COME VOLEVASI DIMOSTRARE! LA CORTE COSTITUZIONALE HA STILATO UNA SENTENZA POLITICA

CORTE COSTITUZIONALE o CORTE VINCOLATA ALLA POLITICA ?

Siamo stati facili profeti (nostro articolo di oggi su Formiche.net, scritto alle ore 20:00 di ieri).

Alle ore 14:00 del 25 Ottobre siamo venuti a conoscenza del breve comunicato con cui la Corte Costituzionale – dopo la seduta pubblica di ieri – ha bocciato la dozzina di ricorsi (con l’adesione di migliaia di pensionati ricorrenti) contro la mancata perequazione delle pensioni.

Ecco il comunicato della Corte Costituzionale, diffuso dall’Ufficio Stampa:

“La C.Costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto legge 65/2015 in tema di perequazione delle pensioni, che ha inteso dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n° 70/2015.

La Corte ha ritenuto che – diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia”  annullate nel 2015 – con tale sentenza la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto legge 65 del 2015 realizzi un BILANCIAMENTO NON IRRAGIONEVOLE  tra i DIRITTI dei PENSIONATI e le ESIGENZE della FINANZA PUBBLICA “.

Ovviamente, Noi “Pensionati esasperati” NON SIAMO D’ACCORDO CON QUESTA SENTENZA. Non lo possiamo essere, perchè :

a) non si tratta di una “nuova e temporanea disciplina” (nuova e temporanea, per un “furto” che si protrae dal 2012 al 2018?);

b) non si tratta di “bilanciamento non irragionevole tra diritti ed esigenze”, ma di una rapina a danno di una sola categoria (i pensionati) e non dell’intera comunità dei contribuenti;

c) le esigenze della finanza pubblica non possono essere caricate solo sulle spalle dei soli pensionati, senza coinvolgere  anche (se del caso) i cittadini in attività lavorativa.

Si tratta di una sentenza ingiusta, che spalanca la porta ad ogni futuro “taglieggiamento delle pensioni”, giustificabile sulla base delle esigenze della finanza pubblica.

Si tratta di una sentenza che lede i diritti acquisiti, creando incertezza nei pensionati perchè dimostra che il loro assegno pensionistico (frutto di decenni di contributi versati) viene considerato dalla Consulta non un diritto certo ed intoccabile ma una “concessione”, passibile di tagli.

Aspettiamo di leggere e di commentare, con calma, il dispositivo integrale della Sentenza. Ma, già da ora, fissiamo alcuni paletti.

Si tratta di una classica sentenza “politica” (essendo oggi la Consulta composta da una prevalenza di giudici scelti dalla politica, per “meriti politici”), con la quale la Consulta contraddice se stessa e le sue precedenti – molteplici – sentenze, sullo stesso argomento.

Riassumendo (e per semplificare!) la Consulta ha detto/scritto che la Sentenza della C. Costituzionale n°70 del 2015 è stata correttamente applicata/interpretata dalla Legge 109/2015 (Settembre 2015) varata dal Governo Renzi.

E, così, in un colpo solo, la C. Costituzionale ha disatteso le più elementari norme del diritto, consentendo alla politica (Governi Letta, Renzi, Gentiloni) di “bastonare” solo i pensionati, per “salvare i conti dell’INPS e dello Stato”. Come se, in Italia, a parità di reddito, solo i pensionati (e non anche i lavoratori attivi) debbano contribuire a sanare i buchi del bilancio pubblico.

Come se, in Italia, fosse normale ledere i DIRITTI ACQUISITI da decenni di versamenti contributivi.

Come se, in Italia, fosse normale e legalmente corretto, taglieggiare le pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS, con la scusa del buco di bilancio dell’INPS e della povertà delle casse dello Stato.

