Le curve di sopravvivenza – sia quelle diffuse da fonti ufficiali che quelle prodotte dall’APS-Leonida – ci inducono a pensare che si sia percorsa oltre la metà del TUNNEL COVID-19 e che si incominci a vedere la luce dell’uscita dal tunnel stesso.
L’andamento della pandemia, in Veneto, è stato molto più “leggero” (pur nella gravità delle infezioni e del numero dei morti) rispetto a quello di Regioni viciniori (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte), soprattutto se rapportato ai milioni di abitanti.
Nessuno, un giorno, potrà negare che ciò sia dovuto alle scelte di Luca Zaia e del suo team, nonché alla intuizione del Governatore di chiudere al 100% il primo focolaio di Vo’ Euganeo, di partire a tappeto con i tamponi e di separare i percorsi ospedalieri dei pazienti Covid da quelli non Covid. Bloccando l’attività ordinaria non urgente e creando spazi – addirittura ospedali – specifici per gli infettati.
Intuizioni brillanti, ma decisioni “dure” da parte di un politico che, in tutte queste settimane, ci ha sempre messo la faccia , anche nelle scelte più impopolari.
ADESSO SI PONE IL PROBLEMA DI COME USCIRE dal blocco economico, riattivando la vita normale e tutte le attività lavorative.
Pensiamo che l’uscita dalla segregazione domiciliare possa essere a scaglioni, privilegiando prima chi lavora e quindi le fasce di età dai 18 ai 65 anni, con le dovute cautele.
I “vecchietti” (ex quibus, ego) dovranno rassegnarsi a aspettare ancora qualche tempo. Anche in questo caso vanno privilegiati coloro che, pur pensionati, svolgono ancora una attività professionale, dimostrata dalla loro partita IVA.
Ma come rilanciare l’economia veneta ? Qualche idea…
1 – Chiedendo ai veneti di acquistare e consumare prodotti veneti (in primo luogo) e poi prodotti italici: non solo per quanto riguarda l’alimentazione, ma anche per quanto riguarda i comuni beni di consumo.
2 – Utilizzare l’esperienza sanitaria di queste settimane per avviare un processo che consenta alla sanità veneta di essere largamente “fornita” da produzioni sanitarie venete, sempre e non solo in caso di – presumibili – nuove epidemie.
Quindi la Regione Veneto dovrà incentivare produzioni sanitarie “autoctone”, nel senso più ampio possibile.
Si porrà poi il problema di mantenere la dotazione ampia di posti di rianimazione e di terapia infettiva sui livelli attuali, per evitare – in caso di bisogno- di dover riprogrammare urgentemente le dotazioni attuali.
3 – Gli Ospedali COVID (vecchio ospedali rimessi in funzione a Marzo) dovranno essere mantenuti con cura (pulizia, servizi…) per evitare un precoce, nuovo, invecchiamento. Questo compito potrebbe essere svolto dai Volontari della Protezione Civile, che tanto ruolo hanno avuto…
4 – Va modificata l’organizzazione ospedaliera, potenziando il ruolo degli OSPEDALI HUB (ex ospedali regionali) e finalizzando chiaramente compiti e funzioni dei restanti ospedali, eliminando le sovrapposizioni e i dubbi gestionali emersi recentemente. Ciò va chiarito finalmente ai Sindaci ed ai Cittadini, molto legati alle realtà locali.
In un mondo ideale, andrebbe ripristinata la vecchia articolazione tra Ospedale regionale, provinciale e zonale. In ogni caso, andrà rivista la suddivisione delle ASL perché le zone di criticità sono anche dipese dalla eccessiva ampiezza di alcune ASL (nel veronese e nel veneziano), con conseguente debolezza gestionale.
5 – Dati i ritardi dimostrati dal Governo centrale, va costruita a livello regionale una PROTEZIONE CIVILE SANITARIA, dedicata alle emergenze sanitarie e, con una BREVE e CHIARA LINEA di COMANDO.
6 – SE l’azienda ZERO dovesse restare, essa dovrebbe farsi carico di mettere in piedi e di mantenere un MAGAZZINO SANITARIO IN GRADO di GARANTIRE l’AUTONOMIA DEL MATERIALE SANITARIO per ALMENO TRE MESI.
Chi scrive ricorda bene i problemi di fornitura del materiale per la dialisi, in tempi di crisi petrolifera… Ciò che è successo con le mascherine, con i letti, con i ventilatori e con i tests diagnostici, non dovrà più ripetersi….
7 – Passata la festa, gabbato lo santo. Adesso tutti inneggiano agli atti eroici dei medici e del personale sanitario tutto. Ma… ma già sono partite le prime denunce contro i medici… E allora? Allora la REGIONE DOVRÀ ATTIVARE UNA POLIZZA ASSICURATIVA GLOBALE (aspetti legali e fisici) a tutela dei suoi dipendenti sanitari. Cosa che oggi non è. Le leggi sanitarie (da Gelli in poi) hanno dimostrato di essere inadeguate a garantire la tutela di chi lavora in sanità…. Occorre provvedere, una buona volta.
8 – Infine (per ora) UNA IDEA ESSENZIALE.
CREARE UN FONDO REGIONALE PER IL PERSONALE MEDICO e NON-MEDICO, basato su una raccolta volontaria di denaro e su un IBAN specifico, per MIGLIORARE LE RETRIBUZIONI dei MEDICI OSPEDALIERI e del PERSONALE SANITARIO OSPEDALIERO TUTTO, i grandi protagonisti, gli eroi nascosti, di questa triste vicenda COVID.
Nulla, in questo senso, arriverà da Roma, da quella Roma incapace di stipulare i contratti della sanità alla loro scadenza fisiologica ed incapace di valorizzare economicamente queste professionalità.
Insomma, la proposta riguarda una INDENNITÀ VENETA, analoga a quella trentina o bolzanina. Una indennità finanziata specificamente dai cittadini veneti, per chi lavora a tutela della loro salute.
Sollecitati, i Veneti risponderanno e contribuiranno a questo fondo da 100 milioni di euro: basterebbero 10 euro/veneto, per iniziare.
9 – Sistemato a dovere il COVID-19, Zaia dovrà affrontare il problema dei PFOA-PFAS.
Come? Con un controllo a tappeto dei valori ematici di queste sostanze in tutti gli abitanti delle zone a rischio. E consentendo a chi lo desideri, di fare gli stessi esami, a pagamento.
E poi? E poi andrà fatto un serio programma di DEPURAZIONE di queste sostanze, partendo dai soggetti più giovani e quindi più a rischio di epatopatie, encefalopatie, tireopatie, nefropatie causate da questi tossici.
Anche qui, va fatto un piano industriale, per le azioni sanitarie e per quelle relative alle opere civili (nuovi acquedotti, disinfestazioni….).
Avremmo altre proposte ma, per ora, chiudiamo qui.
Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione