Errori su importi pensioni erogate, in arrivo numerose lettere da INPS

di Chiara Compagnucci pubblicato il

Succede anche all’Inps di sbagliare e come insegnano gli errori del passato, a pagare il prezzo più salato sono i pensionati. Questa volta il caso è ancora più singolare perché gli sbagli del principale istituto di previdenza italiano sono all’eccesso. Proprio così: ha erogato assegni previdenziali più alti del dovuto.

Di per sé l’impatto dovrebbe essere limitato perché è sufficiente recuperare la differenza tra la cifra esatta e quella effettivamente corrisposta per risolvere il disguido.

Peccato solo che l’errore è stato ripetuto mese dopo mese fino ad accumulare anni su anni per arrivare a importi fuori misura.

E allo stesso tempo non si tratta di pochi casi isolati perché sarebbero numerosi i pensionati coinvolti in questa vicenda tragicomica. A tutti loro è stata naturalmente chiesta e pretesta la restituzione.

Di per sé nulla di legalmente scorretto, se non che il disorientamento provocato non può che essere molto diffuso poiché questi ex lavoratori si trovano al centro dell’attenzione a distanza di tantissimi anni e per cifre di diverse migliaia di euro. Vediamo tutto.

Pensioni sbagliate, arrivano le lettere dell’Inps

Succede che da un giorno all’altro i pensionati si vedono recapitare dall’Inps una lettera con cui viene chiesta la restituzione di somme indebitamente percepite.

E non si tratta di cifre di poco conto ovvero di poche decine di euro, ma di importanti variabili che possono essere ben maggiori di 10.000 euro.

Dipende dall’errore di calcolo commesso dall’Istituto di previdenza, ma anche dal numero delle mensilità in cui lo sbaglio è stato rinnovato e ripetuto. Il numero dei pensionati coinvolti in questa vicenda di restituzione di soldi da pensione è imprecisato ma la richiesta di tutela e di spiegazione agli studi legali è in aumento.

Di certo c’è che, sulla base dei casi resi pubblici, sono i pensionati con assegni dall’importo contenuto a trovarsi nel bel mezzo di questa storia. Pensionati per cui anche una minima variazione della cifra percepita tutti i mesi può fare la differenza.

Resta da chiedersi fino a che punto l’iter dell’Inps sia perfettamente corretto considerando una recente sentenza della Corte di Cassazione secondo cui l’istituto di previdenza può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non potrebbe recuperare le somme già corrisposte, a meno che l’indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell’interessato.

Errori Inps diffusi sugli assegni di pensione

A confermare la diffusione degli errori da parte dell’Inps è l’avvocato Celeste Collovati che al taccuini del Giornale ricorda il caso di un pensionato che si è rivolto a uno studio legale perché si è visto arrivare una comunicazione in cui l’Istituto nazionale della previdenza sociale gli chiedeva la restituzione di 14.000 euro con la motivazione di aver scoperto una variazione del reddito da pensione negli ultimi tre anni.

Ricorda anche il secondo episodio di una pensionata di 90 anni che ha ricevuto una richiesta di versamento da parte dell’Inps di 2.200 euro con l’Inps che contesta un aumento di reddito negli ultimi 7 anni. Ma, fa ancora presente l’avvocato, è una “cosa del tutto impossibile”.

PLASMA ANTI COVID-19, Zaia batte un altro colpo

di Stefano Biasioli – mercoledì 6 maggio 2020

Finalmente ! Da 2 mesi, noi “vecchi medici ospedalieri”  ci siamo battuti perché all’armamentario contro il Covid-19 si aggiungesse l’infusione,  ai soggetti con infezione ingravescente, del plasma dei malati guariti.

Illustri “virologi televisivi”(quelli che in 3 mesi hanno detto tutto e il contrario di tutto, senza dignità ed autocommiserazione) hanno detto che la plasmaferesi: “..non serviva.. era pericolosa….era inutile…era costosa…”, ignorando che la plasmaferesi è tecnica-prassi corrente da oltre 36 anni, in tutto il mondo e soprattutto in Italia.

Per i profani, la produzione di plasma può essere ottenuta o con la “tecnica della campana” (Centri Trasfusionali) o con una “tecnica in linea” (Nefrologie-Emodialisi). Il plasma prodotto è sicuro (perché trattato in modo idoneo), può essere stoccato e usato quando serve.  Inoltre, alla faccia di Burioni – Di Capua e C., la produzione e l’uso di detto plasma ha costi estremamente contenuti (non superiori a 60-80 euro/sacca), rispetto ai più recenti e costosi farmaci antivirali.

Quindi,il plasma dei soggetti guariti è utilissimo per i malati che stanno peggiorando: l’infusione del plasma ricco di anticorpi alleggerisce il decorso della malattia, riducendone gravità e durata. Va dato merito ai medici degli ospedali di Mantova-Lodi-Pavia di aver applicato, in questi mesi e in silenzio, tale procedura a qualche decina di pazienti, con buoni risultati. La prassi ha sconfitto la teoria.

Dando ragione a Noi “vecchi clinici” che abbiamo cercato di fare passare il “messaggio, frutto della nostra esperienza sul campo”. E, oggi, ecco un po’ di luce…

Oggi Zaia (Conferenza delle 12,30) ha annunciato due fatti importanti:

  • A Padova una sperimentazione con il plasma ha dato “buoni risultati che comunicheremo all’ISS”. Fin qui, niente di nuovo.
  • In Veneto verrà allestita UNA BANCA del PLASMA, frutto della donazione del plasma di 3.600 persone guarite. Tutte o in parte? I guariti – pensiamo Noi- ringrazieranno la sanità del Veneto, donando – in molti – il loro plasma, per aiutare i nuovi infetti.

Non solo ma Zaia ha esplicitato quello che Noi (vecchi medici ospedalieri, abituati alla prima linea e non alle retrovie) abbiamo sempre pensato. “Il ricorso al plasma dei guariti significa anche uscire dall’industria chimica ed entrare nel concetto biologico del trattamento”.

Concetto che è stato, finora, avversato, nel mondo come in Italia.

Riflettete. In attesa del vaccino, cosa si doveva fare? Non solo mascherine e guanti, ma una terapia per i casi sintomatici. Finora, si è provato di tutto, con un mix di farmaci, spesso con indicazioni diverse rispetto alla virosi attuale. Farmaci, ventilazione, intubazione….

Si è provato, giustamente, di tutto, cercando di salvare le vite umane, ad ogni costo e qualunque fosse il “costo economico e clinico” di questi sforzi.

         Per 3 mesi è stato fatto silenzio sul ruolo del plasma.

Adesso questo silenzio è stato rotto, grazie al lavoro “sul campo” dei Colleghi citati e ai buoni risultati ottenuti. Il plasma, da solo, non è un rimedio miracoloso ma il plasma – associato al resto – può impedire ai paziente di finire in rianimazione, con quel che segue.

         Per i pignoli, ricordo che le linee guida americane (IDSA)per il trattamento del COVID-19, varate il non lontano 15 Aprile, affermavano che…” tutti i farmaci proposti… idrossiclorochina (da sola o con azitromicina), l’associazione lopinavir+ritonavir, tocilizumab, cortisonici, plasma…dovevano essere usati NEL CONTESTO di UNO STUDIO CLINICO …(!!!)”.

Capite….la gente moriva e muore…e i medici avrebbero dovuto aspettare l’esito di studi clinici…senza far nulla.

No, in medicina le cose non vanno cosi!

Tra l’altro, sempre negli USA, analoghe indicazioni erano state date nelle virosi precedenti, senza che si sia mai arrivati ad una prassi codificata.

Per fortuna, gli ospedalieri se ne sono fregati (termine brutale ma vero !) e hanno affrontato la virosi con il buon senso clinico, usando anche mezzi non citati dall’IDSA: eparina a basso peso molecolare e plasma dei guariti.

Nelle ultime settimane (lo cita Medscape) anche negli USA si sono messi su questa strada..

Ma, ancora una volta, i medici ospedalieri italiani sono stati all’avanguardia.

Bravi!

Stefano Biasioli
Primario ospedaliero “in pensione” ma “pensante e attivo”

Articolo pubblicato su Startmag.it

COVID-19: UN PO’ ALLA VOLTA….

di Stefano Biasioli – martedì 5 maggio 2020

Pubblicato su StartMag.it il 5.5.20

Un po’ alla volta, stanno emergendo alcune verità fondamentali sul COVID-19. Per almeno due mesi la grande stampa e la massa delle TV, tutte prone davanti al governo Conte, hanno tenuto sottotraccia (termine eufemistico) alcuni elementi essenziali di questa pandemia.

Per non essere accusati di sciatteria, confermiamo che siamo convinti che si tratti di PANDEMIA. Ma siamo altrettanto convinti che si potesse fare di più, anche nella nostra nazione.

 I FATTI

Da anni comperiamo e leggiamo 5-6 quotidiani al dì e almeno 2 pubblicazioni informatiche.

In questi lunghi mesi di clausura domiciliare (sono ormai 2) abbiamo quotidianamente registrati e valutati tutti i numeri della virosi, quelli nazionali e quelli regionali veneti, e abbiamo messo in fila l’enorme massa di DPCM, di decreti ministeriali e di circolari applicative nazionali. Non abbiamo incluso le fake-risposte, aggiungendo invece le ordinanze venete.

Quindi, al di là dei numeri/statistiche dei giornali, abbiamo costruito dei grafici, sia nazionali che regionali. Grafici che hanno cercato di mettere in evidenza alcuni elementi trascurati dalle voci ufficiali.

