Pensioni, la Consulta boccia rivalutazione. Rimborsi solo parziali
La Corte costituzionale respinge le censure di incostutizionalità
Pubblicato il 25 ottobre 2017
Ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2017 ore 13:21
Roma, 25 ottobre 2017 – La Corte costituzionale ha bocciato rivalutazione delle pensioni, respingendo le censure di incostituzionalità sollevate dal decreto Poletti e salvando così i conti pubblici da un buco di 16-20 miliardi di euro. All’esame della Consulta c’erano i ricorsi presentati da numerosi tribunali e sezioni giurisdizionali contro il decreto Poletti, varato nel 2015 dal governo Renzi dopo la bocciatura della norma Fornero che aveva bloccato per gli anni 2012-2013 l’adeguamento degli assegni con importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi). La decisione giunge con un giorno di ritardo rispetto a quello previsto.
COSA DICE IL DECRETO POLETTI – Il bonus Poletti ha previsto un rimborso solo parziale per il biennio incriminato: il 100% della restituzione spetta solo a chi ha una pensione fino a 3 volte il minimo Inps, per gli assegni da 3 a 4 volte il minimo venne stabilito il 40%, che scende al 20% per gli importi superiori di 4-5 volte, e al 10% per quelli tra 5-6 volte. Esclusi dal rimborso invece i destinatari di pensioni pari a 6 volte il minimo).
I RICORSI – Contro tale norma, erano state avviate numerose cause. Secondo le ordinanze con cui i vari giudici avevano sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto Poletti – che è finito così al giudizio della Consulta – il decreto è in contrasto con i principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale, inteso come retribuzione differita, espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. In alcune ordinanze si sottolineava anche la violazione del giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza sulla norma Fornero, e la violazione del principio di ragionevolezza. Sotto la lente c’era anche la disposizione, contenuta nella legge di stabilità 2014, che oltre ad escludere anche per l’anno 2014 la perequazione per le pensioni di importo superiore a 6 volte il valore minimo, disciplina il meccanismo di blocco della rivalutazione fino al 2016 (poi prorogato sino al 2018 dalla legge di stabilità 2016).
PENSIONE A 67 ANNI – Intanto ieri l’Istat ha aggiornato le stime sull’aspettativa di vita, che sale di 5 mesi per il totale dei residenti in Italia. A 65 anni è pari a 20 anni e 7 mesi. Si confermano quindi per quanto riguarda l’accesso alla pensione di vecchiaia le previsioni di un incremento di 5 mesi nel 2019. Il passaggio sarà da 66 anni e sette mesi a 67 anni sia per gli uomini che per le donne. La legge prevede infatti che il Governo utilizzi le stime Istat per l’adeguamento dell’età della pensione di vecchiaia e che vari un decreto ministeriale per l’adeguamento automatico.