Pensioni a gogo…

Premessa di Stefano Biasioli:

Chissà perché, ma a fine anno, improvvisamente, i giornali si riempiono di notizie pensionistiche, le più varie.

Ve ne faremo un estratto, ma i testi integrali sono nella sezione DOCUMENTI di questo sito.

20/12/2017: Taglio alle pensioni d’oro: ecco perché non si può parlare di ingiustizia (IlFattoQuotidiano, pag.16)

Si tratta di un articolo (scritto da Ugo ARRIGO) che le pensioni di anzianità in corso sono tutte sovrastimate rispetto ai contributi versati. L’articolo è basato sui dati ISTAT 2014 (23,2 milioni di pensioni, 16,3 milioni di pensionati; importo pensionistico medio= 12.000 euro lordi/anno).

  • Pensioni over 3.000 euro lordi/mese= 745.000 in tutto, con spesa totale=29,4 miliardi.

In dettaglio:

  • Pensioni tra 3 e 5.000 euro lordi/mese= numero 560.000
  • Pensioni da 5 a 10.000 euro lordi/mese= numero 176.000
  • Pensioni >10.000 = numero 9.000

Si tratta di numeri “noti” a molti tranne che a Di Maio, il quale pretenderebbe di recuperare da questi soggetti circa 12 miliardi di euro, con tagli pensionistici pari al 40% ! (Nota di Pensionati Esasperati)

Ancora, se – invece di basarsi sul numero delle pensioni si fa riferimento ai singoli pensionati (16,3 milioni; ovvero 1,42 pensioni/pensionato) allora si arriva ad una spesa previdenziale di 52 miliardi per la fascia pensionistica > 3.000 euro, con reddito medio di 52.000 euro/lordi/anno.

A questo punto, Ugo Arrigo cita il solito articolo dei fratelli Patriarca (lavoro.info, 2013) che hanno calcolato – per le pensioni erogate dal 2008 al 2012- l’eccesso % di importo rispetto ai contributi effettivamente versati .

Nota di PENSIONATI ESASPERATI: è il famoso lavoro che è alla base delle “sparate” di Boeri. i Patriarca non ci hanno mai spiegato come siano riusciti ad ottenere i dati INPS e come abbiano calcolato queste discrepanze…Sono dati reali INPS o si tratta di dati ipotetici, estratti dal cilindro di un mago “economista” e da un algoritmo teorico?

Comunque sia, secondo i Patriarca, TUTTI I PENSIONATI ATTUALI avrebbero pensioni superiori ai contributi versati, secondo queste %:

a) <1.000 euro/lordi/mese = + 19% ;

b) da 1.001 a 1.499 euro/lordi/mese = +29%;

c) da 1.500 a 1.999 euro/lordi/mese = +36%;

d) da 2.000 a 2.499 euro/lordi/mese = +40%;

e) da 2.500 a 2.999 euro/lordi/mese = +44%;

f) >3.000 euro/lordi/mese = +52%.

La conclusione di Arrigo è che, applicando un criterio “corretto”, si potrebbero “risparmiare” circa 17,4 miliardi di euro/anno, invece degli ipotizzati 12. Secondo Lui… “non si può continuare così…” (!!). 

Nota di PENSIONATI ESASPERATI: il +19% delle pensioni <1.000 euro ha a che fare con l’ASSISTENZA e non con la PREVIDENZA. Pertanto i costi relativi vanno messi a carico dello Stato e di chi ha fatto esplodere la spesa assistenziale ! Per quanto riguarda il resto, i conteggi dovrebbero essere fatti sui NUMERI REALI (=buste paghe di una vita lavorativa). Se il sistema è passato da retributivo a contributivo dal 31/12/15…..si è trattato di una scelta politica, tardiva rispetto alle regalie pensionistiche dal 1960 fino al 1995….!

Ed allora, vorreste cambiare le regole, ora, sulle pensioni in essere ? Non bastano i tagli degli ultimi 20 anni e/o di quelli dal 2008 in poi?

22/12/2017 : Sempre meno pensionati ed il reddito è in aumento (L’ARENA, 22/12/17, pag. 7, dati ISTAT).