La Corte ha finto di ignorare che la legge Renzi ha restituito ai pensionati circa il 12% della cifra “rubata”(circa 2,4 miliardi di euro invece dei 24 sottratti alle tasche dei pensionati dal 2012 ad oggi). La Corte ha finto di ignorare che la legge Renzi (detta anche lodo Poletti) non rispetta – tra l’altro- i principi di proporzionalità ed adeguatezza del trattamento previdenziale (retribuzione differita, articoli 36 e 38 della Costituzione); ha finto di ignorare che il taglio pensionistico è, nei fatti, una tassa non applicata con criterio proporzionale…..etc etc.
PRIME CONCLUSIONI:
1) CDV= come volevasi dimostrare. Sentenza politica espressa da una Corte politica, in cui ha certamente pesato il parere dei 2 ultimi giudici, di nomina renziana;
2) Questa CORTE COSTITUZIONALE costituisce, ora, una ISTITUZIONE INUTILE e COSTOSA, fatta per proteggere “il palazzo” e non i cittadini comuni (ex quibus, i pensionati INPS);
3) Anche di questo dovra’ rispondere RENZI: di aver contribuito a ledere i diritti dei pensionati.
4) I pensionati sono come i veneti : paciocconi, finchè qualcuno non pesta loro i piedi. E si vota, finalmente si vota, in PRIMAVERA !
Evidentemente, i “Signori” – benpagati – della Consulta non hanno percepito il “venticello” che viene dal Veneto e dalla Lombardia….
Ad maiora !
Stefano Biasioli

 

La CONSULTA BOCCIA la PEREQUAZIONE dei TRATTAMENTI PENSIONISTICI

Ecco il testo del comunicato diffuso dall’Uff. Stampa della Corte costituzionale in data odierna

Pensioni, la Consulta boccia rivalutazione. Rimborsi solo parziali

La Corte costituzionale respinge le censure di incostutizionalità

Pubblicato il 25 ottobre 2017

Ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2017 ore 13:21

Roma, 25 ottobre 2017 – La Corte costituzionale ha bocciato rivalutazione delle pensioni, respingendo le censure di incostituzionalità sollevate dal decreto Poletti e salvando così i conti pubblici da un buco di 16-20 miliardi di euro. All’esame della Consulta c’erano i ricorsi presentati da numerosi tribunali e sezioni giurisdizionali contro il decreto Poletti, varato nel 2015 dal governo Renzi dopo la bocciatura della norma Fornero che aveva bloccato per gli anni 2012-2013 l’adeguamento degli assegni con importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi). La decisione giunge con un giorno di ritardo rispetto a quello previsto.

COSA DICE IL DECRETO POLETTI – Il bonus Poletti ha previsto un rimborso solo parziale per il biennio incriminato: il 100% della restituzione spetta solo a chi ha una pensione fino a 3 volte il minimo Inps, per gli assegni da 3 a 4 volte il minimo venne stabilito il 40%, che scende al 20% per gli importi superiori di 4-5 volte, e al 10% per quelli tra 5-6 volte. Esclusi dal rimborso invece i destinatari di pensioni pari a 6 volte il minimo).

I RICORSI – Contro tale norma, erano state avviate numerose cause. Secondo le ordinanze con cui i vari giudici avevano sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto Poletti – che è finito così al giudizio della Consulta – il decreto è in contrasto con i principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale, inteso come retribuzione differita, espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. In alcune ordinanze si sottolineava anche la violazione del giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza sulla norma Fornero, e la violazione del principio di ragionevolezza. Sotto la lente c’era anche la disposizione, contenuta nella legge di stabilità 2014, che oltre ad escludere anche per l’anno 2014 la perequazione per le pensioni di importo superiore a 6 volte il valore minimo, disciplina il meccanismo di blocco della rivalutazione fino al 2016 (poi prorogato sino al 2018 dalla legge di stabilità 2016).

PENSIONE A 67 ANNI – Intanto ieri l’Istat ha aggiornato le stime sull’aspettativa di vita, che sale di 5 mesi per il totale dei residenti in Italia. A 65 anni è pari a 20 anni e 7 mesi. Si confermano quindi per quanto riguarda l’accesso alla pensione di vecchiaia le previsioni di un incremento di 5 mesi nel 2019. Il passaggio sarà da 66 anni e sette mesi a 67 anni sia per gli uomini che per le donne. La legge prevede infatti che il Governo utilizzi le stime Istat per l’adeguamento dell’età della pensione di vecchiaia e che vari un decreto ministeriale per l’adeguamento automatico.

