) e taglio dei bonus fiscali. In particolare, sostituendo le detrazioni per lavoro dipendente (soprattutto quella delle donne lavoratrici) con un credito d’imposta. Solo in questo modo, secondo l’Fmi, è possibile abbassare Irpef, Ires e Irap.

Il dato di partenza dell’analisi è già stato vagliato dall’Ocse e dalla nostra Ragioneria generale dello Stato. La spesa pensionistica in Italia è la più alta in Europa dopo quella della Grecia e si attesta al 16% del Pil. Le riforme che si sono succedute dalla legge Dini del 1995 alla Fornero del 2011 hanno progressivamente abbassato i costi, ma nel 2025 è atteso il picco di spesa. Le stime italiane sono considerate ottimistiche perché si fondano su un incremento del tasso di occupazione dal 56 al 66,5% nel 2070 e su una crescita media annua del Pil pro capite dell’1,75 per cento. Considerata la scarsa produttività del lavoro, concludono gli esperti, non si pongono molte altre alternative in caso di choc.

La pubblicazione di questo report durante le trattative per la formazione di un governo a guida «populista» (M5S o Lega) dichiaratamente anti-Fornero rappresenta un severo monito. L’Fmi, assieme a Commissione Ue e Bce, è infatti uno dei componenti della troika. Se ne deduce che il commissariamento dell’Italia è più di un’ipotesi di scuola.

 

Riforma pensioni 2018 – Approvato dal CIV, il bilancio INPS 2018

News da sito web www.ilsussidiario.net , 15.03.2018 Lorenzo Torrisi.

Oggi 15 marzo. Il CIV dell’Inps ha approvato il bilancio di previsione. Tutte le novità e le ultime notizie sui principali temi previdenziali.

APPROVATO BILANCIO DI PREVISIONE INPS 

Il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps ha approvato all’unanimità il bilancio di previsione del 2018, in cui stimano: 5,4 miliardi di euro di disavanzo della gestione finanziaria, 227 miliardi di entrate contributive (+2,1% rispetto al 2017), 346 miliardi di entrate per le attività caratteristiche dell’Istituto (compresi i trasferimenti dal bilancio dello Stato per 108 miliardi), 283 miliardi di spesa per prestazioni pensionistiche, 352 miliardi di spesa per le attività caratteristiche dell’Istituto, 743 milioni come versamento a favore della fiscalità generale di risorse sottratte al funzionamento dell’Istituto per contribuire al risanamento dei conti pubblici, 7,5 miliardi di disavanzo economico di esercizio.

Il Consiglio, alla luce delle nuove attività affidate all’Inps, come l’Ape, i bonus nodo e bebè e il Rei, ha ritenuto necessario un incremento di risorse economiche da destinare alla qualificazione, riqualificazione e crescita occupazionale del personale, che al 1° gennaio 2018 ammonta a 27.904 unità.

Il CIV ha anche evidenziato l’esigenza di risolvere gli elementi di criticità organizzativa e funzionale per riconoscere le prestazioni pensionistiche e previdenziali nei termini previsti dalla carta dei servizi. A tale scopo, secondo il Consiglio, devono concorrere politiche deflattive del contenzioso.

Inoltre, nella logica della trasparenza, viene riconosciuta l’indispensabilità di mettere a disposizione sia di tutti gli organi dell’Istituto che del mondo accademico i dati di archivio dell’Inps, anche per permettere all’opinione pubblica di avere una reale fotografia dello stato del sistema di welfare italiano.

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I 5 STELLE e le NOSTRE PENSIONI

In questi giorni di caos post-elettorale può essere sfuggita a qualche pensionato questa notiziola apparsa su “LA VERITA'” del giorno 10 Marzo, a pag.7.  Francesco Bonazzi, autore di un  articolo su Di Maio e C., chiude l’articolo stesso con questo pesante inciso:

“…in particolare gli ECONOMISTI dei 5 STELLE  studiano i primi scaglioni del REDDITO di CITTADINANZA  e IPOTIZZANO di COMPENSARE la SPESA con UNA SFORBICIATA alle PENSIONI D’ORO”.

” Insomma, ci risiamo…Vogliono togliere a Noi pensionati INPS una fetta della PREVIDENZA (che ci siamo largamente pagati….!) per fare ASSISTENZA….a favore di…….tanti FANCAZZISTI…”

E NOI LEONIDA STAREMO ZITTI e BUONI ?  No….No….NO….NO….NO…

VENITE TUTTI A PADOVA – Sabato 7 Aprile, all’Hotel Four Points by Sheraton, a Padova Est – Orario: 10:00-13:00.