Finalmente, domenica 3/5/20, vediamo comparire sul Corriere (pag.11) una bella figura che visivamente, con pallini di diversa grandezza e colore, mostra l’andamento del COVID-19 nelle diverse regioni Italiane.

Andamento ottimo nelle regioni del Sud ,nelle Isole e nelle Marche-Umbria(poco contagio globale, pochi infetti attuali, pochi morti); medio in Toscana, Lazio, Abruzzo; molto pesante nelleregioni del Nord.

 Dati ovvii, penserete. Non è così.

Infatti se le regioni industriali del Nord sono state massicciamente colpite fin dall’inizio, l’andamento successivo è stato ben diverso. La Lombardia –purtroppo- capofila, seguita da E. Romagna e Veneto ma poi, con il passar delle settimane, la virosi è esplosa in Piemonte mentre altrove il decorso diventava più favorevole.

In questi giorni, appare chiaro chein Val D’Aosta, Veneto, Friuli V.G., Emilia R., Liguria  e a Trento + Bolzano il numero dei guariti supera largamente il numero  degli infettati attuali.

Invece in Piemonte, Lombardia, Toscana, Campania e  Puglia è esattamente il contrario.

Nel complesso, in Italia, il numero dei guariti è ancora inferiore al numero attuale degli infettati (-21%) e rappresenta il 38% del fenomeno totale.

Conclusioni (di questa parte): la RIAPERTURA del PAESE AVREBBE DOVUTO TENER CONTO di QUESTI ANDAMENTI,  ossia generale in alcune regioni e graduale-programmata- in altre.  Questo, ennesimo, decreto di Conte, non tiene conto di questi dati, pur elementari e grossolani, ma solo delle previsioni formulate dagli esperti (!)

 MODELLI MATEMATICI: verità e falsità.

Finalmente, nei giorni scorsi, è stata fatta un po’ di chiarezza su questi aspetti, misteriosi per l’italiano medio, ma invocati come “VERITÀ DIVINA” dai nostri governanti.

Dobbiamo alla holding privata CARISMA l’aver messo in evidenza la criticità dello studio IIS –Kessler-Comitato tecnico-scientifico (CTS), rilevandone gli errori di metodo e di calcolo.

In breve, il modello presagisce , in caso di riapertura, numeri esponenziali di nuove infezioni e di occupazione di letti in terapia intensiva. E’ intitolato:” Valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale”, con diversi scenari/ampiezze della riapertura, dopo i mesi di chiusura. Sulla base di queste previsioni il CTS conclude: “….essendo le stime attuali di Ro comprese tra 0,5 e 0,7, appare evidente dalle simulazioni se – con la riapertura- Ro fosse anche di poco superiore a Ro 1 (1,05-1,25) l’impatto sul SSN sarebbe notevole…quindi… lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto…”. Da qui, una serie di indicazioni, su cui è basato il recente ed ennesimo decreto governativo.

Come ha osservato giustamente ZEUS (Libero, 3/5/20, pag.7) non si capisce la logica dei passaggi. “Lo studio passa per 3 soggetti – Fondazione Kessler, ISS, CTS- approda al quarto(governo), sfocia nel DPCM (Conte, quinto soggetto). E allora a che serve nominare una TASK-FORCE apposita , se poi questa deve recepire il parere di un Ente  pubblico, che a sua volta si avvale di un centro di ricerca privato? Più voci, nessuna garanzia, molta confusione”.

Concordiamo in pieno. Prendiamo altresì atto che nessuna voce contraria al citato documento è venuta dai “soloni” della Istruzione pubblica (Università, CNR, Fondazioni pubbliche) ma da una holding industriale, quale Carisma.

Clinici e non teorici, quali siamo sempre stati, contestiamo assolutamente l’idea che sta alla base di questo studio. Ossia calcolare il numero dei casi critici sul totale degli infettati – in altri termini il numero dei ricoveri nelle T.I.- derivandolo dall’indice R0, ossia dalla diffusione teorica del virus, in diversi scenari di riapertura: edilizia, scuola, ristorazione, commercio…, considerando diverse fasce d’età e attribuendo arbitrariamente un valore del 15-25% ai sistemi di protezione individuale.

Un’idea, non un dogma. Un’idea peregrina per diversi motivi:

  1. Perché è  basata sui dati (morti+ soggetti in terapia intensiva/totale infetti), già  vecchi (31/3/20), in presenza di una virosi che ha perso forza (in tutte le Regioni sopra citate) tra il 20 e il 27 marzo;
  2. Perché è finito l’effetto “sopresa”, quello che ha provocato migliaia di morti innocenti;
  3. Perché la % di pazienti ospedalizzati finiti, purtroppo, in terapia intensiva è fortunatamente pesantemente calata. In Veneto, ad esempio, siamo passati dal valore massimo del 30% (inizio pandemia) ad un valore sul 17% (fase intermedia) e poi al valore attuale del 9,73%, in continuo calo..;
  4. I protocolli sanitari sono miglioratie si è capito che, se trattati più intensamente all’inizio della infezione, meno pazienti arrivano in T.I. Anzi che, va fatto il massimo perché ciò non succeda.
  5. Se, esclusa la Lombardia, nessuna T.I. è arrivata alla saturazione, come è ipotizzabile che una recidiva della virosi produca più danni della sua fase iniziale?
  6. L’indice di riproduzione è opinabilee un modello predittivo epidemiologico così  costruito è poco scientifico. Lo stesso dicasi per quello previsionale più recente (si veda il CorSera del 3/05, pag.12). Troppe sono ancor oggi le variabili ignote: efficacia della clausura e dei mezzi di autodifesa (mascherine, guanti, gel); caratteristiche del virus (tempi di infezione, sensibilità alle alte temperature, sua evoluzione ossia “effetto gregge”; efficacia dei percorsi “specifici” extra ed intraospedalieri; efficacia del mix diagnostico e terapeutico.
  7. E, soprattutto, non tiene conto di un elemento fondamentale: il COMPORTAMENTO INDIVIDUALE, ad auto e ad altrui tutela. Comportamento che, in Italia, è stato largamente ottimale!

Insomma una serie di errori metodologici, cui ha fatto seguito una serie di conferenze stampa in cui si sono utilizzati, come minaccia per i cittadini, “ numeri spauracchio” di occupazione delle T.I., dieci o venti volte superiori al reale.

UN REATO di PROCURATO TERRORE, da perseguire.

CONCLUSIONI (parziali): (MEDICHE e MORALI)

MEDICHE

Chi scrive si vanta di essere stato, per lunghi 50 anni di vita ospedaliera, un “clinico ruspante”, un medico abituato a curare i suoi malati con impegno e scienza-coscienza, sempre. Un medico che, tra le altre cose, ha sempre chiesto ai pazienti, alle persone ammalate, di “aiutarlo a curarle”, di essere loro-lui-lei (i singoli malati) al fianco del camice bianco, anche e soprattutto nei casi più gravi.

E, in assenza di cure “codificate”, questo “clinico ruspante” – esattamente come fatto da moltissimi Colleghi- spiegava al paziente la precarietà terapeutica e gli proponeva – in assenza di linee farmacologiche sicure- l’approccio alla “terapia compassionevole”, ossia all’uso di farmaci/tecnologie codificati per altri scopi.

E, così, nel corso degli anni la medicina ha fatto progressi: con la terapia fatta sul campo (prima) e codificata e asseverata da studi clinici (poi).

Così, proprio così, l’Italia è diventata leader mondiale nelle tecniche dialitiche; così, proprio così, si sono fatti progressi farmacologici importanti: dai singoli casi clinici alla terapia ufficiale validata.

Due esempi, su tutti. Negli anni settanta, in terapia dialitica, l’uso della doppia pompa e del bicarbonato (al posto dell’acetato) nelle soluzioni dialitiche. Negli anni ottanta, l’uso degli ACE-inibitori per contrastare l’evoluzione delle nefropatie e l’uso dello SCHEMA di PONTICELLI, nella sindrome nefrosica di una certa tipologia.

Ma, esempi, potrei farne a centinaia. Anche oggi, in assenza di terapie codificate, i medici italiani hanno fatto così. Hanno provato di tutto, come dimostrano i fatti. Hanno provato, in attesa degli studi clinici codificati, che arriveranno “a babbo morto”. Ma questa è un aspetto che valuteremo in un prossimo articolo.

MORALE

Il comportamento (teoria e prassi) tenuto dalla POLITICA ROMANA è stato quanto meno criticabile.

Ci si è riparati dietro il parere del CTS, come alibi. Ma la politica deve fare delle scelte, sempre, altrimenti è inutile.

È mancata una visione sistematica e soprattutto la fiducia nei cittadini. Da ciò, l’assunzione di misure al limite della Costituzione, bloccando la libertà dei cittadini, anche quando il dato reale l’avrebbe permesso.

Conte e C. hanno preteso il controllo assoluto dei cittadini, senza avere né il carisma (che ci sarebbe voluto) né i mezzi.

Il carisma, Conte non ce l’ha né l’avrà mai, dato il suo stentato curriculum.

Sui mezzi, stendiamo un velo pietoso: la CONSIP – quella che doveva essere la garanzia per tutti – si è rivelata inadeguata: senza un deposito “sufficiente alla bisogna” dei presìdi necessari, associato alla incapacità  ad evitare grossolane truffe commerciali.

Da ultimo, un’affermazione fondamentale. Dai tempi dell’epatite (B,C,D..), dell’HIV, della mucca pazza, della viaria etc. etc. il RISCHIO CLINICO NON È PIÙ UN’ECCEZIONE ma la REGOLA.

In questi decenni abbiamo capito che anche il semplice uscire di casa è diventato pericoloso.