Corte Costituzionale e mancata rivalutazione delle pensioni (24.10.17)

CORTE COSTITUZIONALE e MANCATA RIVALUTAZIONE delle PENSIONI. Sentenza scontata..?.
(articolo di Stefano Biasioli 24.10.2017)
 
Martedì 24 Ottobre la Corte Costituzionale ha iniziato la discussione sulle  migliaia di ricorsi relativi alla pluriennale mancata rivalutazione delle pensioni, come frutto delle scelte degli ultimi 4 governi (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni).
Il problema è scottante, perché una decina di Corti dei Conti Regionali ed alcuni Tribunali civili hanno rinviato il problema alla Consulta. 
Nel silenzio generale (i referendum veneti e lombardo, Anna Frank, il treno di Renzi, il rosatellum acidum…).martedì 24/10 la Consulta ha “dato l’avvio alle danze”. 
E’ toccato all’avv. Sciarra fare il riassunto delle puntate precedenti. Poi  gli avvocati dei ricorrenti  hanno ripetutamente citato le numerose sentenze della Corte sullo stesso tema (2012-2015-2016…) e la natura tributaria dei tagli pensionistici per le pensioni superiori a 2000 euro/lordi/mese. 
Hanno ricordato come la Legge Renzi (sett.2015) abbia disapplicato la sentenza 70/2015 della Consulta. Hanno ribadito che non può essere considerata ricca una pensione da 6 ad 8 volte il minimo INPS e che i “….pensionati italiani non possono essere i soli cittadini ad essere chiamati a salvare il bilancio statale…“.
L’Avvocata dell’INPS ha – come negli anni precedenti –  sacralmente affermato che l’INPS ha rispettato le sentenze della Consulta ed ha ricordato i danni provocati dalla scelta delle “pensioni baby” (Ndr??!!). L’Avvocato dello Stato ha terrorizzato i membri della Consulta ricordando alla Stessa che un Suo (“della Consulta”) parere positivo a favore dei ricorrenti  avrebbe prodotto un buco nel bilancio statale valutabile dai 15 ai 30 miliardi di euro, con sforamento del limite europeo del debito pubblico italiano  (il famoso 3%/PIL).
Nihil sub sole novi.
Chi scrive e l’intero gruppo dei pensionati raccolti nei Leonida, nel Forum pensionati e nella FEDERSPeV l’aveva ampiamente previsto. 
Si tratta dei soliti argomenti, vecchi e stantii, che hanno costretto i pensionati pubblici INPS ad essere il bancomat dei debiti pubblici, INPS e non INPS.
Nessuna certezza di ottenere, una buona volta, ragione dalla Corte Costituzionale. Oggi come ieri e come l’altro ieri.
Se il buon giorno si vede dal mattino, questo mattino era pieno di pesanti, cupe e nerastre nubi. Con tuoni e fulmini, all’orizzonte pensionistico.
Non sappiamo quando la Corte stilera’ la sentenza. Probabilmente lo farà dopo le elezioni regionali siciliane.
Restiamo in attesa. Non tanto dell’esito, che – da mesi – abbiamo pronosticato come negativo.
No. Questa volta siamo veramente curiosi di leggere e meditare le motivazioni di una nuova sentenza negativa. Come giustificheranno, questa volta, i “santi” giudici costituzionali  l’ennesimo e pluriennale esproprio pensionistico ?
Tasse, ma a carico di una sola categoria di contribuenti: quella dei pensionati e non anche  quella dei lavoratori attivi, a parità di reddito.
Da un lato, si salvano i vitalizi e si mantiene alta l’evasione fiscale, dall’altro si trasforma il pensionato in “bancomat sociale” nella prospettiva di un comunismo pensionistico. Prossimo-venturo.
Il tutto, nel silenzio piu’ assoluto di tutti i partiti dell’arco costituzionale. Dalla Meloni a Berlusconi, a Salvini, a Renzi, a Bersani, ai 5S.
Tutti zitti. Tranne Boeri, il politico mancato.
” Pensionati Europei…venite in Italia…!”, esclama ed invoca il Nostro…
Già, ma con che faccia il ricciolino  Boeri invita i pensionati del NordEuropa a vivere in Italia? Per taglieggiare anche loro, come fa con quelli italici?

Comunismo previdenziale

Noi “Pensionati Esasperati” siamo convinti che esista una ampia “fetta” di personaggi che puntano ad introdurre il COMUNISMO PREVIDENZIALE.