ABBIAMO VOTATO… ED ORA?

Abbiamo votato…..In tanti abbiamo voluto votare, nonostante gli ingorghi e le scempiaggini di chi ha pensato di rendere  più ostico il «diritto al voto».

Abbiamo votato e la maggioranza relativa dei votanti (quasi il 70%) ha deciso di punire il PD di Renzi, la ghenga di Renzi (l’ex cerchio magico ora cerchio tragico) e la sinistra che ci ha governato negli ultimi 5 anni.

È continuata l’onda lunga del NO al REFERENDUM marchiato “Renzi-Boschi”, quell’onda che non è stata capita dal fiorentino, per colpa del quale il PD e la sinistra sono  al minimo storico da decenni.

Una persona normale avrebbe accettato la sconfitta e si sarebbe dimessa, senza far tragedie. Ma il fiorentino non è una persona normale. È  un bulletto di periferia che non mantiene le promesse (…” se perdo il referendum smetto di fare politica…), quindi non ha dato le dimissioni ma le darà (forse?) tra un bel po’…ossia dopo la creazione del nuovo governo…..

Campa cavallo…… Non le darà, le dimissioni…. Si accettano scommesse….

Intanto nessuno sa cosa deciderà (con calma) il Presidente Mattarella… Nessuno sa chi avrà l’incarico esplorativo, dopo il primo giro dei partiti al Quirinale. Tutti ci ricordiamo la figuraccia di Bersani…..

I 5Stelle manterranno la «purezza originaria» ? Il Centrodestra riuscirà a convincere 40 deputati e 20 senatori ad aggregarsi alla coalizione vincente?

Il futuro sta sulle ginocchia di Giove. 

Ma intanto l’intellighenzia di sinistra, quella con la presunta superiorità etico-economico-morale ha già cominciato a bofonchiare. Ci sono bastate una trasmissione televisiva (Propaganda) ed una radiofonica (Giannino, radio 24 ore, ore 16 del 6/03/18) per  cogliere  lo sdegno degli economisti contro il voto democratico (oltre 16,5 milioni di italiani, quelli che hanno votato Lega e 5S) espresso da gente che – secondo costoro- non ha capito che le loro scelte elettorali  avrebbero fatto arrabbiare i soloni della UE. 

Hanno già paventato, questi commentatori, che il vertice UE ce la faccia pagare sul piano economico….come se non ci fosse bastato lo scempio fatto all’Italia dai saloni europei nel 2011.

Secondo questi economisti, Salvini e C. e DiMaio e C. ci trascineranno in un gorgo economico peggiore della Brexit.

Non hanno capito, costoro, che il voto dato alla Lega ed ai 5S è un voto di PESANTE PROTESTA  contro QUESTA EUROPA degli OLIGARCHI, contro questa commissione europea mai votata da nessuno, contro queste pesanti scelte europee che non sono mai state sottoposte al giudizio degli italiani. Se fosse posta, oggi, a Noi italiani la questione ” Europa si, Europa no”, di certo vincerebbe il NO.

Ancora, è ora di smetterla con la presunta superiorità degli economisti sulla politica. Chi non ha saputo prevedere la crisi pluriennale (dal 2008 in poi) non può pretendere, oggi, che gli Italiani accettino ulteriori tagli alla loro qualità di vita.

La priorità è favorire l’accesso al lavoro, per tutti….La priorità è evitare ulteriori danni al WELFARE, si tratti di sanità o di pensioni.

La priorità non è certo compiacere Macron o la Merkel, che hanno bei problemi in casa loro.

La seconda repubblica è finita domenica, l’intellighenzia se lo metta bene in testa….!

(Lenin)

Franco Abruzzo sulla Sentenza 12/2018 della Corte Costituzionale

Il parere di Franco Abruzzo sulla Sentenza nr.12/2018 della Corte Costituzionale (30.01.18)

LA CORTE COSTITUZIONALE ADESSO SMENTISCE LA SUA SENTENZA SUL BLOCCO DELLA PEREQUAZIONE

Pochi giorni fa, con la sentenza n. 12 del 30 gennaio 2018 (si veda nella Sezione “Documenti” di questo sito in data 22.02.18).

la Corte Costituzionale è di nuovo tornata sui suoi passi, questa volta dichiarando INCOSTITUZIONALE una legge retroattiva di interpretazione autentica che voleva far vincere all’INPS una causa che aveva già perso. La Corte questa volta ha detto che, secondo la Corte di Strasburgo, questo viola l’art. 6 della CEDU. Ma perché questa volta la Corte ha dato torto all’INPS? Perché stavolta costava poco. Infatti, si legge in questa sentenza che “È però da rilevare che i costi del contenzioso […], pari a circa 45 milioni di euro […] non risultano tali da incidere in modo significativo sulla sostenibilità del sistema previdenziale e sugli equilibri della finanza pubblica”. CAPITO? Se da un lato questa vittoria è motivo di soddisfazione, resta la rabbia per questi ondeggiamenti della Corte che nulla hanno a che fare con il diritto, ma solo con la ragion di stato. Confidiamo a maggior ragione nella Corte di Strasburgo.