Lo stesso dicasi per le attività lavorative. C’è un rischio, sempre.

Non si può chiudere la gente in casa, per mesi o per anni. Occorre essere consapevoli dei rischi legati al vivere comune e comportarsi di conseguenza, da persone civili e consapevoli.

NON C’È BISOGNO di LEGGI o di DPCM, per questo!

La salute è un bene primario, lo so bene. Ma libertà e lavoro sono altrettanto essenziali, perché un uomo sano  senza lavoro e/o senza libertà non è un uomo nella pienezza del suo essere.

La vita umana è un bene unico, poiché la morte è irreversibile.

Ma i momenti critici vanno affrontati con decisione e intelligenza. Doti che la politica romana ha dimostrato di non avere.

 

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Sindacalista medico, in pensione
Consigliere Cnel

“Ma non, per questo, vecchio da buttare”

RIFLESSIONI sul COVID-19 e DINTORNI: TEORIE e PRASSI

di Stefano Biasioli – domenica 3 maggio 2020

Concordo parzialmente con Riccardo Ruggeri (La Verità del 1° maggio): “..non  mi interessa l’aspetto politico della fase 2”, ma, a differenza sua, mi interessano….” prima l’aspetto sanitario e poi l’aspetto manageriale”.

Concordo ancora con Lui sul fatto che “…il premier sta gestendo la virosi aggrappandosi ad un club di virologi vanesi…”. Cui vanno aggiunti i 475 esperti di varia e dubbia estrazione, scelti sulla base dell’affinità politica e non certo della competenza in pandemie simili a questa.

Finalmente, dopo giorni di strani silenzi, anche i giornalisti di testate nazionali storiche si sono accorti che le previsioni catastrofiche fatte da Conte e dal suo team, su potenziali disastri causati da un eventuale “liberi tutti”, erano sbagliate, statisticamente e gravemente sbagliate.

Da medico, qualche lavoro scientifico l’ho impostato-condotto-scritto e conosco bene la pignoleria con cui i “revisori” dei vari giornali scientifici guardano l’impostazione e l’esecuzione di una ricerca  (casi trattati e non; obiettivi principali e secondari dello studio; i dati ottenuti, le loro statistiche; le conclusioni).

Sulla correttezza dell’impostazione di una ricerca e sulle statistiche conseguenti, non si scherza, in medicina. Ma “Quelli”della task-force di Conte, hanno preso fischi per fiaschi.

         I FATTI

         Prima del COVID-19 i posti letto in terapia intensiva (T.I.) erano, in tutta Italia, 5.179. Ossia pari a 8,6 per 100.000 abitanti, un valore ben inferiore alla media nella U.E. Ma si trattava solo di un valore teorico, perché – in molte Regioni- i posti realmente attivi erano valutabili attorno ad un indice 7/100.000.

L’ondata epidemica ha così costretto le Regioni ad aumentarne frettolosamente il numero, con risultati drammatici in alcune e accettabili/buoni in altre. Si è così  arrivati ad un numero nazionale di posti letto in T.I. di 8.490(+ 3.311 !), ossia a un valore di 15,5per i soliti 100.000 abitanti.

È evidente che questi  letti di T.I., in questo periodo, non servivano solo per i malati COVID più gravi ma dovevano essere utilizzati anche per i malati “già  esistenti” in rianimazione perché affetti da altre gravi patologie acute, perché con un decorso post-operatorio impegnativo, perché pazienti cronici gravemente riacutizzati, quindi bisognosi di cure estreme.

In piena pandemia, cosa si è fatto? Si sono frettolosamente allestiti nuovi posti intensivi e si è bloccata l’attività clinica ordinaria(“fatte salve le urgenze”) trasformando le T.I in “rianimazioni dedicate quasi totalmente ai pazienti COVID”. Il sistema ha, bene o male, tenuto.

Molto meglio nel Triveneto che in Lombardia, dove si è assistito a scene clinicamente tragiche. Meglio al Centro-Sud che al Centro-Nord.

Ma non vogliamo fare classifiche di demerito o di merito e non è ancora il momento per valutazioni diverse da quelle cliniche.

Da fine marzo, il decorso della pandemia sta cambiando.

La stessa Protezione Civile(bollettino, riportato dal Corriere Sera, del 30 Aprile, pag.10; articolo di F. Caccia e M. De Bac) certifica che, dall’inizio di Aprile, le T.I. hanno cominciato a svuotarsi, con i posti COVID in progressiva riduzione, a favore dei pazienti con altre patologie, gravi. Mentre si stanno lentamente normalizzando le altre attività  ospedaliere ordinarie, di natura medica, chirurgica, strumentale.

Il 29 Aprile, in Italia,  su 8.490 posti attivati di T.I., ben 1.795 risultavano liberi.

In Lombardia, da un massimo di 1.800 posti occupati in T.I. si è passati a circa 1000 (per tutte le patologie, non solo per i Covid!).

In Emilia Romagna, su 478 posti disponibili, 202 sono liberi.

Liberi pure molti letti nelle rianimazioni di Liguria, Basilicata, Marche, F.V.G.

         ASPETTI VENETI

         E, in Veneto? In Veneto, nelle rianimazioni,  si è passati da 485 posti letto (base) ad un massimo di 825 posti letto(inizio virosi). Nelle T.I.,  il numero massimo di posti letto di occupati per COVID si è avuto  tra il 30 e il 31 marzo (356 posti), quando i ricoverati COVID in ospedale hanno raggiunto il top (2.084).

         Ossia il 17,08% dei ricoverati era finito in T.I.

Da allora i numeri di entrambi i parametri (ricoveri ospedalieri COVID e letti COVID in T.I.) sono stati costantemente in discesa, fino ai dati ufficiali del 2 maggio: in T.I. 108 posti COVID e 237 posti non-COVID;  in ospedale, 1.087 pazienti COVID (inclusi quelli trattati in rianimazione), con altri 7.000 ospedalizzati non-COVID.

In definitiva, anche i numeri veneti dicono che, al massimo della tempesta pandemica, in T.I è stato usato – per gli infettati – il 43,15% della dotazione “massima” e il 73,4% di quella “minima”.

In questi ultimi giorni, sempre in T.I., i pazienti non-COVID hanno superato quelli COVID: 237 a 108, con un totale regionale di 345 posti intensivi occupati.

In sintesi: 345/485= 71,13% e 345/825= 41,81%.

Numeri e “storie cliniche personali” frutto della “programmazione strategica regionale” e del “sacrificio dei sanitari” durante (durante!?) la pandemia.

         MORALE della STORIA

Se questi sono i dati, accumulati da marzo ad oggi, come può permettersi la TASK-FORCE nazionale (!, nomen omen…) di pronosticare situazioni catastrofiche per i prossimi mesi, financo in caso di recidiva devastante?

         Come è possibile ipotizzare che la recidiva di una virosi– che si sta attenuando- possa avere effetti più drammatici di quelli iniziali, quando il nostro SSN è stato preso alla sprovvista o quasi, per l’incapacità delle organizzazioni sanitarie nazionali di affrontare con consapevolezza e in modo strutturato questa “strana virosi” in arrivo dalla CINA?

Come è possibile (lo chiediamo anche a Conte e a Speranza) dare credito ad un ALGORITMO FANTASIOSO, senza tener conto del senso di responsabilità mostrato in questi mesi dagli italiani, con i loro comportamenti “adeguati” alla virosi e alle indicazioni nazionali e regionali?

Siamo in Italia. Ci saranno dei processi. E  “Qualcuno”, un giorno, nelle aule di un tribunale ci dirà se, a Palazzo Chigi e dintorni, ci siano stati comportamente colposi come tempistica e come scelte e se non sia stato creato un paniconella gente, ben superiore a quello indotto – di per se’- dalla presenza di una virosi.

È evidente che doveva-debba-dovrà essere garantita la sicurezza sanitaria dei cittadini, partendo dalla conferma e dal rispetto delle regole sanitarie basilari. “Non va abbassata la guardia”, dice  Zaia, che continua “..occorre passare dai suggerimenti clinici ai comportamenti del popolo, responsabilizzandolo e garantendone l’autonomia, per favorire la tutela propria e degli altri…”( Protezione Civile, Marghera, ore 13.15 del 2 maggio).

         LE ESPERIENZE ALTRUI

Un recentissimo studio inglese, effettuato su ben 16.747 inglesi infettati, dimostra che i pazienti COVID ospedalizzati muoiono nel 33% dei casi e guariscono nel 49% dei casi.

          E gli altri?Gli altri finiscono in T.I. con prognosi drammatica (morte o agonia) nel 50% del totale. Brutalmente, ulteriori decessi.

Quindi, rianimazione, significa dramma, soprattutto in presenza di comorbidità: obesità, patologie cardiovascolari (29%), diabete mellito (19%), pneumopatia cronica non asmatica (19%) o asmatica (14%).

Altri lavori recenti confermano che le espressioni cliniche della malattia possono essere variegate. Infatti  il quadro clinico può essere RESPIRATORIO(tosse, espettorazione-sputo, dolori alla gola, gocciolio nasale, dispnea e dolore toracico, alterazioni gusto-olfatto), SISTEMICO(febbre, mialgie, artralgie, stanchezza) o GASTRO-INTESTINALE(dolore addominale, vomito, diarrea).

Quindi,molto più variabiledi quanto asserito inizialmente dai cinesi (disturbi respiratori), configurando invece spesso un quadro di coagulazione intravascolare, associato ai danni diffusi da interleuchina 6. Per non parlare della comparsa improvvisa di diabete in soggetti prima non diabetici, della comparsa di iperglicemie difficilmente trattabili in vecchi diabetici e, infine, di patologie neurologiche diverse per intensità e durata.

