Ma c’è ancora una giustizia in Italia ?

Nel “silenzio” più assoluto dei giornali e dei mass-media, la CONSULTA ha DEPOSITATO il 1° Dicembre u.s. la Sentenza 250/2017, quella che era stata anticipata – il 25/10/17- da un comunicato stampa e che NOI PENSIONATI ESASPERATI avevamo allora commentato con alcuni articoli “premonitori”.

La sostanza non è cambiata. La Consulta, smentendo una lunga serie di precedenti Sue sentenze (l’ultima delle quali è la n° 70/2015) e ricopiando letteralmente le motivazioni dell’avvocatura dell’INPS e del governo, LEGITTIMA la MANCATA RIVALUTAZIONE 2012-2018 delle PENSIONI, con giustificazioni POLITICHE e NON GIURIDICHE.

Nihil sub sole novi ! Lo avevamo scritto, in tempi non sospetti, lo ribadiamo ora. Concordiamo totalmente con quanto scritto in merito da Giorgio GANDOLA (La Verità, 3/12/17, pag.5). Nei prossimi giorni pubblicheremo e diffonderemo un nuovo commento su questa “inquietante sentenza”, firmata dal giudice Silvana Sciarra. Inquietante perché considera “transitorio e parziale” un danno non solo pluriennale (anni 2012-2018, per ora) ma perpetuo, perché ha avuto ed avrà effetti negativi sull’intera vita pensionistica del pensionato (pensione diretta ed indiretta ).

PENSIONATI ESASPERATI… un giorno o l’altro voterete. RicordateVi di chi Vi ha fatto questo ennesimo TORTO !

(Commento a cura di Lenin )

Alleghiamo articolo di ieri domenica 3 dicembre 2017 su La Verità:

ASSALTO alle PENSIONI_LaVerità (03.12.17)

PEREQUAZIONE PENSIONI: DAL LEGISLATORE UN BILANCIAMENTO NON IRRAGIONEVOLE DEGLI INTERESSI COINVOLTI (01.12.2017)

Ufficio Stampa della Corte costituzionale Comunicato del 1° dicembre 2017 

Il decreto-legge n. 65 del 2015 sulla perequazione delle pensioni – emanato in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015 – non è una «mera riproduzione» del Dl 201 del 2011 (cosiddetto Salva-Italia) perché ha introdotto una disciplina «nuova» e «diversa», ancorché temporanea, della rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013. In particolare, ha riconosciuto la rivalutazione in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni – prima escluse – comprese tra quelle superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e quelle fino a sei volte lo stesso trattamento.

Non vi è stata, dunque, alcuna violazione del giudicato costituzionale. È il primo punto fermo messo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 250 depositata oggicon cui sono state respinte tutte le censure al Dl 65/2015 contenute in 15 ordinanze.

La pronuncia si colloca nel solco della giurisprudenza della Consulta ed è in piena continuità con la sentenza n. 70 del 2015 che dichiarò invece l’illegittimità costituzionale della disciplina del D.l. Salva-Italia. 

Secondo la Corte, con quel D.l. il legislatore aveva fatto un «cattivo uso» della propria discrezionalità, bilanciando in modo irragionevole l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto delle pensioni con le esigenze finanziarie dello Stato, in quanto «aveva irragionevolmente sacrificato il primo», in particolare quello dei titolari di «trattamenti previdenziali modesti», in nome di esigenze finanziarie «neppure illustrate». 

Di qui la sollecitazione – con la sentenza n. 70/2015 – di un nuovo intervento legislativo per bilanciare in modo diverso i valori e gli interessi coinvolti, nei limiti di «ragionevolezza e proporzionalità», senza sacrificare nessuno dei due irragionevolmente. Il successivo Dl 65/2015 ha seguito queste indicazioni, ovviamente con effetto retroattivo, seppure limitatamente al biennio 2012-2013. 

Quanto basta per escludere che i pensionati abbiano potuto fare «affidamento» sulla disciplina immediatamente risultante dalla sentenza 70 (tanto più che il D.l. è stato emanato ed è entrato in vigore a distanza di soli 21 giorni dal deposito della sentenza).

Secondo la Corte, il blocco della perequazione per due soli anni e il conseguente “trascinamento” dello stesso agli anni successivi «non costituiscono un sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze, di interesse generale», perseguite dalle disposizioni impugnate.

La sentenza (scritta, come la numero 70/2015, da Silvana Sciarra) ha ribadito che la rivalutazione automatica è uno «strumento tecnico» necessario per salvaguardare le pensioni dall’erosione del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione, e per assicurare nel tempo il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti di quiescenza. 

Ha ribadito anche che va salvaguardata la garanzia di un reddito che non comprima le «esigenze di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione previdenziale». È su questo «solido terreno» che il legislatore deve muoversi «bilanciando, secondo criteri non irragionevoli, i valori e gli interessi costituzionali coinvolti»: l’interesse dei pensionati a preservare il potere d’acquisto delle proprie pensioni; le esigenze finanziarie e di equilibrio di bilancio dello Stato.

In questo bilanciamento il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, non può «eludere il limite della ragionevolezza», principio cardine intorno al quale ruotano le scelte in materia pensionistica. Pertanto, se queste scelte si prefiggono risparmi di spesa, questi ultimi devono essere «accuratamente motivati», e cioè «sostenuti da valutazioni della situazione finanziaria basate su dati oggettivi».

E le Relazioni tecniche sono la cartina di tornasole della razionalità di queste scelte. Ebbene, dalla Relazione tecnica e dalla Verifica delle quantificazioni relative al Ddl di conversione del Dl 65/2015 emergono «con evidenza» – diversamente dal Salva-Italia – le esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità.

Esigenze che, nell’attuazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti pensionistici, «sono preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo dell’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto dei propri trattamenti». Ne è una conferma la scelta «non irragionevole» di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino ad escluderla per quelli superiori a sei volte il minimo Inps. 

«Il legislatore ha dunque destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi», limitando il blocco a quelli medio-alti (che, per giurisprudenza costituzionale, hanno margini di resistenza maggiori contro gli effetti dell’inflazione, peraltro contenuta nel biennio 2011-2012 come si ricava dalla Relazione tecnica).

Roma, 1 dicembre 2017 Palazzo della Consulta, Piazza del Quirinale 41 Roma – Tel. 06.4698224/06.46984511

COMMENTO dei LEONIDA:

questo comunicato della Consulta si commenta da solo. L’analisi delle ultime 4 righe, ad esempio, testimonia che la Consulta NON SA CHE NEGLI ANNI 2012-2013 c’è stata una INFLAZIONE TOTALE superiore al 5% !!!!!

Sarebbe “inflazione contenuta”, questa ????

Testo_Sentenza 250_01.12.2017

GENTILONI Favorevole ad un Nuovo Contributo si SOLIDARIETA’

Al peggio non c’è mai fine. Ieri (2.12.17), in uno dei tanti programmi RAI, GENTILONI ha dichiarato di essere favorevole ad un NUOVO CONTRIBUTO di SOLIDARIETA’ sulle PENSIONI-MEDIO ALTE…..!!!

Non avevamo dubbi….Ciò che resta del PD impone – con voto di fiducia – una manovra economica 2018 con un buco di circa 20 miliardi, buco che l’UE (ma solo dopo le elezioni di Marzo 2018) imporrà all’ITALIA di chiudere. Come? 

Taglieggiando  ancora una volta  le NOSTRE PENSIONI… anche grazie alla sentenza 25/10/70 della CONSULTA.

PENSIONATI, se avevate dei dubbi, adesso sapete chi ringraziare (la Consulta) e chi non votare (quelli del PD e dintorni) !

( Nota a cura di Lenin)

Complimenti a Pietro Senaldi ! (Editoriale su Libero, 29.11.17)

 

Caro Direttore,

complimenti a Pietro Senaldi e al Suo editoriale del 29 Novembre:  “CHIUDIAMO l’INPS: si prende i contributi e non dice che ne fa”.

Ha riassunto in un articolo quello che NOI PENSIONATI INPS ex INPDAP e INPS-INPS sosteniamo da anni. Ossia che il bilancio INPS è drogato e falso. Drogato perché inserisce voci assistenziali come se fossero previdenziali. Falso perché mescola assistenza e previdenza, a caso, senza focalizzare SPECIFICI e SEPARATI CAPITOLI di SPESA/ENTRATA: da un lato la previdenza VERA, dall’altro, l’assistenza vera e mascherata.

Anni fa BRAMBILLA aveva brillantemente dimostrato che, nel bilancio INPS, la voce PREVIDENZA (“vera previdenza”) è in PAREGGIO se non in attivo (se includiamo l’IRPEF) e che il rosso dell’INPS è legato alle decine di voci assistenziali, sottofinanziate (ed in ritardo) dai governi di turno. Boeri non ha fatto, in questi anni, una gestione corretta ed ha rivendicato per sé un ruolo politico, in molteplici occasioni.

Ringrazio SENALDI, anche a nome di un cospicuo drappello di pensionati , racchiuso sotto i vessilli di LEONIDA . In questi anni, insieme ai sodali di FEDERSPeV, Forum pensionati, CONUP, Pensionati ferrovie, Pensionati CISAL, DIRSTAT ecc. abbiamo attivato decine di cause a tutela delle nostre pensioni, taglieggiate massicciamente dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni.  Ci sono stati tolti migliaia di euro, dal 2012 in poi, in nome di che? Del “presunto” buco INPS, della solidarietà intergenerazionale, dei richiami della UE.

Il 25 Ottobre scorso la Consulta ci ha dato torto, ma siamo curiosi di leggere le argomentazioni che stanno alla base di una sentenza “politica” e non “giusta”.

Già tagli ai pensionati, ma non tagli a tutti (pensionati ed attivi ) a parità di reddito. Se le motivazioni fossero esatte. Ma non lo sono.

Ebbene oggi NOI – PENSIONATIESASPERATI – (si veda il sito omonimo!) chiediamo a gran voce ai politici di SEPARARE l’ASSISTENZA dalla PREVIDENZA e di fare chiarezza nei bilanci INPS, prima che l’INPS venga fatto fallire, con i noti pretesti (Boeri, Cazzola e C.).

Direttore, il Suo giornale ci darà una mano ? Stiamo raccogliendo le firme per una petizione sulla separazione tra assistenza e previdenza. E’ disponibile a pubblicare il nostro appello ?

Comunque sia, un grazie a LEI ed a SENALDI.

Stefano Biasioli

-Medico in pensione.- Uno dei Leonida

Testo integrale di Senaldi (Libero 30.11.17)

NUOVE spese ASSISTENZIALI a carico dell’INPS

LA NOTIZIA

L’INPS ha comunicato – con circolare -che, dal 1° Dicembre 2017, sarà possibile fare domanda per la REI (reddito di inclusione).

CONDIZIONI per accedere alla REI:

SOGGETTI INTERESSATI: famiglie di più componenti inclusi i minori (con ISEE <6.000 euro e immobili extra residenza <20.000 euro); disabili; donne gravide; over 55 disoccupati. Ma, dal Luglio 2018, la misura diventa UNIVERSALE, togliendo i paletti (disabili, over 65 ecc.) COMPATIBILE con LAVORO ma non con altri ammortizzatori sociali ( x disoccupazione…)

CIFRA EROGATA: 187,5 euro/persona sola fino a 485 euro/mese per nucleo (5.824,80/anno!) dal 01/01/2018. L’erogazione avverrà con carta elettronica.