Il riferimento è a tutti coloro (da Gutgeld, a Maziotti e C., al Presidente dei Giovani Confindustriali….fino alla prassi dei Governi Monti-Letta Renzi-Gentiloni) che vorrebbero si arrivasse a PENSIONI UGUALI PER TUTTI.

Ad un esproprio previdenziale come quello russo del 1917

Per tutti costoro (politicanti e giornalisti) le “vecchie regole pensionistiche non valgono più…il bilancio dell’INPS è dissestato…il debito pubblico è in continua ascesa…quindi….vanno tagliate le pensioni dai 2000 euro lordi in su…”.

Non siamo pessimisti ma i personaggi citati continuano a prendersela solo con i pensionati, non con gli evasori fiscali o con i mancati tagli dei vitalizi…

C’è una sola spending review: quella che taglia le pensioni INPS alla faccia dei soldi da Noi “obbligatoriamente” versati per oltre 40 anni, soldi mai realmente rivalutati.

Insomma, TUTTI COSTORO VORREBBERO ROMPERE IL PATTO PREVIDENZIALE che lo Stato HA FATTO con ciascuno di NOI, oltre 40 anni fa.

Se così fosse, NON STAREMO FERMI e ZITTI !

SPENDING REVIEW

PER NON DIMENTICARE: diceva Gutgeld il 20/06/17….

Nel settore “Documenti” del sito troverete copia dell’intervista di Yoram Gutgeld, Commissario alla Spending Review, rilasciata al Corriere della sera il 20 giugno u.s.
In più di quattro anni di esternazioni – di Boeri, presidente INPS, di politici di vari partiti, di sindacalisti, di giornalisti, di conduttori di talk show – sulla necessità di tagliare le cosidette ” pensioni d’oro “nessuno si era, in precedenza, sbilanciato con dei numeri, preferendo tutti costoro rimanere nel vago.

Ringraziamo Gutgeld che, unico tra i molti che per anni hanno “starnazzato “sul tema, ci ha finalmente permesso di capire cosa intendono questi signori per “pensioni d’oro”.
In sintesi Gutgeld ha dichiarato che…” ..per avere un impatto significativo sulla spesa pensionistica bisognerebbe arrivare a toccare anche i diritti acquisiti delle pensioni medie da 2000-2500 euro lordi/mese, quando non sono sostenute da contributi adeguati. Li ci sono limiti oggettivi: mancano i dati sui contributi e siamo vincolati dalla Corte Costituzionale…”.
In definitiva, Gutgeld ha chiarito che, per sistemare i conti INPS, bisognerebbe agire su una ampia fetta di pensionati, partendo dalle pensioni da 2000 euro lordi/mese, ovvero da quelle con 1370 euro netti/mese !
Noi, che cattivi siamo, abbiamo capito che questa era – fin dall’inizio – la volontà del PD di Renzi: considerare “ricche” e quindi aggredibili le pensioni dai 2000 euro lordi in su. Purtroppo, dice Gutgeld, c’è qualche difficoltà a realizzare questo loro “obiettivo nascosto”…
La mancanza di documentazione in casa INPS…e la Consulta….
Adesso, anche chi non credeva al “nostro pessimismo cosmico” è servito….(Lenin!).

L’articolo citato non è più reperibile sulla rete… per questo ne teniamo copia…a memoria imperitura…. (Orsini e Biasioli)

«Rivediamo il Fiscal Compact
L’Italia non riduca il deficit»

Il commissario Yoram Gutgeld: «Non c’è più molto da aggredire, non possiamo trovare altri trenta miliardi da tagliare ma possiamo limitare la dinamica della spesa pubblica contenendo l’aumento dei costi»

di Federico Fubini, Corriere della Sera/Economia, 17 giugno 2017

Revisione non fa sempre rima con (forte) riduzione della spesa, ma con aumento degli spazi per ciò che il governo deve o vuole fare. Yoram Gutgeld, commissario alla spending review, deputato del Pd, ex consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, ha presentato ieri il primo rapporto annuale sul suo lavoro. Lui per primo sa che ora la parte tecnica deve lasciar posto alle scelte politiche. Quanto a queste, Gutgeld ne indica due fra le sue preferenze «personali»: rinegoziare il Fiscal compact europeo per fermare il cammino verso il pareggio di bilancio, e mantenere il deficit agli attuali livelli in proporzione al prodotto lordo. Non ridurlo. Dunque per il commissario alla spending review la prossima Legge di bilancio non dovrebbe contenere la nuova stretta, per quanto limitata, che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha prefigurato in una lettera alla Commissione europea.