         CONCLUSIONI  (di un vecchio Primario…)

         In medicina, la PRASSI VINCE SPESSO SULLA TEORIA. Ed è per questo elemento che i “medici senior” hanno molto da insegnare ai neolaureati e agli specializzandi. L’esperienza è una grande maestra, da Esculapio in poi.

Con il passare dei mesi, le informazioni “sul campo”aggiungono e aggiungeranno importanti mattonelle alla costruzione di uno schema terapeutico efficace: le linee guida – certificate e asseverate da casistiche consistenti- da seguire in questa virosi, oggi e nel futuro prossimo. Come elementi base per affrontare le ulteriori epidemie-pandemie, che ci saranno, ancora.

Fondamentale si conferma la scelta di tenere a domicilio(e trattare precocemente) i pazienti con sintomatologia più leggera. Nei casi più impegnativi, invece, il ricovero ospedalierodovrebbe essere prevalentemente indirizzato verso i reparti di malattie infettive o di terapia sub-intensiva (pneumologica e non) usando tutto l’armamentario terapeutico finora dimostratosi utile, in attesa del vaccino o di un cocktailfarmacologico  “codificato”.

Usando cioè quello che è stato usato, empiricamente, finora: idrossiclorochina, azitromicina, remsdesivir, lopinavir/ritonavir, cortisonici, tocilizumab, eparina  a basso peso molecolare, plasma dei guariti, plasmaferesi o tecniche di adsorbimento della IL-6 etc. Ultima risorsa, la T.I. e l’intubazione…

Empiricamente, perché ci sono poche linee guida (es. quelle americane IDSA,Aprile 2020, fonte Medscape) che non aiutano la prassi perché raccomandano l’uso dei farmaci sopracitati solo “nel contesto di un trial clinico” (sic!), come se i 40.000 italiani ospedalizzati non dovessero invece essere trattati con ogni mezzo disponibile, con esperienza e con intuito.

In ogni caso,  la terapia va personalizzataossia adeguata al singolo caso clinico, per cercare di guarire il paziente, evitandogli danni aggiuntivi.

Ai politici il compito di tener conto di quanto successo. Non è polemica pensare, dire e scrivere quanto segue:

  1. Non si possono tagliare i fondi per il SSN, come fatto nell’ultimo decennio (dati Non si possono tagliare i fondi per il SSN, come fatto nell’ultimo decennio (dati ISTAT , CNEL etc.)
  2. Non si possono tagliare posti letto ospedalieri, arrivando a percentuali di dotazione inferiori alla media U.E.;
  3. Non si possono avere posti letto di T.I. insufficientia coprire le frequentissime emergenze e le gravi complicanze dei “vecchietti-vecchioni”;
  4. Non si può  non avere una rete provinciale di U.O.C (unità operative complesse) di Malattie infettive, in presenza di una crescente mobilità della popolazione mondiale;
  5. Non si può  non avere una RETE dedicata alle EMERGENZE SANITARIE(Protezione sanitaria), specifica e con una breve linea di comando (nazionale, regionale, provinciale);
  6. Non si può non ridefinire la struttura dell’ASSISTENZA MEDICO-SANITARIA sul TERRITORIO, per evitare accessi impropri all’ospedale, luogo di cura secondaria ma fonte di specifiche infezioni.

NON SI PUÒ. Questo lo dico IO, ma non sono solo.

Questo lo dico IO, ma è compito della politica dare una risposta completa, che metta in sicurezza la salute dei cittadini, oggi, domani e dopodomani.

Non servono DPCM e circolari, serve un NUOVO PIANO SANITARIO NAZIONALE, 42 anni dopo quello della senatrice-ministro Anselmi. Un nuovo piano, con nuove articolazioni, standard del personale, adeguatezza di strutture e macchinari, semplificazione delle regole per il personale e per gli acquisti, per la costruzione-manutenzione degli stabili. Un piano che chiarisca in modo definitivo  rapporti gestionali tra stato e regioni e che garantisca un finanziamento adeguato al SSN.

Altrimenti, ricascheremo a breve nel caos dei scorsi mesi, con la morte di tanti italiani, inclusi coloro che sono stati in prima linea. Qualcuno mi ascolterà?

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Sindacalista medico, in pensione
Consigliere Cnel

“Ma non, per questo, vecchio da buttare”

FINALMENTE UNO STUDIO sul COVID-19 !

di Stefano Biasioli – domenica 3 maggio 2020

Con un sospiro di sollievo abbiamo letto stamattina un primo STUDIO CLINICO affidabile (pur se preliminare) sul COVID-19.

Lo aspettavamo, Noi medici ospedalieri “pratici e praticoni”, dopo tanti bla-bla, in Italia,  di epidemiologi e di membri di task-force imbarazzanti.

Imbarazzanti per gli scenari catastrofici immaginati e per gli errori matematici previsionali, pensati e diffusi come se gli italiani fossero un popolo di imbecilli, sprovveduti, incapaci di rispettare le regole protettive elementari (mascherine, guanti, disinfezione delle mani) e come se non avessero dimostrato di attenersi alle regole della “clausura”.

Finalmente, uno studio clinico sui pazienti COVID ospedalizzati, realizzato da un consorzio di ricercatori, denominato ISARIC4C, che ha coinvolto l’Università di Edimburgo e l’Imperial College di Londra, ed è stato coordinato dai Prof. Derek Hill (London College) e Peter Openshaw (ICL).

Uno studio prospettico-osservazionale strutturato per cercare di acquisire informazioni sull’esito clinico dei pazienti Covid più gravi, ossia di quelli che finiscono in ospedale. E basato su un questionario (approvato dalla WHO), poi utilizzato in 166 ospedali inglesi, dal 6 Febbraio al 18 Aprile 2020 .

Lo studio ha coinvolto 16.749 pazienti, con età media di 72 anni.

Quali i risultati ? Li elenchiamo brevemente:

  • Tra i pazienti OSPEDALIZZATI , il 33% è morto, il 49% è guarito e il 17% era ancora in ospedale (a fine aprile).
  • Il destino del 17% dei pazienti, ossia di quelli PIÙ GRAVI, arrivati in T.I. (terapia intensiva) o sub-intensiva, è stato il seguente: morti=45%; guariti=31%; ancora in cura=24%.
  • Drammatico l’esito dei pazienti sottoposti a VENTILAZIONE MECCANICA: 53% deceduto, 20% guarito; 27% ancora ospedalizzato.

COMMENTO: i pazienti più gravi (ospedalizzati, ventilati, in terapia intensiva o sub-intensiva) hanno una mortalità per COVID-19 più elevata della media generale. Constatazione prevedibile, ma che rafforza l’approccio veneto di trattare i pazienti precocemente, sia a domicilio che all’ingresso dell’ospedale, per evitare sia la ventilazione meccanica che l’accesso alle T.I….

Lo studio ha altresì chiarito altri aspetti, altrettanto importanti.

  • Gli uomini sono più colpiti delle donne (60,2% verso 39,8%), in un rapporto 1,51:1;
  • Pochissimi pazienti under-18 sono stati ospedalizzati (2%);
  • Le gravide rappresentavano il 6% del totale;
  • L’invecchiamento costituisce un forte predittore di mortalità (dato già noto…);
  • L’obesità è un elemento significativo per la mortalità ospedaliera.

Anche questo dato era già noto, essendo stato identificato anche nella pandemia influenzale del 2009 (A/H1N1) ma non nella MERS-CoV (sindrome respiratoria da Covid del 2016, nel medio-oriente). Ipotesi? Gli obesi possono avere una meccanica respiratoria alterata e un importante stato infiammatorio legato al tessuto adiposo.

COMORBIDITÀ. Nello studio, il 53% dei pazienti aveva una o più comorbidità: oltre all’obesità, cardiopatia cronica (29%); diabete controllato (19%); pneumopatia cronica non asmatica (19%); asma(14%).

Ovviamente, il 47% dei pazienti non aveva comorbidità.

Altri studi, su piccole casistiche, avevano identificato tra le comorbidità anche l’ipertensione, uno stato canceroso e l’ insufficienza renale (NdR).

Negli 11.326 pazienti, erano presenti tosse (70%), febbre (69%), respiro corto (65%), stanchezza, confusione mentale.

In definitiva il quadro clinico poteva essere RESPIRATORIO(tosse, espettorazione-sputo, dolori alla gola, gocciolio nasale, dispnea e dolore toracico), SISTEMICO(febbre, mialgie, artralgie, stanchezza) o GASTRO-INTESTINALE(dolore addominale, vomito, diarrea).

CONCLUSIONI (peraltro soggettive)

Questo studio – pur preliminare- fornisce importanti informazioni sia ai clinici che agli “strateghi” dei percorsi organizzativi, in tempo di COVID-19.

Fondamentale si conferma la scelta di tenere a domicilio (e trattare precocemente) i pazienti con sintomatologia più leggera. Nei casi più impegnativi, invece, il ricovero ospedaliero dovrebbe essere prevalentemente indirizzato verso i reparti di malattie infettive o di terapia sub-intensiva, usando tutto l’armamentario terapeutico finora dimostratosi utile, in attesa del vaccino o di un cocktail farmacologico  “codificato”.

Usando cioè quello che è stato usato, empiricamente, finora: idrossiclorochina, remsdesivir, cortisonici, eparina  a basso peso molecolare, plasma dei guariti, plasmaferesi o tecniche di assorbimento della IL-6 etc.

In ogni caso,  la terapia va personalizzata ossia adeguata al singolo caso clinico, per cercare di guarire il paziente, evitandogli danni aggiuntivi.