DURATA EROGAZIONE: per 12 mensilità/anno e con 18 mesi di erogazione come limite massimo.

PLATEA INTERESSATI: 500.000 famiglie (1,8 milioni di persone) dal 01/01/2018; 700.000 famiglie (2,3 milioni di persone) dal Luglio 2018 !

SOGGETTI COINVOLTI: cittadini comunitari od extracomunitari con soggiorno in Italia per almeno 2 anni.

COSTO: 2 miliardi di euro /2018 (legge di bilancio, Dicembre 2017).

IL COMMENTO

Come volevasi dimostrare ! Il Governo, in fase pre-elettorale, aumenta la spesa assistenziale, caricando l’INPS di nuovi compiti assistenziali, finanziati teoricamente (ma “solo teoricamente”, come al solito) con 2 miliardi di euro/2018. Poiché non ci fidiamo, vedremo se – nel bilancio preventivo e consuntivo INPS 2018 – tale cifra sarà realmente data dal Governo all’INPS o se, ancora una volta, queste voci assistenziali saranno “coperte” (in parte o in niente) dal Ministero dell’Economia con bonifici specifici ed identificabili.

Poiché siamo capaci di usare la calcolatrice, ci permettiamo di dire che 500.000 (famiglie) x 5.824,80 (euro anno) danno un totale di 2,91 miliardi/anno 2016. Ma, a questa cifra, andranno aggiunti i denari legati alle altre 200.000 famiglie, che si aggiungeranno dal Luglio 2018 e, 200.000 x 5.824,80/2 (6 mesi e non 12) portano ad una ulteriore spesa di 0,582 miliardi/2018.

SPESA TOTALE 2018 (2,91 + 0,582 M) = 3,49 miliardi.

CONCLUSIONE (1): spesa assistenziale sottofinanziata e dalla “copertura” incerta.

INFINE

(poiché siamo pensionati esasperati): quante famiglie italiane e quante “famiglie” comunitarie  riceveranno questi benefici ? Chi valuterà le richieste e come verrà decisa la graduatoria di accesso ?

E gli extracomunitari irregolari (madri con bambini, famiglie ricongiunte in qualche modo) saranno anch’essi gratificati? Con quale filtro? Con quali controlli  e garanzie?

CONCLUSIONE (2)

Nuovi compiti assistenziali all’INPS. Nuova esplosione della spesa assistenziale dell’INPS, con ulteriore “buco in bilancio”.

Rinnoviamo la nostra richiesta: SEPARARE l’ASSISTENZA dalla PREVIDENZA, prima che la UE ci accusi di spendere troppo in previdenza ! Già, la previdenza INPS è in pareggio… ma l’assistenza INPS è in netto deficit !

(a cura di Lenin)

Pensioni in Italia: quanto costano? Ecco tutta la verità – 23.11.17

I conti INPS sono sballati sulle pensioni? La realtà sembra un po’ diversa da come la si racconta, anche se esistono diverse ragioni per stare in allerta

di Giuseppe Timpone, pubblicato il 23 novembre 2017, ore 14:01

E’ scontro in Italia sulle pensioni. A dividere governo e parte dei sindacati è l’innalzamento automatico dell’età pensionabile di 5 mesi a 67 anni dal 2019, sulla base della maggiore longevità media rilevata dall’Istat per gli italiani. Si leva la protesta di partiti e organizzazioni sindacali contro quello che viene percepito come un eccessivo irrigidimento dei requisiti anagrafici, considerando che ancora oggi la pur austera Germania continui a mandare in pensione i suoi lavoratori a 65 anni e 7 mesi, in alternativa a 63 anni con una penalizzazione sull’assegno (senza penalizzazione, se con almeno 45 anni di contributi versati). La realtà appare, però, abbastanza diversa da quella che una lettura superficiale dei numeri ufficiali farebbe 

credere. Infatti, attraverso le varie scorciatoie previste dalle norme previdenziali, l’Inps ha rilevato come gli italiani siano andati mediamente in pensione nel 2016 a 62 anni, 2 in meno della media europea. (Leggi anche: Pensioni, età e costi: e se ognuno uscisse da lavoro quando vuole?) https://www.investireoggi.it/economia/pensioni-eta-costi-ognuno-uscisse-dal-lavoro-vuole/