Il numero dei pensionati 2016 è calato a 16,1 milioni:  sono 115.000 in meno rispetto al 2015; e 715.000 in meno rispetto al 2008, quando erano 16,8 milioni. Il loro reddito medio è di 17.850 euro lordi annui (+257 euro rispetto al 2015) pari a 1.487 euro/mese per 12 mensilità o 1.373 euro/mese x 13 mensilità. Le donne rappresentano il 52,7% del totale dei pensionati. 436.000 pensionati continuano a lavorare.

29/12/2017: REDDITI UNIVERSALI, promesse elettorali con molti buchi (IlFattoQuotidiano, pag. 10; articolo di Stefano Feltri).

“Niente tasse sotto i 1.000 euro ” (S. Berlusconi); ” Con il reddito di cittadinanza una famiglia di 2 pensionati avrà più di 1.150 euro/mese” (L. Di Maio); “Proponiamo il reddito di inclusione” (M. Renzi).

Promesse, promesse, promesse… E le coperture ? (NdR).

29/12/17: L’UFFICIO RELAZIONI INPS reagisce all’articolo di L. Stevanato (L’Arena 27/12 e  L’Arena, 29/12/17, pag.25)

Evidentemente (NdR) l’articolo di Stevanato ha “dato fastidio” in “casa Boeri”. Era quello che Noi LEONIDA ESASPERATI volevamo. Dare fastidio e stuzzicare la politica e il Prof. Boeri, per costringerli a dire la verità sui loro “progetti” a danno di Noi pensionati. E così, con questa lettera all’Arena, l’INPS reagisce all’articolo del “nostro” Lorenzo Stevanato scrivendo: “… che non è vero che Boeri proponga di colpire le pensioni over 2.000 euro lordi/mese….la sua idea è quella di colpire le pensioni over 5.000 euro/lordi/mese ed i vitalizi…”.

Nostro commento: il documento di Boeri (Non per cassa ma per equità) ripropone le sue vecchie idee e quelle dei 2 fratelli Patriarca, basate sul lavoro citato nella nostra nota del 20/12/17. Se i pensionati INPS superiori a 5.000 euro lordi/mese sono circa 185.000, quanti denari possono essere “tagliati a costoro” ed “a che scopo” ?. Solo tagli sui  grossi numeri (esempio quelli degli over 3.000 euro lordi/mese in su) potrebbero portare a consistenti “cifre di risparmio” !

Pane al pane e vino al vino ! Non subiremo passivamente queste idee, questi progetti, queste tendenze !

Quindi le idee del gruppo Boeri-Patriarca sono senza dubbio PERICOLOSE e DA COMBATTERE, perché costoro – da almeno 10 anni – attentano alle “pensioni medio-alte”, quelle frutto di contributi versati e non di regalie, come quelle assistenziali di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni.

03/01/2018: LA VERITA’ MALCELATA sulle NOSTRE PENSIONI ( Corsera, pag. 26, articolo di A. Alesina e F. Giavazzi).

Scrivono costoro (riassunto) ” …solo tagliando del 40-60% circa tutte le pensioni superiori a 2.370 euro netti/mese (670.000 pensionati, con un costo di 41 miliardi/anno) si potrebbe azzerare la legge Fornero….Atto incostituzionale….Quindi occorre risolvere il problema allungando la vita lavorativa e utilizzando gli immigrati, come dice Boeri ( …”8 miliardi di contributi versati, con 3 di spesa sociale ed un attivo per l’INPS di 5 miliardi/anno….” !?!?!…..).

Nostro commento: agli illustri economisti consigliamo di:

a) controllare i numeri delle fasce pensionistiche;

b) contattare l’UFFICIO RELAZIONI INPS e BOERI per chiarirsi le idee sui numeri e sulle cifre, legate ai possibili (ma incostituzionali) tagli.

Domande scabrose ai partiti politici prima del voto del 4 marzo 2018

Qui di seguito troverete una serie di domande che noi Leonida vorremmo sottoporre a tutti i partiti dell’arco costituzionale, in modo da ottenere risposte concrete entro la metà di febbraio, quindi ben prima della data delle elezioni.

Ve le sottoponiamo in sequenza e Vi chiediamo di esprimere la Vostra opinione, compilando le zone apposite dell’allegato documento inviandolo poi all’indirizzo e-mail: pensioniarischio@gmail.com .