Una regola, questa, valida dai tempi di Esculapio e di Anthea.

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione

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STORIA DEL CORONAVIRUS

STORIA del CORONAVIRUS (a cura di Stefano Biasioli)

COVID-19: Errori – omissioni – ipotesi (articolo di Stefano Biasioli)

L’epidemia non parte a Gennaio ma molto prima (Stefano Merler, esperto di modelli matematici della Fondazione Bruno Kessler, conferenza stampa ISS di venerdì 24/04/20; La Verità del 26/4, pag. 4)

Infatti nell’OTTOBRE 2019 WUHAN (provincia di Hubei, Cina) ospita i Military World games (100 paesi, 10.000 atleti). Il 18-22/10, 5 atleti vengono ricoverati in ospedale per una sintomatologia imprecisata.

Comunque sia, NON VIENE IDENTIFICATO il PAZIENTE ZERO, che presumibilmente risale all’inizio di Novembre 2019.

08/12/19 viene ufficialmente registrato, a Wuhan, il PRIMO CASO di una POLMONITE MISTERIOSA.

30/12/19: il Dr. LI WENLANG, oculista all’Ospedale di Wuhan, con una chat personale avvisa i Colleghi di proteggersi perché è in atto una infezione  misteriosa che assomiglia alla SARS (2003, 8.000 contagi e 800 morti in Cina). Il Dr. Verrà “censurato” dalle autorità e morirà il 7/02/20.

31/21/19: segnalazione all’OMS di un focolaio infettivo di “polmonite di natura incerta”

01/01/20: chiusura del mercato e isolamento dei sintomatici (sindrome respiratoria acuta grave..)

07/01/20: viene identificata la causa certa di un CORONAVIRUS DIVERSO da quello della SARS.Primi pazienti con terapia sintomatica

05/01/20, l’OMS pubblica un primo avviso, facendo presente che però “non ci sono prove di trasmissione interumana”

09/01/20: La TV di Stato Cinese annuncia che: è stato isolato un nuovo Coronavirus

09/01/20: viene ISOLATO il GENOMA e viene ufficializzata la sequenza genomica, poi inserita nella banca specifica (GISALB). Denominazione: SARS-CoV2.

09/01/20: l’OMS dichiara la EPIDEMIA da 2019-nCoV, ossia di un virus modificato di almeno il 15% rispetto agli altri coronavirus. Viene chiamato COVID-19.

11/01/20, l’OMS vara le PRIME LINEE GUIDA sui casi sospetti…”..ad essere testati per il coronavirus dovrebbero essere tutti i soggetti con SARS (sindrome con sintomi respiratori gravi), bisognosi di ricovero…nonché con anamnesi positiva per viaggi a Wuhan nei 14 gg precedenti o essere sanitari entrati a contatto con soggetti con sintomi SARS…avere un decorso clinico strano e grave…nonostante le cure, a prescindere dal viaggio…”.

20/01/20: il WH. POST contiene un articolo sulla censura di questa virosi, in Cina

23/01/20: WUHAN viene messa in quarantena, poi estesa alle città limitrofe.

28/01/20: 4.600 casi in giro per il mondo…

Esplodono i CONTAGI, con una violenza e una diffusione mai vista prima. Dalla CINACOREA del SUD Giappone Vietnam Medio Oriente (soprattutto IRAN) Germania Nord-Italia (Lombardia, Veneto…) Nord-America 210 Nazioni al mondo.

In avvio, ETÀ MEDIANA dei colpiti= 63 anni; ETÀ MEDIANA dei DECEDUTI= 80 anni. Si tratta di pazienti con una media di 2,7 patologie associate (Ipertensione, Diabete, Obesità, malattie cardiovascolari. Insufficienza renale cronica, Cancro. Solo l’1% dei morti è esente da patologie croniche precedenti.

Non esistono farmaci specifici per questa virosi e, in giro per il mondo, la terapia è fatta “con criterio compassionevole” usando farmaci codificati per altre patologie. Antinfiammatori (contro la Interleuchina 6; antimalarici; farmaci anti-artrite reumatoide (Tocilizumab); cortisonici; anticoagulanti. Nei casi più gravi si ricorre alla ECMO (ossigenazione extracorporea), alla dialisi, alla plasmaferesi, agli adsorbenti.

IN ITALIA…. e  ALTROVE

Fino ad ora si era ipotizzata come inizio della virosi italica la data del 21/02/2020, ossia del giorno relativo alla scoperta del primo caso positivo a Codogno… ma, in realtà, c’erano state almeno 90.000 persone infettate prima del 20/02, con polmoniti “strane” in Italia.

In dettaglio, è emerso ultimamente (aprile 2020) che nei 26 giorni precedenti la scoperta del “primo caso positivo” , almeno 160 persone avevano già contratto il virus tra Milano e provincia. Un’analisi della task-force sanitaria della Lombardia (riportata dal Corriere della Sera del 29 aprile, pag. 19, con firma Gianni Santucci) sostiene che è “altamente probabile che il giorno 26 gennaio (giorno zero) solo a Milano ci fossero i primi 46 casi di COVID-19 (su 543 in tutta la Lombardia”. L’analisi è accompagnata da un grafico che analizza la distribuzione della curva di “inizio dei sintomi in pazienti positivi”, curva basata sulla ricostruzione sintomatologica dei primi pazienti sicuramente infettati (ossia con tampone positivo ai virus).

Quindi, 26 GENNAIO, come data di INIZIO della VIROSI, in ITALIA.

NON SOLO MA:

12/01/2020: il MINISTERO della SALUTE vara una GUIDA provvisoriaper la…”Gestione clinica della infezione respiratoria acuta grave, nei casi di sospetta infezione da nuovo coronavirus (nCov)…”.

Al punto “c” della guida di fatto ogni paziente con sindrome respiratoria acuta ( e non solo quelli con legami con la Cina) viene trattato come possibile infettato. Ovvero: “…triage separato in ospedale…”perché…” il precoce riconoscimento dei pazienti sospetti consente l’avvio tempestivo del piano di prevenzione e controllo….”.

Il 15/01/2020 l’OMS aggiorna la definizione di caso sospetto, sganciandosi dal quadro respiratorio e aggiornandolo con il criterio relativo a DECORSO INSOLITO e INASPETTATO, con improvviso aggravamento.

Il 22/01/20, CIRCOLARE del MINISTERO della SALUTE, che ricalca gli indirizzi OMS.  Ma il ministro Roberto SPERANZA è scettico e richiede chiarimenti. Deve aver pensato che: ” La Cina era lontana…”

Il 25/01/20, l’OMS ribadisce i criteri del 15/01/20.

Il 26/01/20: 46 milanesi e 546 lombardi (come già detto) accusano i sintomi di una strana malattia.

Il 29/01/20 vengono ricoverati allo Spallanzani (Roma) 2 turisti cinesi, che avevano girovagato per l’Italia del nord, prima di arrivare a Roma.

Il 30/01/20 il governo italiano blocca i VOLI DIRETTI dalla CINA, ma non blocca e non isola i passeggeri che arrivano dalla Cina con voli indiretti(es. tramite Londra o Francoforte).

A FINE GENNAIO, gli esperti del Ministero della Salute (Andrea Urbani, in primis + Ist. Sup. Sanità + Direzione dello Spallanzani) elaborano un DOCUMENTO (restato top-secret fino al 26/04) !!) che ipotizzava che la virosi potesse infettare oltre 600.000 italiani, causando parecchie decine di migliaia di morti. Al proposito un dirigente del Ministero della Salute ( Dr. Andrea Urbani) ha dichiarato  (si veda La Verità, 29/04/20, pag. 22) che dal 20 gennaio era a disposizione un piano segreto e che quel piano era talmente terrificante da non potersi divulgare, per non spargere il terrore…Il piano a chi serviva, chiuso nel cassetto? Era un piano “veritiero”? Se si, chi l’ha redatto….?

Il 6/02/20 il Presidente Mattarella(evidentemente non informato) è andato in una scuola cinese.

Il 14/02/20 il PRESIDENTE dell’ISS (Silvio Brusaferro) rassicurava (!) gli italiani, affermando: ”…il virus non circola in Italia…”

Il 15/02/20, il Ministro Di Maio spedisce carichi aerei di mascherine in Cina.Quelle mascherine che ci sarebbero servite, eccome!, nelle settimane successive.

Il 22/02/20, il MINISTERO SALUTE (circolare 5443) invita a valutare” le persone che manifestano un decorso clinico o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso, nonostante un trattamento adeguato (! NdR), senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un’altra eziologia che spiega completamente la situazione clinica…”.

Il 23/02/20 il Papa (evidentemente non informato) va a Bari, tra 50.000 persone e stringe mani…

Il 27/02/20 Zingarettiprendeva aperitivi pubblici e stringeva mani, sui Navigli di Milano.

Il 27/02/20, MINISTERO SALUTE (circolare 2302) elimina il riferimento alle casistiche più generiche, limitando la segnalazione ai soli soggetti affetti da SARS e con storia di viaggio in Cina oppure con contatto con soggetti malati o sospetti di malattia…

Il 28/02/20 l’OMS farà altrettanto.

Nei giorni successivi, in Italia, appelli a non chiudere le città… Attacco a Zaia per “le frasi razziste contro la Cina e per la proposta di blocco e quarantena per chi ritorna dalla Cina, per vie dirette o indirette..”.

04/03/20: Il Ministero della Salute emette nuove linee guida.

26/04/20: Nuovo DPCM, che apre a una fase nuova (non due, ma 1,5!) a far data dal 4 maggio. Trattasi di un DPCM confuso e troppo analitico, che fa nascere centinaia di dubbi interpretativi.