Nel 2015, la spesa per le pensioni ammontava a quasi 218 miliardi, a fronte di contributi versati da lavoratori, imprese e Pubblica Amministrazione (per i dipendenti pubblici) di 191,3 miliardi. In pratica, ogni anno l’Inps incassa tendenzialmente sui 25-26 miliardi in meno di quanti ne spende per le sole pensioni. Tale differenza viene coperta dallo stato, che attinge allo scopo dalla fiscalità generale. 

In realtà, quando si parla di previdenza, i costi sarebbero ben più elevati, se si considerano anche altre voci come la malattia, la cassa integrazione, le indennità di disoccupazione, incentivi all’occupazione, maternità, etc. Tuttavia, parlando di pensioni in senso stretto, il dato a cui fare riferimento sarebbe quello dei 218 miliardi di due anni fa. E, però, quello è un dato al lordo delle imposte versate dai pensionati e che al netto scenderebbe a 168,5 miliardi. Anche volendo scomputare la somma versata dalla PA per i contributi dovuti in favore dei dipendenti pubblici, l’Inps incasserebbe 172,2 miliardi, cioè 3,7 miliardi in più. In definitiva, lo stato italiano spenderebbe 25-26 miliardi ogni anno per coprire il “buco” che altrimenti l’Inps registrerebbe per via delle minori entrate, ma  allo stesso tempo dalle pensioni percepirebbe quasi 50 miliardi in forma di tassazione. Pertanto, al netto incasserebbe circa l’1,5% del pil, ovvero sui 25-26 miliardi. E se anche tenessimo in considerazione i contributi versati dalla PA, il saldo netto per lo stato resterebbe positivo per 4-5 miliardi all’anno, in quanto incasserebbe dalle pensioni oltre 49 miliardi di gettito fiscale, spendendo circa 44,5 miliardi in tutto.

Conti INPS in equilibrio, ma spese altissime

E allora sembra che i conti Inps siano piuttosto in equilibrio, analizzandoli insieme a quelli dello stato. Tuttavia, ragioni per essere preoccupati ve ne sarebbero. In primis, tali conti si reggono su una contribuzione nettamente più elevata della media OCSE. Da noi, su uno stipendio lordo si versa il 32,7% contro il 21%, percentuale che scende al 19,5% in Germania. La speranza di vita risulta, poi, in Italia mediamente di 2 anni più alta della media OCSE e al 2050 sarà cresciuta di ben 22 anni in appena un secolo. A fronte di ciò, il tasso di occupazione da noi si attesta appena al 58% contro la media europea del 66%, segnalando che a versare contributi siano meno lavoratori che altrove, pur dovendo sostenere una spesa pensionistica quasi doppia della media OCSE, alimentata anche da un tasso di sostituzione lordo (rapporto tra pensione e ultimo salario percepito) del 67,9% contro il 59%. 

In conclusione, i conti delle pensioni in Italia non sarebbero affatto squilibrati, nel senso che mettendo insieme quelli di Inps e stato, gli esborsi verrebbero più che coperti. Il problema è che questi risultano altissimi, obbligando lavoratori e imprese a versare una percentuale spropositata di contributi. Servirebbe alzare l’età pensionabile, ma partendo da quella effettiva, non agendo sempre e comunque sul requisito anagrafico, che in sé non assicura nemmeno un risparmio per le casse Inps, se nel frattempo viene consentito al lavoratore di trovare alternative per uscire prima dal lavoro, ricorrendo alla pensione anticipata. E per quanto sia impopolare dirlo, sarebbe opportuno accelerare sul taglio degli assegni, mantenendo i livelli minimi, così come bisognerebbe mettersi in testa, una volta per tutte, che senza un aumento considerevole del numero degli occupati, non c’è riforma che tenga. (Leggi anche: Sistema pensionistico in Italia fallito, cosa ci insegna il modello cileno) https://www.investireoggi.it/economia/pensioni-italia-sistema-salta-esiste-unalternativa/ 