Commissario, includete nella revisione oltre 300 miliardi di spese ma ne escludete 500, fra cui le pensioni. Perché?

«Il governo di Mario Monti ha messo in sicurezza la dinamica della spesa pensionistica, ma la spesa rimane alta. Detto questo, mi sembra complicato intervenire ancora. Per avere un impatto, bisognerebbe arrivare a toccare i diritti acquisti delle pensioni medie da 2.000-2.500 euro lordi al mese quando non sono sostenute da contributi adeguati. Lì ci sono limiti oggettivi: mancano i dati sui contributi più antichi e siamo vincolati dalla Corte costituzionale».

Vanno coperte sempre nuove spese automatiche, come le pensioni e la sanità, o inevitabili come quelle sui migranti. Resta spazio per nuovi tagli altrove?

«Di taglio facile non è rimasto molto ma il lavoro sull’efficienza degli acquisti continuerà. Non possiamo trovare altri trenta miliardi, ma possiamo fare molto perché ci sono margini importanti. In futuro sarà fondamentale limitare la dinamica della spesa pubblica, contenendo l’aumento dei costi e vigilando sull’efficienza».

L’Italia può limitarsi a contenere la spesa e allo stesso tempo portare il bilancio verso il pareggio?

«L’obiettivo del pareggio è iscritto del Fiscal compact europeo, ma trovo che su di esso occorra una riflessione. Quell’accordo fu pensato in un momento di grande emergenza, nel 2011-2012, e non si è rivelato un successo».

Da allora in area euro si sono tagliate spese per due punti di Pil e mezzo punto di tasse. Perché non è un successo?

«Intanto perché tutti i Paesi faticano a raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio, ad eccezione della Germania che ha un enorme surplus esterno. Ma soprattutto, un Paese non è un’azienda. Non può essere gestito come se lo fosse: lo Stato non deve generare “profitti” per remunerare il capitale. Dunque non c’è nulla di magico in un pareggio o in un surplus di bilancio pubblico».

Dunque lei ritiene che l’Italia dovrebbe rinegoziare il Fiscal compact?

«Il vero problema è la crescita e come ottenerla. Dobbiamo andare avanti con interventi strutturali sulla giustizia, la burocrazia sulla legge fallimentare. Ma si dovrà anche valutare la leva fiscale per stimolare la ripresa, come hanno fatto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dopo la crisi».

Dove interverrebbe?

«Guarderei per esempio i crediti d’imposta su ricerca e sviluppo. Oggi il valore aggiunto dei prodotti italiani è in media più basso di quello francese o tedesco, in parte perché non si investe abbastanza in quest’area. Allargherei il credito d’imposta. Oggi le aziende farmaceutiche vanno in Francia a fare ricerca, perché lì gli sgravi sono più alti. Anche l’ambito degli incentivi di Industria 4.0, che stanno funzionando, è ancora limitato, riguarda solo le macchine digitali: andrebbe allargato».

Sembra che lei pensi più a sgravi per le imprese che all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

«Anche sull’Irpef si dovrebbe fare qualcosa. Serve una fiscalità orientata alla famiglia, proprio perché abbiamo un problema demografico e occorre incoraggiare la natalità. Il problema è europeo eccezion fatta per la Francia che ha una fiscalità molto più favorevole per famiglie».

Difficile fare ciò che lei dice riducendo il deficit, e presto l’Italia dovrebbe dare disco verde alla piena integrazione del Fiscal compact nel diritto europeo. Che ne pensa?

«Il governo si dovrà esprimere. Personalmente non credo sia una buona idea, perché trovo che quell’accordo sia da rivedere per avere uno spazio fiscale più ampio».

Anche con un disavanzo sopra al 3% del prodotto lordo?

«No, perché in Italia resta un problema di debito. Con un deficit sopra al 3% inizieremmo a faticare nello stabilizzare la dinamica del debito e questa per noi resta una questione fondamentale. Il problema del Fiscal compact è che si concentra solo sul deficit».

Lei invece a cosa guarderebbe?