Metodo di compilazione (del documento in PDF):

1 – Aprire il PDF

2 – Andare sulla parte in alto a destra “Compila e firma”

3 – Scegliere, ad ogni domanda, il segno “Aggiungi segno di spunta” e trascinarlo nel riquadro relativo alla Vostra risposta.

4 – Salvare il Documento prima di chiuderlo.

5 – Inviare per e-mail.

5 quesiti ai politici

 

Resoconto breve del Convegno di Padova (21.12.2017)

Buona l’affluenza dei Pensionati Veneti, oggi pomeriggio.

Con una quarantina di slides Biasioli (vedi nella sezione “documenti” del sito, con il titolo “Slides Padova 21.12.17”) ha riassunto la situazione pensionistica attuale, commentando criticamente e dettagliatamente la Sentenza 250/17 della Consulta che, con una decisione “politica e non tecnica” ha rigettato le migliaia di ricorsi contro la legge 109/2015.

L’assemblea ha discusso animatamente dei problemi e degli effetti della suddetta Sentenza, concordando sulla violazione dell’art. 38 della Costituzione. L’Avv. Carruba ha ulteriormente chiarito le varie possibilità di impugnare la Sentenza 250/17, in diverse sedi istituzionali, comprese quelle europee.

Tutti i presenti si sono compiaciuti della manifestazione pensionistica programmata per il 7 febbraio 2018 dal Forum Pensionati, che racchiude una quindicina di organizzazioni pensionistiche di varia estrazione tra cui: Leonida, FEDERSPeV, CONFEDIR, DIRSTAT, CISAL …..

In massa i presenti hanno sottoscritto il modulo di pre-adesione alla nuova azione legale 2018 presso la CEDU di Strasburgo.

Ad oggi, così, le adesioni superano largamente il centinaio.

Vi forniremo ulteriori notizie a breve, dopo le festività.

Cogliamo l’occasione per porgere a Tutti i frequentatori del nostro sito i migliori Auguri per il nuovo anno. Ne abbiamo bisogno Tutti !

 

RECENSIONE del libro “PENSIONI: LA RIDUZIONE DEL DANNO”

Vi giro questa mail con la quale io e il mio amico Piero Pistolesi abbiamo recensito il libro di Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi “Pensioni: La Riduzione del danno”. Poiché seguite la materia previdenziale credo che sia bene conoscere ciò che bolle in pentola al Ministero del Lavoro al quale darà manforte il Movimento 5 Stelle che tramite il suo più insignificante esponente e cioè Di Maio ha già avuto modo ieri sera di esprimersi dalla Gruber sulle pensioni.     (Michele Caponi)

Cari amici, io insieme a Piero Pistolesi voglio segnalarvi questo libro che è un libro pieno di inesattezze, omissioni e di basso valore tecnico, ma di alto valore politico. Perché dico questo? Semplice: perché questi due autori sono da anni nella Commissione Lavoro della Camera e si occupano di previdenza a stretto contatto con il Ministero del Lavoro. Ora ricordo che i politici possono cambiare, ma i dirigenti del Ministero del Lavoro no. Da quando poi la Fornero ha avocato al Ministero del Lavoro quello che era il compito del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, leggere il pensiero di questi due esponenti del PD significa capire quale potrebbe essere lo scenario futuro delle riforme previdenziali o almeno il tentativo che le multinazionali dell’alta finanza hanno in animo di fare tramite i loro servi sparsi nel mondo politico e dei media.

Nell’appunto allegato sono elencati gli aspetti del libro che più ci hanno colpito. Purtroppo prenderne visione personalmente, come sarebbe giusto fare, comporterà una spesa (13 euro) che andrà a favore di due mediocri cultori della materia che meriterebbero piuttosto di essere ignorati.

Michele

Libro di Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi “PENSIONI: la RIDUZIONE del DANNO”. 

Recensione critica di Michele Caponi e Piero Pistolesi.