INCERTEZZE e RITARDI su RITARDI, con la virosi (diventata nel frattempo pandemia secondo la OMS) aveva già colpito centinaia di migliaia di italiani. Un criterio prudenziale che, se adottato fin da gennaio, avrebbe cambiato il decorso della pandemia in Italia e evitato migliaia di morti e di infettati, milioni di italiani sequestrati in casa per 70 giorni, il disastro economico, per blocco- prima totale e poi parziale- del lavoro e di ogni attività economica, scolastica, religiosa.

POCHE CIFRE

15/03/2020: in ITALIA, 21.747 infettati; 1.672 soggetti in terapia intensiva; 2.158 morti.

Da allora, una catastrofe per decessi, costi sanitari, caduta del PIL, blocco della normale vita individuale e lavorativa.

25/04/20: in Italia, 195.351 infettati; 26.384 morti; 63.120 guariti, dopo un periodo di cure di almeno 4 settimane.

28/04/20: in Italia, 201.505 infettati globali; 105.205 infezioni in atto; 68.941 guariti; 27.359 deceduti.

QUADRI CLINICI

Nel corso di questi mesi ci si è accorti che:

a)   la virosi non colpisce la fascia 0-6 anni;

b)   colpisce maggiormente i “senior”, ossia gli over 65 anni;

c)   colpisce 3 volte di più i maschi rispetto alle femmine;

d)   ha unperiodo di incubazione variabile da 7 a 21 giorni;

e)   ha un’incidenza diversa tra Nord e SUD. Al Nord, alcune Province sono significativamente meno colpite di altre,se si calcola l’INCIDENZA per MILIONE di ABITANTI. Ad esempio, in Veneto, Rovigo ha un’incidenza di virosi di circa 1/3 della media regionale e di ¼ rispetto a Verona;

f)   questa virosi è diversa dalle altre perché la comparsa di IgM (anticorpi precoci) e di IgG (anticorpi tardivi) è, in essa, praticamente coincidente. Non solo ma finora non si sono ricavate certezze sulla durata della “protezione anticorpale”, ammesso che esista. Ormai sono noti casi di recidive a breve distanza dalla guarigione dichiarata;

g)   la virosi non produce solo un quadro polmonare “tipico” (polmone spesso, polmone sottile, grave alveolite; gravi deficit ossigenativi) ossia una lesione classica da eccessiva produzione di IL-6 (interleuchina 6) ma un quadro compatibile con una coagulazione intravascolare disseminata, portando- nei casi più gravi- al trattamento con tecniche extracorporee (ECMO, emodialisi extracorporea o tecniche sostitutive varie). In USA, nel 25% dei casi), anche implicanti l’uso di cartucce adsorbenti l’IL-6.

Da rimarcare la presenza di casi in cui compare un diabete significativo (obbligante all’uso della insulina) anche in soggetti mai preventivamente diabetici o a rischio di diabete (Medscape, Aprile 2020) e di altri casi in cui le alterazioni prevalenti sono neurologiche.

L’esperienza acquisita finora ha dimostrato (ma non in modo significativo..) che:

  1. il precoce trattamento domiciliare con idrossiclorochina può essere utile;
  2. In caso di peggioramento è utile la somministrazione precoce e combinata di eparina, cortisone e antibiotici nonché  l’infusione di plasma dei soggetti guariti. Al proposito, importante l’esperienza acquisita dal Servizio Trasfusionale dell’ASL di Mantova,
  3. L’uso di altri farmaci (anche associato) ha prodotto studi controllati, che saranno disponibili tra mesi….
  4. Il vaccino anti-COVID19 sarà approntato tra circa un anno. Forse, in meno tempo, in Israele e in UK (Università di Oxford + Jenner Institute; vaccino sperimentale con combinazione tra Chadox1 – il virus del raffreddore, indebolito- e un frammento di DNA del Covid) dove un vaccino è stato somministrato a un centinaio di volontari umani.
  5. A causa di questa pandemia si trascurano tutte le patologie croniche, soprattutto le patologie oncologiche e cardiovascolari per: blocco dell’attività ambulatoriale ordinaria e riduzione delle sale operatorie, essendo il 50% e oltre dei posti letto di T.I. (terapia intensiva) occupati da pazienti SARS-COVID 19.
  6. Le incertezze del Governo sui tempi della riapertura ledono i diritti fondamentali dei cittadini, considerati da Conte e C. incapaci di tutelare se stessi, usando le misure di protezione (mascherine , guanti e distanza) in modo consapevole. Ciò è ancora più grave per i soggetti anziani, con minor aspettativa di vita. E, che dire del disastro economico ?
  7. Conte ha cercato di gestire la virosisoprattutto con DPCM , abusando dei poteri di un Capo del Governo, violando le prerogative costituzionali, la democrazia parlamentare e i diritti individuali garantiti dalla Costituzione (parte prima).
  8. Per questo, 735 medici – iscritti all’AMPAS (Associazione per l’alimentazione di segnale) – hanno, su questi aspetti di anticostituzionalità- inviato una lettera denuncia al governo Conte. La lettera esprime anche una forte preoccupazione sui possibili conflitti di interesse tra le centinaia di esperti governativi e le case farmaceutiche…

Nel frattempo, pochi stanno guadagnando in tempi di pandemia: chi produce prodotti sanitari anti-infezione, chi gestisce le telecomunicazioni, Amazon, e-Bay e similari.

E chi guadagnerà, dopo? Il solito Bill Gates, salvo che la produzione e la diffusione del vaccino venga da Lui promossa/prodotta e garantita a costo zero per NOI !

Stefano Biasioli
Medico in pensione

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RIFLESSIONI AMARE sulla PANDEMIA e su QUESTA ITALIA

di Stefano Biasioli – martedì 28 aprile 2020

Il lungo discorso di Conte, domenica sera (ore 20.25-21.08, a televisione unificata) mi ha generato una rabbia che non provavo da anni. Un’incazzatura (il termine è ormai sdoganato, anche nelle buie sacrestie di questi mesi!) rincarata dalla successiva trasmissione televisiva di Giletti, tutta imperniata sull’invio a  domicilio di circa 40 mafiosi, per tutelarli dalla possibile infezione in ambito carcerario. Come se questo Stato non avesse strutture carcerarie moderne, con possibilità di isolare e curare i detenuti normali e non solo i mafiosi con il “15 bis”.

Ho passato una notte insonne e, alle 4 del mattino, ho scritto d’impulso quattro pagine pesanti, sì, ma piene di constatazioni veritiere. Pesanti, tanto pesanti che – prima di diffonderle- le ho girate a una mia amica, nota penalista romana, che – pur complimentandosi con me per le considerazioni fatte- mi ha consigliato di evitare “sicure querele”.

Per questo, ho messo il tutto in una pennetta, che contiene quanto da me scritto negli ultimi 12 anni, da quando sono andato in pensione. Parzialmente in pensione. E adesso, a mente raffreddata, riprendo i miei pensieri.

         PREMESSA DOVEROSA

         Per coloro che non mi conoscono, ricordo che – sul piano nazionale – ho avuto un ruolo abbastanza significativo, essendo stato al vertice di un sindacato nazionale medico (la CIMO) dal 1999 al 2009 e di una confederazione della dirigenza pubblica (CONFEDIR) dal 2008 al 2016. Non solo, ma dal 2010 a oggi faccio parte – con orgoglio- di quel CNEL, rivalutato pochi giorni fa dalla Meloni…. ma vituperato ingiustamente dal 99% della stampa e dal 60% dei cittadini, che non ne conoscono le funzioni e le azioni.

         Ho frequentato quindi gli ambienti politici romanie conosco i meandri della pubblica amministrazione centrale. Tanto da aver curato la pubblicazione di un volume dedicato alla “Dirigenza nella pubblica amministrazione”, un testo unico nel suo genere, adesso integrato dal volume scritto da Renzo Alessi sui “CCNL della P.A.“. Le riflessioni di oggi sono frutto di questa storia personale “pubblica”, costellata da  rari “successi” e molti insuccessi. Legati al fatto di essere: rappresentante dei medici ospedalieri, in un sindacato libero da condizionamenti politici, autonomo di nome e di fatto, coerente nella difesa della professionalità della categoria. Insomma, ho una “piccola storia” come sindacalista. Non certo come quella di Ruggeri, Ceo di un ramo della Fiat. Ma comunque una storia.

Ho fatto questa lunga premessa arrivare a dire che posso ora permettermi, a mente fredda, di esternare queste riflessioni, da uomo maturo e da cittadino consapevole.

CI MERITIAMO, noi cittadini normali, QUESTA ITALIA, così mal ridotta?

Questa domanda nasce da una constatazione. L’ennesima. La virosi attuale è stata affrontata, politicamente e normativamente, dal governo in carica con PROVVEDIMENTI INCOSTITUZIONALI e PASTICCIATI.

Che siano incostituzionali non lo dico io (medico nefrologo) ma eminenti costituzionalisti e magistrati. INCOSTITUZIONALI, perché? Ma perché la RECLUSIONE OBBLIGATORIA dei CITTADINI INNOCENTI è stata fatta non con leggi ordinarie (con la verifica e l’assenso parlamentare) ma con una caterva di D.P.C.M. (almeno 11), 2 decreti legge, 2 ordinanze del ministero della salute, 1 ordinanza del MISE, alcune delibere del Consiglio dei Ministri.

Ad altri, tra un po’ di tempo, fare la cronistoria di questa sequenza normativa.