«A deficit, crescita e inflazione. Con la regola del due. Con un due per cento di aumento del Pil in termini reali, di deficit pubblico e di aumento dei prezzi al consumo, metteremmo il debito su una traiettoria rapidamente discendente. E pian piano ci stiamo avvicinando a questi obiettivi, ma serve una spinta in più».

Il deficit nel 2017 è già diretto attorno al 2%. Significa che la prossima Legge di stabilità non dovrà stringere ancora? Padoan pensa a un aggiustamento da 5-6 miliardi…

«Più o meno siamo come dovremmo essere in questa fase. La macchina della gestione della spesa ora funziona e siamo in grado di gestire aumenti contenuti delle uscite. Il tema che richiede una valutazione politica è quello della leva fiscale. Si potrebbero ridiscutere gli obiettivi per l’anno prossimo, ma non isolatamente. Dobbiamo andare avanti anche con le altre riforme strutturali: vanno rassicurati i mercati, perché capiscano che l’Italia crescerà».

In Francia il presidente Emmanuel Macron prepara una riforma del lavoro più radicale di quella di Renzi, perché include la contrattazione in azienda. Addolcita da un balzo del deficit dal 3% al 4% nel 2018. Che ne pensa?

«I numeri francesi sono diversi, resto convinto che per noi un deficit al 3% complica la gestione del debito. Ma prendersi un po’ di spazio fiscale, come sembra farà Macron, ha senso».

L’Italia dovrebbe seguire Parigi sulla riforma del lavoro?

«Sono questioni che riguardano la contrattazione, dunque i rapporti fra datori e sindacati. Sicuramente è l’approccio giusto, in Germania c’è da tempo. Ma temo che il governo possa favorirlo solo fino a un certo punto».

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Graffio di Pensionato Esasperato (2)

Continua l’attacco di Floris & C. alle pensioni superiori a 1.515,00 euro lordi/mese.

Nuovo ATTACCO alle PENSIONI

Floris (di martedì 17.10) non demorde e continua il pluriennale attacco alle pensioni “medio-alte” .

Emiliano (Gov. Puglia) ha affermato che occorre modificare l’art. 38 della Costituzione per “giustificare” i nuovi tagli pensionistici.

Andiamo verso il “Soviet” della previdenza?

Pensionati: SVEGLIA!

Il “Palazzo” non demorde.

Ci aspettiamo che “qualche manina del PD e dintorni”  inserisca nella legge di bilancio un comma che proroga (2018-2019-2020…) i TAGLI alle pensioni in essere (le Nostre, non quelle dei Parlamentari).

Il “Palazzo” non fa nulla contro l’evasione fiscale ma punta al “Soviet” della previdenza

 

 

Graffio di PENSIONATO ESASPERATO

Letterina ai pensionatiEsasperati” (nella speranza che non siano disattenti).

In questi giorni i giornali sono pieni di “Rosatellum” e di “Notizie virtuali” relative alla Legge di Bilancio (ex Stabilità) che nessuno ha letto perché manca ancora un testo ufficiale e che è stata fino ad ora annunciata in modo “sdolcinato” dal Premier pro-tempore Gentiloni.

Noi da “Pensionati Esasperati” ci limitiamo a ricordarVi questi fatti:

  1. la Legge di Stabilità non contiene risorse per la rivalutazione delle pensioni nel 2018; il DEF non ha previsto – per questo – alcuna risorsa per l’intero triennio 2018-2019-2020;
  2. la pressione fiscale è aumentata del 2,6% in otto mesi mentre la crescita è ferma al 1,5% (la Verità, 18.10.2017 – pag. 3);
  3. ci fanno pagare le bollette per 13 mesi anziché 12 (la fattura a 28 gg e non mensile assicura incassi superiori del 8% alle compagnie);
  4. il taglio dei vitalizi parlamentari resta in Commissione (…) (Il Fatto Quotidiano, 18.10.17 – pag.5);
  5. sta arrivando una Tassa Europea sui terreni delle case (è un’idea di Macron);
  6. la Germania restituisce i migranti alla Svizzera, che poi li girerà a l’Italia;
  7. nel 2016 sono fuggiti all’estero 124.000 giovani: non si tratta di cervelli in fuga ma di persone normali che vanno all’estero anche per lavori modesti;
  8. ai richiedenti asilo in Alto Adige verranno offerti villini in classe A (La Verità, 08.09.17 e 18.10.17 – pag. 5).