ALCUNE CONSIDERAZIONI:

  • Sono stati ignorati e volutamente sminuiti alcuni effetti importanti delle riforme Amato e Dini perché non si pensasse che il sistema fosse stato definitivamente messo in equilibrio. Basta ricordare che Dini affermò che con tale riforma si sarebbe messo in sicurezza il sistema fino al 2050.
  • Della riforma Dini non si parla della revisione del meccanismo della pensione di reversibilità che in presenza di redditi del coniuge superstite può arrivare fino al 50% di riduzione (quindi il 50% del 60%).
  • Sull’introduzione del sistema contributivo con la riforma Dini, la conservazione del sistema retributivo per i lavoratore che al 31 dicembre del 1995 avessero maturato 18 anni di contributi, viene presentata come il mantenimento di un privilegio e non come la scelta del legislatore di adottare un criterio di gradualità, anche in relazione alla disponibilità di un arco temporale sufficiente alla costruzione del “secondo pilastro”. Non viene riferito che tra l’alternativa contributivo/retributivo la riforma Dini prevedeva anche la possibilità di un regime misto, cosa che ne avrebbe sottolineato ancora una volta la scelta di un criterio graduale (noi peraltro rimaniamo dell’idea del mantenimento del sistema a ripartizione contro la proposta di un sistema a capitalizzazione con la reintroduzione per tutti del calcolo della pensione con un sistema retributivo legato alle retribuzioni dell’ultimo periodo lavorativo, seppur ampio).
  • Sulla riforma Amato del 1992 viene ignorato il fatto che il rendimento del 2% della media retributiva scende rapidamente fin sotto l’1% sopra la prima fascia di retribuzione pensionabile (oggi 46000 euro l’anno) per cui si ottiene non solo una riduzione drastica delle pensioni alte, ma si introduce un significativo criterio solidaristico e redistributivo di ricchezza. Dal considerare gli ultimi 5 anni di retribuzione si passa ai 10 anni. Viene modificato il meccanismo di perequazione automatica delle pensioni al costo della vita sganciandole dalla variazione dei salari dei lavoratori dell’Industria (che è tuttora invece presente in Germania). L’adeguamento al costo della vita da semestrale diventa annuale.
  • Ci sono delle gravi inesattezze come quella di attribuire le finestre (definite nel libro un’aberrazione) ad un governo di destra (si fa riferimento alla cosiddetta finestra mobile di 12/18 mesi) mentre le finestre sono nate con la riforma Dini, che ne istituiva quattro per le pensioni di anzianità; successivamente Maroni le ridusse a due mentre Prodi ne ampliava la platea, estendendole anche alle pensioni di vecchiaia.
  • Non si è sottolineato il fatto che lo “scalone” di Maroni in realtà era stato preavvisato con 4 anni di anticipo, ma che, una volta caduto il Governo di centro-destra, si sono dovuti fare i salti mortali per far finta di demolire quello “scalone”. Né si fa riferimento al cosiddetto “superbonus” previsto sempre dalla riforma Maroni. La riforma in questione prevedeva, per chi avesse maturato il diritto alla pensione di anzianità e decidesse di rimanere al lavoro, il congelamento della pensione maturata ed il riconoscimento nella busta paga dei contributi a suo carico e a carico del datore di lavoro, come retribuzione esente. Gli aspetti positivi di questa misura sono nell’incentivare la permanenza in servizio, anziché disincentivare il pensionamento, nell’affermare – senza ombra di dubbio e nei fatti – la natura retributiva dei contributi previdenziali e nel certificare l’entità della pensione maturata, che difficilmente sarebbe stato possibile modificare in futuro.
  • Non è stato dato risalto alla mancanza di un criterio solidaristico all’interno del calcolo contributivo della pensione, presente invece nel calcolo retributivo.
  • Non si è fatto alcun cenno alle varie sospensioni della perequazione della pensione e alle parziali rivalutazioni e all’aumento della loro tassazione sopra un certo importo (non certo d’oro) che hanno determinato una perdita del potere d’acquisto delle pensioni del 10% negli ultimi 10 anni, del 30% negli ultimi 20 (complice anche il passaggio all’euro) ed oltre il 30% per gli assegni più vecchi.
  • Che il blocco della rivalutazione della riforma Monti-Fornero, dapprima dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte e poi costituzionale da una successiva sentenza di una Corte Costituzionale i cui nuovi membri erano stati accuratamente selezionati, non salvava neppure i pensionati più vecchi che avevano già subìto precedenti blocchi