RESTA UN FATTO, una CERTEZZA. Per tutelare noi italiani contro questa maledetta virosi, il governo Conte-bis non ha utilizzato il parlamento, come avrebbe dovuto e non ha fatto ricorso a leggi ordinarie (votate) ma a provvedimenti d’imperio del Presidente del Consiglio dei Ministri. Provvedimenti da Lui giustificati, di volta in volta, come frutto di: emergenza, consigli dell’OMS e di una non meglio specificata “TASK FORCE”, da lui nominata, con criteri personali e sconosciuti ai più! Per non citare i 475 tecnici…

Sia chiaro, da medici scafati quali siamo. Noi  siamo i primi a dire che questa virosi è stata maledetta:per la comparsa strana, per la violenza inconsueta, per la rapidità di diffusione, per i danni – molteplici e pesanti nel 30% dei ricoverati- causati da fenomeni di coagulazione diffusi in molti organi.

Virosi importante, che andava prevenuta nei limiti del possibile, mentre il Ministero della Salute ha colpevolmente perso il mese di gennaio senza assumere direttive idonee e senza coinvolgere i Presidenti delle Regioni, cui compete la gestione della salute.

Ci sarebbe stato tutto il tempo, allora, per varare una legge specifica sulla virosi, con norme attuative chiare e con la predisposizione di tutto l’armamentario necessario. Così non è stato, e ne prendiamo atto…

         NORME e LIBERTÀ

Si sono usati strumenti legislativi impropri (DPCM, circolari) per TOGLIERE LA LIBERTÀ ai CITTADINI, violando la prima parte della Costituzione. Obiettivo? La salute dei cittadini, bene primario. Ma la libertà individuale è altrettanto tutelata dalla Costituzione, pure come bene primario. Certo, in piena pandemia, le regole per la tutela della salute debbono essere varate, a livello nazionale. Ma con il supporto fondamentale del parlamento (legge) e non con violando le prerogative costituzionali e parlamentari, con l’uso e l’abuso di DPCM e circolari, che hanno avuto come unico supporto il parere (orale o scritto?) di quella sconosciuta TASK-FORCE, dalle competenze non chiare.

Non chiare perchése l’isolamento domiciliare poteva essere giustificato, per 70 giorni, anche dalle esperienze altrui (in altri Stati, nel mondo) oggi, l’ennesimo DPCM– quello del 26 aprile – è del tutto ingiustificato, dato l’andamento della pandemia in Italia e

in Europa. Nei fatti, il governo ha prolungato la fase uno, liberalizzando poco e mettendo pesantemente a rischio il futuro prossimo della nostra economia.

Sallusti l’ha, giustamente, definita “fase uno e mezzo”.

Certo, fino al 27 aprile ci sono stati: 200.000 infetti, 27.000 morti, 67.000 guariti.

È sparito un paese come Legnago (Verona) e l’infezione ha colpito gli abitanti di una media città. Tutto vero. Ho un grande rispetto della vita delle persone, per questo ho fatto il medico. Ma, ad oggi, l’infezione ha colpito (fortunatamente) lo 0,33% della popolazione e la mortalità media è del 13,5%. Con estrema variabilità di infezioni e di morti da Regione a Regione. Eppure, anche QUESTO ULTIMO DPCM norma tutto, come se non ci fossero differenze regionali della pandemia, legate al caso e alla differente strategia regionale di difesa.Ma, di questo, parleremo un’altra volta.

IL FATTO È che il DPCM del 26 Aprile congela tutta Italia fino all’inizio di Giugno. Rovinando l’economia italiana, perché il turismo, il piccolo commercio, le attività professionali, le piccole imprese familiari non riprenderanno. Già ora sono saltati migliaia di posti di lavoro (bar, ristoranti…), già ora ci sono stati alcuni suicidi, e la rabbia – privata e pubblica- sta diffondendosi.

         NORME e BUROCRAZIA

         C’è un problema di sostanza (democrazia, libertà, salute) ed un problema di forma.

Si, di forma, perché per avere idea di quanto questa REPUBBLICA ITALIANA FUNZIONI MALE basta prendersi la briga di leggere il testo di questo maledetto DPCM del 26 Aprile.

È l’ennesimo, clamoroso, esempio di come si scrivano le normative, in Italia. È l’esempio di una burocrazia romana, ingessata e immutabile, che non modifica la sua “mentis legiferandi”.Nel caso specifico, invece di scrivere semplicemente 2 righe di anamnesi (quello che è successo) si scrivono tre paginoni citando 21 normative precedenti. Invece di dare CRITERI GENERALI CHIARI ma VALIDI per TUTTI, si aggiungono 18 facciate di norme analitiche che fanno sorgere decine di dubbi interpretativi, rimandano spesso a ulteriori normative specifiche.

PREMESSA, FINALITÀ, DISPOSIZIONI, TEMPISTICA:  così va impostata una NORMA.

Qui, invece e come sempre: verbosità, regole analitiche e non a valenza generale, deroghe possibili, presupposti non chiari, incertezze interpretative.

Ma, soprattutto, INCAPACITÀ di INTERPRETARE IL REALE ANDAMENTO DELLA VIROSI, A LIVELLO REGIONALE.

Incapacità di capire che, nel Triveneto, la pandemia è attualmente ben diversa da quella lombarda e piemontese; che al Centro -sud la pandemia ha (fortunatamente) colpito meno rispetto al nord industriale, con grossi movimenti di persone e di cose. Incapacità di DARE REGOLE GENERALI e di LASCIARE ai GOVERNATORI l’EMANAZIONE di ORDINANZE con REGOLE REGIONALI SPECIFICHE.

No, non lo si è voluto fare, nell’errata presunzioneche l’attuale capo del governo sia un “CHURCHILL”, in grado di gestire la seconda guerra mondiale.

         E, allora, ben fatto e ben fa Zaia.Prendendo atto della grande risposta dei veneti alle regole sanitarie, ha deciso di intrufolarsi tra le norme nazionali, usando gli spazi lasciati dal “non scritto” e consentendo ai veneti un po’ più di libertà, di movimento e di lavoro. Norme scritte per favorire la ripresa dell’economia, senza abbandonare la vincente strategia veneta contro il COVID-19.

TRA CARICA, CARISMA e GESTIONE

C’è una bella differenza, tra questi termini.

Non è sufficiente avere una carica, per interpretarla in modo adeguato e corretto. Senza tema di querela, dico e scrivo che c’è una bella differenza tra il percorso politico e gestionale di Conte e quello di uno come Zaia.

         Conte è arrivato dov’è, per “grazia ricevuta”(la scelta grillina, poi rinnegata), senza mai essere stato votato dal popolo. Ha fatto il front-man di 2 governi contrapposti, senza un minimo di autocritica. Si definisce un genio della politica (CHURCHILL) e “la bandiera dell’Italia in Europa”(26/4/20, in TV), non ammette sbagli. Non ringrazia gli italiani per le sofferenze che patiscono, non ringrazia i sanitari per lo sforzo terapeutico, non celebra i morti, si tratti sia dei cittadini comuni che dei sanitari. Anzi, impedisce funerali normali, chiude le Chiese, togliendo ai cattolici (il 16% degli italiani) il DIRITTO AI SACRAMENTI. Una cosa inaudita: in questi mesi la Chiesa è tornata al tempo delle catacombe. Con il benestare del Papa, fino a oggi.

Potremmo continuare, ma che l’uomo Conte sia inadeguato al ruolo, è evidente.Non ci si improvvisa capi di governo senza aver fatto prima politica, a livello comunale, regionale e nazionale. La logica grillina è senza senso e Noi purtroppo ne paghiamo le conseguenze.

ZAIA, invece.Sia chiaro che, in passato Zaia ha fatto – secondo chi scrive -parecchi errori, personali e assieme a Galan. Errori politici, senza mai approfittare del ruolo per fini personali.

Ma da Gennaio ho rivalutato ZAIA, perché ha dimostrato di essere un politico di razza. Ha gestito benissimo questa crisi, mettendoci quotidianamente la faccia, assumendo decisioni coraggiose, basate sul parere di pochi esperti, in primis il Prof. CRISANTI. Un medico serio e responsabile. Zaia ha deciso, ha tutelato la salute dei veneti ma ha anche capito che, se l’economia veneta crolla, essere vivi conterà poco, per molti veneti.  Ed era arrabbiato di brutto, il Governatore veneto, lunedì 27 aprile, mentre commentava le decisioni di Conte.

SPILUCCANDO TRA LE RIGHE del DPCM 26/04/20

Pochi l’hanno notato. Art.1, punto r) del decreto. Testuale “….SONO SOSPESI I CONGEDI ORDINARI del PERSONALE SANITARIO e TECNICO; nonché del personale 

le cui attività siano necessarie a gestire le attività richieste dalle unità di crisi costituite a livello regionale”.

         SOSPESI i CONGEDI ORDINARI?

         Questi si stanno facendo un “mazzo” da 70 giorni e Tu, Conte, gli blocchi i CONGEDI ORDINARI? Si sono massacrati in turni infernali, si sono infettati, hanno rinunciato ad una vita familiare… e TU gli blocchi i congedi ordinari.

“Conte, ma dove vivi? A Palazzo Chigi tra lustri e lustrini, tra comodità e servizi, e TU blocchi i congedi ordinari dei sanitari e di tutti gli altri, attivi sul campo?”

Non continuo, per evitare querele. Ma concludo chiedendo a CONTE.

“Perché in tutti questi mesi non hai varato una LEGGE (LEGGE) che COPRA I SANITARI DALLE AZIONI LEGALI CONTRO IL LORO OPERATO, cause già in atto e che saranno moltissime in futuro, una volta che si sia smesso di considerarli eroi?”