Il Governo può annullare con una legge una sentenza della Corte Costituzionale già emessa?

Nella divisione fra i poteri dello Stato spetta solo ai Giudici emanare le sentenze ed il Governo può interferire su di esse?

PENSIONI e MANCATA PEREQUAZIONE 2012/2013.

Depositata la sconcertante ed iniqua sentenza 250/2017 con la quale la Corte costituzionale spiega perché il “bonus Poletti” è bello: il legislatore ha destinato “le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi”, “limitando il blocco a quelli medio-alti (che hanno margini di resistenza maggiori contro gli effetti dell’inflazione)”. Dalla Consulta parte un messaggio devastante verso i giovani e l’intera comunità nazionale: è meglio non impegnarsi, tanto chi ha studiato, fatto carriera e assunto responsabilità ora e sempre da anziano viene e verrà punito. Tra i pensionati poveri, che incassano la rivalutazione dell’assegno, ci sono anche quelli che hanno lavorato poco, magari in nero, o che hanno evaso le tasse e i contributi all’Inps. La Consulta sorvola: i “ricchi” devono piangere in nome della “ragionevolezza” (una parola magica che giustifica tutto e il contrario di tutto).

PUBBLICHIAMO (IN ALLEGATO) IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA perché i cittadini capiscano che lo Stato di diritto in Italia va verso il tracollo, cedendo il passo alla ragion di Stato (l’articolo 81 Cost., con il pareggio di bilancio imposto dalla Ue, prevale sui diritti fondamentali delle persone).

TESTO IN https://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=24121 

La Legge Fornero (che aveva congelato l’aggiornamento delle pensioni negli anni 2012 e 2013), era stata dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 70/15 della Corte, che aveva affermato che ai pensionati spettava la perequazione automatica). Subito dopo però il Governo aveva bloccato l’efficacia della sentenza emanando il Decreto Legge n. 65 del 2015, che aveva escluso in tutto od in parte gli aumenti già riconosciuti dalla Corte Costituzionale.

Numerosi Giudici avevano però affermato che il governo Renzi non poteva interferire sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che aveva dichiarato illegittima la Legge Fornero.

Senonché la Corte Costituzionale (sent. 250 del 2017), ha purtroppo convalidato l’operato del Governo, giustificandosi con la situazione dei conti pubblici italiani.

«Allarme welfare, esplode la spesa assistenziale»

Pubblicata su: Assinews.it 22 febbraio 2018 – Fonte: Corriere della Sera –

di Enrico Marro

Brambilla: necessario separare i bilanci per pensioni e prestazioni. «Le uscite pari al 57,3% delle entrate»

ROMA La spesa per le pensioni, dopo tutte le riforme, è sotto controllo e, contrariamente a quanto si creda, è sostanzialmente in linea con la media Ue. Ciò che invece appare fuori controllo è la spesa per l’assistenza sociale, a totale carico della fiscalità generale. Si tratta di circa 33 miliardi di euro nel 2016 tra pensioni d’invalidità, indennità di accompagnamento, pensioni sociali, integrazioni al minimo e altro ancora. Di qui la necessità di separare il bilancio della spesa per le pensioni da quello per l’assistenza. Questo, in sintesi, il messaggio del quinto Rapporto sul sistema previdenziale italiano messo a punto da Itinerari previdenziali e presentato ieri alla Camera. «Abbiamo imbullonato il sistema delle pensioni e si è scaricato tutto sulle prestazioni assistenziali», spiega Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali ed ex capo del Nucleo di valutazione della spesa presso il ministero del Lavoro, che fino al 2012 ha prodotto un rapporto simile. Mentre nel 2003 le prestazioni previdenziali rappresentavano il 62,4% di tutti gli assegni liquidati quell’anno contro il 37,6% di quelle assistenziali nel 2016 il rapporto si è capovolto: le nuove prestazioni assistenziali sono state il 53,2% del totale, quelle previdenziali il 46,8%. Passando allo stock, su 16 milioni di pensioni in pagamento, quelle totalmente o parzialmente assistite sono 8,2 milioni, il 51%.