Mancano 6 giorni alla decisione della Corte Costituzionale sulle migliaia dei ricorsi presentati contro “LA MANCATA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI” . Cosa farà la Corte? Ipotesi possibili:

a) rinvio della decisione dopo le politiche del 2018

b) decisione salomonica: “chi ha avuto avuto, chi ha dato ha dato…” ovvero…“siamo consapevoli che i pensionati over 1.513 euro lordi/mese sono stati penalizzati più dei cittadini che ancora lavorano ma la cassa dello Stato è talmente in “rosso” che i Governi sono stati costretti a fare così”.

c) “statevene buoni”… i tagli finiscono al 31 dicembre 2018…” ;

d) “i tagli passati, presenti e futuri sono giustificati dal “buco” finanziario dell’INPS… quindi i Governi sono “autorizzati” a chiedere i contributi a tutte le pensioni medio-alte…”.

Domanda finale: se la risposta sarà una di queste, come reagiranno i “Pensionati Esasperati”?

Lenin

BOERI DATO IN USCITA DALL’INPS

PER “LETTERA 43” BOERI HA LE ORE CONTATE

IN ARRIVO MARE’, DALLA PADELLA ALLA BRACE

Il giornale on line “Lettera 43” sabato 7 ottobre ha pubblicato un articolo di Francesco Pacifico dal titolo “Inps, il piano del PD per prepensionare Tito Boeri”.

Il presidente dell’INPS, che a detta del giornalista sarebbe inviso a Damiano e Sacconi, presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, avrebbe le ore contate perché sarebbe in dirittura d’arrivo la revisione della governance dell’Istituto, che diverrebbe così la scusa per dare il benservito a Boeri, con il ripristino di un Consiglio d’Amministrazione.

A sostituire Boeri alla guida dell’INPS, sempre secondo il giornalista di “Lettera 43”, arriverebbe Mauro Maré, consigliere di Pier Carlo Padoan e presidente di Mefop SpA, la società per lo sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione, di cui il Ministero dell’Economia è azionista di maggioranza.

Il rischio, quindi, è di cadere dalla padella nella brace. L’INPS passerebbe da un economista che spinge per il ricalcalo delle attuali pensioni con il sistema contributivo e per lo sviluppo della previdenza complementare ad un altro economista che attualmente è impegnato a far crescere l’adesione ai circa 90 fondi che aderiscono al Mefop. Ma un presidente innamorato del sistema previdenziale pubblico, no?

Da parte nostra continueremo ad ostacolare il disegno di Boeri, così come ostacoleremo quello di Maré, se arriverà all’INPS, o di chiunque altro cerchi di distruggere la previdenza sociale pubblica.

12 OTTOBRE TUTTI ALL’ARAN PER IL CONTRATTO

10 NOVEMBRE TUTTI IN SCIOPERO PER IL CONTRATTO E PER L’INPS

Roma, 9 ottobre 2017 (67/17) USB Pubblico Impiego INPS

7 ottobre 2017 – Francesco Pacifico – LETTERA 43 – 

In teoria Tito Boeri ha un mandato da presidente dell’Inps che scade nel 2020. In pratica ampi fronti del governo e – soprattutto – amplissimi settori della maggioranza starebbero studiando come pensionarlo già prima delle elezioni 2018 o subito dopo l’insediamento del nuovo governo. Il tutto con la benedizione dei sindacati. Come? Reintroducendo nella governance dell’ente previdenziale quel consiglio di amministrazione eliminato da Antonio Mastrapasqua e che lo stesso Boeri non ha mai mostrato di sentirne la mancanza.

SCONTRO SULL’ETÀ PENSIONISTICA. Nelle ultime settimane l’economista bocconiano – mai tenero con l’esecutivo – ha finito per fare muro con la Ragioneria generale dello Stato contro il congelamento dell’età pensionistica. Parallelamente ha proposto di creare un incentivo ad hoc per assumere le madri che hanno da poco partorito. Posizioni che ben si scontrano contro chi in maggioranza – soprattutto Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, ex ministri del Welfare e oggi potentissimi presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato – invece proponeva di congelare almeno per un anno l’aumento del tetto di uscita o di allargare l’utilizzo dell’Ape social per le donne.