Siamo in Italia. E, per finire, un’altra domanda: “per i sanitari colpiti, le MORTI e le INFEZIONI causate dal COVID saranno considerate INFEZIONI e MORTI DA LAVORO o NO ?”

Ah, saperlo e normarlo !
Ad majora,

Stefano Biasioli
Medico in pensione

Potete scaricare tutto l’articolo in PDF direttamente da qui

FASE DUE: DELIBERARE SENZA CONOSCERE – il commento di Pennisi

 di Giuseppe Pennisi

Una massima molto nota di Einaudi è conoscere per deliberare. Ciò è particolarmente pertinente adesso dato che occorre iniziare, dopo circa due mesi di lockdown, una fase di graduale e progressiva riapertura, tenendo conto di tutte le cautele da prendere quando si combatte con un nemico invisibile di cui tanto poco si sa.

Ciò ha aspetti etici, medici, economici, finanziari e manageriali. Si è molto discusso dei primi quattro aspetti nella fase di preparazione del Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) sul nuovo avvio alle attività di impresa e non solo. Gli aspetti etici riguardano essenzialmente il senso di responsabilità mostrato dagli italiani durante il lockdown; le valutazioni – credo- convergano. Gli aspetti medici pertengono alle probabilità che “con la riapertura” il contagio del virus riprenda con la violenza e perniciosità di solo qualche settimane fa: anche in questo campo c’è un buon grado di convergenza che spinge alla cautela. Quelli economici riguardano la grave crisi della produzione, dei redditi, dell’occupazione e dei consumi in corso: le stime del Fondo Monetario Internazionale e del Governo italiano sono abbastanza simili e dipingono un futuro molto triste. Quelli finanziari pertengono, da un lato, alle difficoltà di migliaia di imprese a continuare ad operare, e, dall’altro, al crescente dubbio sulla sostenibilità di un debito pubblico che nel 2021 rischia di superare il 170% del Pil.

Poco si è parlato degli aspetti manageriali. Almeno in Italia. Una grande società di consulenza internazionale, la Arthur D. Little (creata nel lontano 1886 e con rami in tutto il mondo) ha condotto un’indagine delle reazioni decisionali alla crisi del coronavirus basate su colloqui con 25 amministratori delegati di imprese delle telecomunicazioni, dei trasporti e dei servizi pubblici a Singapore, in Corea ed in Italia. E’ un lavoro la cui consultazione è, ovviamente, ristretta ma da cui, se lo si legge, si traggono utili implicazioni anche e soprattutto per chi ha funzioni e responsabilità politiche. Una delle conclusioni può sembrare ovvia: i manager asiatici erano meglio preparati perché avevano avuto l’esperienza con l’epidemia di SARS nel 2002-2203. L’altra è meno ovvia: quale che sia il settore e quale che siano il continente ed il Paese, è aumentata l’avversione al rischio e la comprensione che ora si fosse chiamati a decidere non in base a stime probabilistiche ma in condizioni di incertezza (ossia senza potere stime affidabili del quadro di riferimento e della principali determinanti).

E’ il nodo centrale della politica, in Italia a livello sia nazionale sia regionale. Per diversi anni mi sono interessato di questo tema. In materia, ho pubblicato due libri – uno con Pasquale L. Scandizzo nel 2003 ed uno con Stefano Maiolo nel 2016- e diversi articoli su riviste scientifiche internazionali (uno anche su un trimestrale in lingua araba). Ho insegnato la materia alla Scuola Nazionale d’Amministrazione sino a quando, dopo essere andato a riposo per limiti d’età, due direttori dell’istituto decisero – credo in condizioni di “notte e nebbia”, ossia di totale incertezza – che non si trattava di tema utile per i dirigenti pubblici. Ritengo, quindi, di potere avere qualche titolo per parlarne.

In breve, ci sono metodologie, più o meno raffinate e più o meno complesse, per decidere su politiche pubbliche ed anche su singoli investimenti o misure pubbliche in condizioni d’incertezza. La loro applicazione richiede dati ed analisi a volte molto approfondite ma si possono anche applicare scorciatoie.

Tuttavia, una volta presa la decisione (e datosi, se del caso, un margine più o meno ampio per modificarla se appare sbagliata) ci vuole una linea di comando chiara ed una comunicazione trasparente, senza la circolazione di bozze, voci, spifferi e quant’altro. Naturalmente, chi ha la responsabilità di decidere consulta esperti, consiglieri e consigliori tanto quanto ritiene, ma tutti costoro devono restare invisibili e muti. Perché la responsabilità è unicamente del decisore. Unicamente così si infonde agli altri fiducia, elemento essenziale se si è in condizioni di incertezza.

In questi giorni, gli italiani hanno visto due approcci totalmente differenti alle decisioni in campo di graduale e progressiva riapertura dell’economia e della società in condizioni di incertezza: quella del Presidente della Regione Veneto (che non conosco- da dieci anni i miei viaggi in Veneto sono unicamente per rapide serate al Teatro La Fenice o al Palazzetto Bru-Zane- Centre de musique romantique française) e quella del Governo nazionale.

 La prima è stata semplice, lineare e trasparente; “i consiglieri del Principe” sono stati – come è d’uopo- senza volto e senza parola. La seconda è stata una confusa saga (un mini Trono di Spade) in cui tutti (politici e consulenti) parlavano sui giornali ed in televisione sostenendo le tesi più varie e più contraddittorie. All’iniezione di fiducia data in Venuto, è corrisposta una dose di sconforto a livello nazionale. Come se non bastasse il coronavirus a darci preoccupazione.

Einaudi aveva altre due massime pertinenti alla situazione: dove sono troppi a comandare nasce la confusione e altro è comandare una cosa, altro è ottenere che si faccia.

NELLA SEZIONE  “Leggi e Decreti”  di questo sito, potete trovare il DCPM  del 26/04/2020 con relativi allegati diviso in 5 file.

STATISTICHE COVID: DATECI i FLUSSI dei PAZIENTI!

di Stefano Biasioli – domenica 26 aprile 2020

A proposito delle statistiche sul Covid-19

CARI TUTTI,

eccoVi altre riflessioni, basate sui numeri Veneti.

In queste settimane di clausura obbligata abbiamo speso ore del nostro tempo nel registrare minuziosamente i dati “regalatici” quotidianamente dalla protezione civile e dalla Regione Veneto.

Più passavano i giorni, più abbiamo capito che il protocollo operativo della Regione Veneto rappresentava un unicum operativo e scientifico, all’interno della pandemia italica.

Con la costanza tipica del Capricorno abbiamo compilato tabelle e grafici, partendo dai dati quotidiani ufficiali, in Veneto.

Abbiamo verificato che mancano i dati SUI FLUSSI dei MALATI , dal domicilio all’ospedale e ritorno. Per questo, abbiamo cercato di passare dai dati “bruti”, relativi a 44 giorni ,ad alcuni elementi  ulteriori.

  • INFETTATI TOTALI (valori medi) = 10.369
  • INFETTATI  ATTUALI (media)= 7.975
  • POSITIVI A DOMICILIO (media)= 6.448
  • % INFEZIONI/TAMPONI FATTI  (media)= 8,71 (valore top= 10%, valore minimo=5%)
  • PAZIENTI in TERAPIA INTENSIVA (media)= 251
  • Il numero massimo dei ricoverati si è realizzato alla fine di marzo, mentre le dimissioni hanno prevalso sui ricoveri dal 30 marzo in poi.
  • Movimento medio dei ricoveri = 21,92 pazienti/die x 41 giorni ; valore top il 21 marzo (+241) e down il 25  aprile (-65 degenti).
  • La % dei guariti è passata dal 7% iniziale al valore attuale del 36,6% (media=24,31%)
  • DECESSI: 627 morti/die per 42 gg.
  • La mortalità media è del 6,46% con valore massimo in data 24/4 (7,4%) per l’inclusione dei decessi nelle case di riposo.

Potremmo continuare, ma ci fermiamo qui.

Pensiamo che, anche in previsione di possibili recidive autunnali, sia importante avere una idea dei FLUSSI dei PAZIENTI da e per l’ospedale.  Più chiaramente,

  1. Qual’è la percentuale di pazienti che passa dal domicilio all’ospedale?
  2. Qual è la % di pazienti che passa dalle malattie infettive alla terapia intensiva?
  3. Qual è la mortalità degli infettati : a domicilio, nelle malattie infettive ,in terapia intensiva, case di riposo ?
  4. Quale è stata la terapia fatta a domicilio ?
  5. Quale è stata la terapia fatta sui ricoverati? Quanti sono stati trattati con cortisone, eparina, plasma, terapie sostitutive (ECMO, DIALISI di diverso tipo ), idrossiclorochina, “azetumab” vari…?

CONCLUSIONE

Dagli esperti, utilissimi nel “caso veneto” ma poco utili in altre regioni o a livello governativo (come asseverato dalla precarietà dei DPCM governativi e dalle dissonanze tra le varie ordinanze regionali) ci aspettiamo, a breve, una interpretazione seria sui flussi dei malati.

Non abbiamo voluto cimentarci sui dati nazionali o delle altre regioni, per non essere accusati di partigianeria. E allora, lo chiariamo.

Facciamo queste domande perché da queste risposte potrà nascere il protocollo veneto contro la possibile recidiva e la scelta della priorità terapeutica nei diversi livelli operativi: casa, ospedale, case di riposo.

Non solo, ma da queste risposte dovrà poi essere allestito il MAGAZZINO SANITARIO VENETO, da parte dell’Azienda ZERO  nonché modificato e attuato il prossimo assetto delle strutture ospedaliere e territoriali , contro la prossima virosi. 

Stefano Biasioli
Medico in pensione