Riappare “Cottarelli”

Dal quotidiano “La Stampa” apprendiamo che Carlo Cottarelli – ex Commissario per la revisione della spesa, licenziato da Renzi perché troppo bravo ed indipendente – è stato appena nominato Direttore del Nuovo Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano.
“La Stampa” del 17 u.s. ha pubblicato un suo articolo dal titolo “Conti pubblici. Basta rinviare il risanamento” che trae lo spunto da quanto ha detto al riguardo Katainen.

Sarà interessante seguire gli articoli futuri di Cottarelli per vedere quali misure verranno da Lui suggerite per il risanamento. Continuerà con le proposte fatte due anni fa e per le quali è stato ingiustamente cacciato?

http://www.lastampa.it/2017/11/17/cultura/opinioni/editoriali/conti-pubblici-basta-rinviare-il-risanamento-BRqaOtmhj7rjz86ip4gwGM/pagina.html

Nostro commento al “piano di Berlusconi” sulla sua pagina Facebook

Qui sotto troverete quanto abbiamo “commentato” sulla pagina Facebook di Berlusconi in merito alle sue recenti proposte per la terza età (Congresso di Senior Italia FederAnziani, Rimini, 19/20 novembre).

Come potete vedere, continuiamo a considerare una “PRIORITÀ” la chiarezza nei conti INPS, con conseguente separazione tra ASSISTENZA e PREVIDENZA.

Prendiamo atto che, fino ad ora, solo Berlusconi si rivolge ai pensionati attuali, essendosi evidentemente reso conto che essi rappresentano una forza elettorale consistente, come numero e come area di riferimento.

Ancora una volta ribadiamo che il problema pensionistico debba essere risolto una volta per tutte, non solo abolendo i privilegi ingiustificati ma modificando il modo di gestire l’INPS.

Per ora è tutto….

SB

Commento su facebook di Pensionati Uniti al piano Berlusconi per gli anziani

Perché i bilanci INPS sono inestricabili – 19.11.17

Ci chiediamo come mai il presidente dell’Inps Tito Boeri non si occupi degli “incasinati” bilanci del suo istituto invece di continuare ad attaccare i “pensionati d’oro a 2- 3.000 euro lordi mensili” dichiarando che (ultima sua esternazione) “… in Italia bisogna pensare di più ai bambini ed alle famiglie con bambini piuttosto che agli over 65 che sono stati meno colpiti dalla crisi …”.

Noi, molto sommessamente, gli ricordiamo che gli over 65, secondo uno studio del Censis, rappresentano attualmente il più importante ammortizzatore sociale nei confronti di quella torma di figli e nipoti disoccupati o sottoccupati con una spesa di oltre 6 miliardi annui.

Ma ritorniamo al tema del nostro intervento di cui il bocconiano dovrebbe sommamente occuparsi.

Oggi il debito netto dell’Inps nei confronti del bilancio dello Stato, cioè la differenza tra partite debitorie e creditorie, supera i 100 miliardi di euro. Da cosa deriva questa grossolana anomalia?

Dal fatto che sono disattese le regole che soprassiedono alla correttezza formale dei bilanci e della contabilità amministrativa. Infatti la normativa vigente (legge 88/1989) stabilisce che, in ragione del principio dell’equilibrio delle gestioni previdenziali dell’Inps, il bilancio dello Stato non possa coprire, con trasferimenti a carico della fiscalità generale, la differenza tra uscite per prestazioni della previdenza ed entrate contributive.

Al contrario, trasferimenti a titolo definitivo dal bilancio dello Stato sono possibili al fine di ripianare i disavanzi della gestione assistenziale Inps.