In parlamento e in larghi settori del governo si vorrebbe arrivare al redde rationem con Boeri, che in passato è stato tra i principali consiglieri di Matteo Renzi sulle tematiche del welfare e del lavoro. L’occasione sarebbe data dalla proposte di riforma della governance degli enti previdenziali firmata da Damiano e da altri, che giace da tempo alla Camera e che potrebbero subire un’accelerazione nei tempi di approvazione.

REINTRODUZIONE DEI CDA. Il testo prevede fondamentalmente due modifiche rispetto allo status quo: reintroduce il consiglio di amministrazione e, nella parte destinata al riordino degli organi collegiali territoriali di Inps e Inail, dà al cda di questi istituti il potere di presentare al governo un progetto di riforma dei comitati centrali e territoriali degli enti per rimodulare e integrare i diversi livelli di responsabilità.

“Boeri all’Inps ha scatenato le ire dei sindacati per la creazione della segreteria unica che affianca il presidente e l’istituzione di direzioni metropolitane che confliggono coi livelli regionali”

Va da sé che questi due passaggi finirebbero per ridurre al lumicino i poteri del presidente e, di conseguenza, tutte le riorganizzazioni fatte in questi anni da Boeri, che ha finito per scatenare le ire dei sindacati soprattutto per la creazione della segreteria unica che affianca il presidente e l’istituzione di direzioni metropolitane che – per esempio in Campania, Lazio e Lombardia – confliggono con i livelli regionali. Per non parlare del fatto che, con una governance e il ritorno del cda, sarebbe quasi naturale azzerare gli attuali vertici.

ACCUSATO DI «FARE TERRORISMO». Chi lo conosce sa bene che Boeri non si è mai fatto intimidire dalle critiche della politica. Ultimamente Damiano lo ha accusato sulle pensioni di «fare terrorismo». Però c’è chi nella maggioranza spera che questo attivismo spinga il bocconiano a fare un passo indietro. Anche perché ci sarebbe già un candidato per la successione: è Mauro Marè, economista e consigliere principe di Pier Carlo Padoan al Tesoro, che ben conosce la materia previdenziale guidando il Mefop (l’ente che si occupa dello sviluppo dei fondi pensioni) e avendo proposto tra i primi in Italia la creazione di una pensione di garanzia per i giovani.

SINTESI del CONVEGNO PENSIONATI (PD, 07/10/17)

Un centinaio di pensionati veneti ha partecipato al nostro Convegno patavino, sabato 07/10/17 (Hotel 4 Points), seguendo con attenzione le articolate relazioni di Stefano Biasioli, Lorenzo Stevanato ed Ennio Orsini, dedicate alle criticità del momento pensionistico attuale.
Erano presenti anche Oriana Venturi (CONUP) ed esponenti delle sigle pensionistiche confederali, nonche’ rappresentanti dei pensionati friulani.
Dopo le relazioni ed una intensa discussione, l’Assemblea ha condiviso le proposte degli organizzatori, cosi’ riassumibili:
a) Prosecuzione dell’attività di propaganda e di raccordo con altre rappresentanze pensionistiche, per allargare la base informativa e partecipativa (prescindendo da aspetti ideologici);
b) Vigile attesa della Sentenza della C.Costituzionale del 24/10/17, in tema di mancata rivalutazione delle pensioni;
c) Prosecuzione della raccolta delle adesioni alla PETIZIONE per la SEPARAZIONE della ASSISTENZA dalla PREVIDENZA (ad oggi, abbiamo raccolto circa 500 adesioni nel Triveneto);
d) Organizzazione di un Convegno sulle CRITICITA’ PENSIONISTICHE (Gennaio 2018), con invito a Parlamentari ed Esperti;
e) Diffusione delle nostre idee utilizzando il web e (per quanto possibile) le TV (locali e non).
In tutti i presenti, una certezza: la tutela delle nostre pensioni sarà lunga e difficile, ma i pensionati -ora- hanno capito che un esito positivo potra’ essere ottenuto solo se saranno UNITI e se faranno pesare, al momento del voto, la loro ESASPERAZIONE per le continue angherie che questo Stato ha avuto nei loro confronti, da almeno venti anni.
(a cura di S. Biasioli).