Quest’anno il volume preparato da un gruppo di studiosi del welfare vuole offrire un punto di vista diverso, che ha suscitato un vivace dibattito già durante la presentazione fra lo stesso Brambilla e il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Marco Leonardi. Quest’ultimo, infatti, ha criticato l’impostazione del rapporto, osservando che una eventuale separazione del bilancio della previdenza da quello dell’assistenza non risolverebbe i problemi, tanto più se lo scopo fosse quello di spendere di più per le pensioni, perché a causa dell’invecchiamento della popolazione «non c’è affatto da stare tranquilli» sul futuro. Un punto quest’ultimo condiviso anche dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Del resto, lo stesso Brambilla ha sottolineato che per tutto il welfare, cioè «sanità, pensioni e assistenza spendiamo il 57,3% delle entrate, più della Svezia». Il presidente di Itinerari previdenziali ha però tenuto il punto, dicendo che la separazione della previdenza dall’assistenza è necessaria sia per non dare informazioni sbagliate alla Commissione europea che poi chiede nuovi tagli alle pensioni sia per «evitare ulteriori travasi» si spesa a svantaggio di chi lavora. Promettere, per esempio, come sta avvenendo in campagna elettorale, di portare le pensioni minime a mille euro significa fare assistenza a favore di chi non ha versato contributi, mentre altri propongono di tagliare le cosiddette pensioni d’oro che però spesso hanno alle spalle molti versamenti. Polemiche a parte, vale la pena di ricordare che di separazione tra previdenza e assistenza si parla da una ventina d’anni e che la legge di Bilancio prevede che se ne occupi una commissione di esperti. Sarà la volta buona?

Per il resto il rapporto è ricco di spunti. C’è per esempio un focus sulle pensioni e vitalizi degli organi costituzionali: Camera, Senato, presidenza della Repubblica, Corte costituzionale. Si va dai 199 mila euro lordi in media per i vitalizi in pagamento a 22 ex giudici della Consulta ai 73 mila euro medi per i vitalizi a 1.464 ex deputati ai 67 mila euro per quelli di 810 ex senatori fino a circa 56 mila euro per il personale di Camera e Senato in pensione (53 mila euro per quelli del Quirinale e della Corte costituzionale) . Infine, i vitalizi in pagamento per gli ex consiglieri regionali sono 2.580 e ammontano in media a 47 mila euro lordi all’anno.

https://www.assinews.it/02/2018/allarme-welfare-esplode-la-spesa-assistenziale/660049489/

 

 

Pensionati: votate per chi volete ma prima ricordate che…

1) La Consulta (01.12.2017) ha stabilito che i denari chiesti ai pensionati “non costituiscono un sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze dei conti pubblici” e che si tratta di un sacrificio parziale e temporaneo…” . Quindi, secondo la Corte “non è irragionevole contravvenire al patto sottoscritto…”.  Con queste frasi e con l’intera Sentenza (250/2017) nei fatti la Consulta ha stracciato l’art. 38 della Costituzione, creando le premesse affinchè i buchi statali rendano incerte e precarie le nostre pensioni.

2)  Il Presidente della Corte dei Conti, Angelo Buscema, nei giorni scorsi ha scandito che: “il quadro attuale della finanza pubblica ci indica come NON PIÙ PRATICABILE IL PERCORSO CHE, PER ASSICURARE I NECESSARI LIVELLI DI SERVIZI ALLA COLLETTIVITÀ, faccia ricorso ad una ulteriore crescita del debito pubblico”.

In parole povere, secondo Buscema, il debito pubblico non consente più di garantire i servizi essenziali quali la spesa sanitaria e quella pensionistica.

In piena campagna elettorale la politica assiste senza battere ciglio a decisioni come quelle sopra citate, che sono evidentemente non tecniche ma politiche.

Avete capito ?

La Corte Costituzionale (composta largamente da Giudici di sinistra) e la Corte dei Conti (in teoria un organo tecnico) hanno fatto scelte e dichiarazioni “politiche”.

Se le cose stanno così, il fatto che il debito pubblico cresca (per colpa della politica che non ha voluto tagliare la spesa pubblica, come consigliato da Cottarelli) porterà a farci perdere servizi, tutele, garanzie, sanità e pensioni. L’hanno deciso quelli della Consulta e quelli della Corte dei Conti. Nominati, di certo, in quei posti dai governi Monti-Letta-Renzi-Gentiloni.

MEDITATE, PENSIONATI, MEDITATE (Leonida)