Secondo il vecchio adagio “fatta la legge, trovato l’inganno”, i responsabili-irresponsabili della nostra “cosa pubblica” sono subito ricorsi alla finzione contabile secondo cui le anticipazioni della Tesoreria statale (cioè il contributo della fiscalità generale) nei confronti dell’Inps per garantire il pagamento delle prestazioni erogate debbano essere intesi come “trasferimenti definitivi a titolo di finanziamento delle prestazioni assistenziali”, in ragione del criterio convenzionale (ed ingannevole) adottato, secondo cui viene definita “assistenza” una quota parte di ciascuna mensilità di pensione erogata.

La quota parte anzidetta, definita forfettariamente in 16.504 miliardi di lire nel 1988, mediante rivalutazione annuale e dopo la confluenza dell’Inpdap nell’Inps, veleggia oggi verso i 40 miliardi di euro/anno.

Anche la istituzione, nel 1989, della Gias (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali), già nell’ambiguità della titolazione, non ha chiarito il perverso intreccio tra assistenza e previdenza che c’è ancor oggi nell’Inps perché, accanto ad alcune prestazioni proprie incluse nella Gias (pensioni sociali, prepensionamenti, integrazioni al minimo dell’assegno ordinario di invalidità, oneri derivanti da agevolazioni contributive, sostegno alle disabilità, alla cassa integrazione, alla mobilità, ecc.), ce ne sono alcune che hanno invece chiara natura previdenziale, volte cioè a puntellare gestioni previdenziali carenti di adeguate contribuzioni, tanto passate quanto recenti.

E così nelle gestioni previdenziali Inps c’è (convenzionalmente, ma impropriamente) una parte di assistenza, mentre nelle gestioni assistenziali c’è una parte di previdenza, in modo da realizzare un perfetto “circolo vizioso”.

Oggi, purtroppo, c’è una maggioranza di gestioni previdenziali in disavanzo, ma se si interviene a coprire lo sbilancio tramite trasferimenti a titolo di anticipazione (anziché con trasferimenti a fondo perduto), l’Inps deve iscrivere tali risorse (di fatto: prestiti) in bilancio come debiti da restituire in futuro.

E tuttavia l’Inps può rimborsare solo le anticipazioni finalizzate a colmare semplici disallineamenti temporali tra entrate ed uscite, a loro volta causati da tardiva o mancata riscossione di contributi o trasferimenti.

Peraltro che i debiti cumulati dall’Inps non siano rimborsabili è dimostrato anche dalla mancata iscrizione, nel conto del patrimonio dello Stato, di un credito verso l’Inps, che di fatto risulterebbe inesigibile.

Ecco quindi la necessità periodica dello Stato di ripianare i debiti Inps susseguenti ad anticipazioni della Tesoreria: è già avvenuto per il periodo antecedente al 31/12/1995 con 121.630 miliardi di vecchie lire, ancora con circa 40mila miliardi di lire per il periodo 1996-1999, e poi ancora con 25,2 miliardi di euro a fine 2011 per ripianare le anticipazioni effettuate a vantaggio dell’Inpdap prima della confluenza nell’Inps, e certamente dovrà nuovamente intervenire per “mettere una pezza” rispetto ad una modalità di fare i bilanci che è francamente assurda.

Queste sono le principali conseguenze dei disordini e delle irregolarità prima evidenziate, peraltro chiaramente emersi nel Flash n. 6 del 3 agosto 2017 ad opera dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, da cui sono tratti dati e stime qui riportati, e cioè:

  • che i capitoli di spesa per gli interventi socio-assistenziali sono grossolanamente sotto dotati rispetto ai costi effettivi dei diritti soggettivi riconosciuti ai beneficiari;
  • che l’adeguamento, progressivo e crescente, del capitolo delle anticipazioni, formalmente destinate alle gestioni previdenziali, hanno finito in larga parte per finanziare lo sbilanciamento delle gestioni assistenziali;
  • che il “disavanzo previdenziale” dell’Inps (in realtà “disavanzo assistenziale”) è servito e serve da alibi (come dimostrato dai lavori e dai dati del professor Alberto Brambilla) per sottrarre diritti previdenziali (de-indicizzazione delle pensioni, contributi di solidarietà, ecc.) a chi ha correttamente lavorato ed adeguatamente contribuito;
  • che dirottare risorse dalla previdenza all’assistenza significa sottrarre ad alcuni soltanto, o comunque a pochi, diritti consolidati, mentre gli interventi assistenziali, o socio-assistenziali, vanno posti a carico di tutti attraverso la fiscalità generale e secondo i principi costituzionali della universalità e progressività del prelievo, metodi ineludibili quando si voglia di fatto operare una ridistribuzione dei redditi di ciascuno;
  • che i responsabili primi e veri dei disordini contabili dell’Inps sono gli esponenti delle forze politiche del nostro Paese, che perseguono l’attuale opacità nei bilanci per poter intervenire liberamente e con discrezionalità politica, al limite dell’abuso, a favore di categorie, clan, lobby, anche a costo di calpestare diritti di singoli individui o di intere categorie, sempre alla ricerca e nella speranza di poter “comprare voti” utilizzando risorse altrui, anziché meritare il consenso con la correttezza e la lungimiranza del loro agire politico.

Stupisce ed amareggia, tuttavia, vedere come in tanto disordine contabile tra previdenza ed assistenza, entrambe affidate ad un unico Ente gestore (Inps), l’Ufficio parlamentare di Bilancio, la Corte dei Conti, il ministro dell’Economia, il presidente del Consiglio dei ministri, la Tesoreria centrale dello Stato, lo stesso Cnel, si limitino a tenui rilievi.

Meglio non commentare il ruolo, oggi, della Consulta (che peraltro appare essa stessa confusa sui principi e valori della Costituzione vigente), ovvero i silenzi del presidente Inps, forse troppo impegnato nella veste impropria di “novello Robin Hood”, che vorrebbe togliere ai presunti ricchi per dare ai presunti poveri, peraltro con insindacabile autorità di giudizio.

Michele Poerio, Segretario Generale Confedir e Presidente Naz.le Federspev

Carlo Sizia, Comitato Direttivo Naz.le Federspev

Stefano Biasioli, Comitato Direttivo Naz.le Federspev e Past President Confedir

Pubblicato su: http://formiche.net/2017/11/19/perche-i-bilanci-inps-sono-inestricabili/  il 19.11.17

Le “BALLE di BOERI” – 19.11.17

Alcune settimane fa il solito BOERI, parlando a vanvera davanti ad una Commissione parlamentare, aveva sostenuto che – per salvare i conti dell’INPS – ci sarebbero voluti 140.000 immigrati all’anno.

Ovviamente, NOI LEONIDA e NOI PENSIONATI ESASPERATI, non gli abbiamo creduto. Era una balla. Ora che fosse una balla l’ha dimostrato una indagine di CONFESERCENTI che (La Verità del 18.11.17, pag.3) ha dimostrato che su 84.659 IMPRESE STRANIERE (relative al commercio ambulante) ben 70.421 (pari all’83,2%) NON VERSANO CONTRIBUTI all’INPS.

Ossia non solo non sostengono il welfare ma alimentano il mercato dell’abusivismo. Confesercenti scrive “esiste una chiara correlazione tra titolarità straniera e irregolarità delle imprese, soprattutto dal punto di vista contributivo”. Ma non finisce qui. Infatti, con la segnalazione dell’inizio di attività alle Camere di Commercio, gli stranieri possono chiedere un permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Credete forse, Voi pensionati, che Boeri smentirà questi dati? Noi No, non lo crediamo.

Il “bocconiano” non accetta discussioni che contaminino il suo “verbo” !