  • Si è dato un gran risalto alle 8 salvaguardie degli esodati come fosse una conquista e non il semplice rispetto del patto cittadino-Stato peraltro per un numero di circa 150.000 pensionandi su 16 mln di pensionati e per un tempo limitato di anni. Non si è detto che gli “esodati” facevano parte, in maggioranza, del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti che era sempre stato in attivo.
  • Non si è parlato di Inpdap e della sostituzione di Mastrapasqua, che aveva osato dichiararsi preoccupato per i bilanci dell’INPS, al quale l’allora presidente della Commissione Lavoro della Camera Maurizio Sacconi aveva replicato dicendo che non c’era alcun problema di sostenibilità del sistema pensionistico nel breve, nel medio e nel lungo periodo.
  • Il progetto di riforma Damiano-Gnecchi, pur senza metterlo in discussione, prende atto che il sistema contributivo a capitalizzazione virtuale (definito in passato dal Professor Mario Alberto Coppini –luminare di statura mondiale della materia- un ritorno alla preistoria della previdenza pubblica) non è in grado di assicurare pensioni dignitose e prevede una sorta di ripristino dell’integrazione al trattamento minimo a carico della fiscalità generale. Tutto questo a fronte di una riduzione strutturale delle aliquote contributive, data per inevitabile! Praticamente si andrebbe verso la trasformazione in un sistema assistenziale del sistema previdenziale italiano, al pari di quello inglese o danese con perdita dell’aggancio al tenore sociale raggiunto alla fine dell’attività lavorativa. La nuova forma di importo minimo garantito, infine, potrebbe incentivare l’evasione fiscale e contributiva, come già avveniva con l’integrazione al minimo.
  • Si vuole per il motivo di cui sopra che il mantenimento del tenore sociale raggiunto a fine vita lavorativa si possa ottenere solo con la previdenza complementare, cosa che comporterebbe il raggiungimento di questo obbiettivo solo per i dipendenti di grandi aziende in buona salute e per figure gerarchiche alte che farebbero confluire le riduzioni contestuali della contribuzione obbligatoria sulla previdenza integrativa e sempre in dispregio del criterio solidaristico eliminato dalla riforma Dini. Questo naturalmente se gli investimenti dei contributi accantonati daranno i loro frutti, il che è del tutto aleatorio. Trasformare quello che chiamavamo secondo pilastro nel primo va a vantaggio solo dei gestori di risparmio.
  • Si sono dedicate solo due pagine ai sistemi pensionistici degli altri Paesi limitandosi solo a Francia, Regno Unito e Germania. Personalmente non conosco quello francese, ma quello tedesco per quanto ne so riconosce il 60% dello stipendio goduto nell’ultimo anno di lavoro (con 40 anni di contribuzione) e le pensioni sono defiscalizzate e agganciate all’aumento delle retribuzioni dei lavoratori dell’Industria (come era da noi prima della riforma Amato). Della pensione inglese poi si tace che il sistema pensionistico inglese è improntato a ben altri criteri e la contribuzione obbligatoria pagata dai lavoratori è un terzo di quella italiana
  • Resta positiva e più che condivisibile la chiara ed inequivocabile critica alla riforma Fornero che “ha creato più danni di quanti ne abbia risolti”.
  • Gli autori soffiano sul fuoco del “conflitto generazionale” quando si riferiscono ai cosiddetti Baby boomers, i nati tra il 1946 e il 1964: una generazione che ha beneficiato di un prolungato periodo di sviluppo economico. Ciò ha permesso di sostenere dei sistemi pensionistici robusti, basati sul criterio retributivo (a prestazione definita). La pensione è correlata alle retribuzione degli ultimi anni di lavoro.   Il boom delle natalità nell’arco di tempo indicato è un fenomeno che si è verificato negli Stati Uniti ed è li che il termine è nato. In Italia non c’è stato boom demografico e se vogliamo dare al termine il significato di “figli del boom economico” allora dobbiamo riconoscere che di un prolungato periodo di sviluppo economico hanno beneficiato anche i genitori dei cosiddetti baby boomers. Così il robusto sistema pensionistico è toccato in sorte prima ai genitori dei baby boomers (cosa della quale siamo assolutamente contenti e non abbiamo rivendicazioni da fare nei confronti di chi non c’è neanche più). Il sistema pensionistico a “ripartizione” e i contributi degli attivi (baby boomers) hanno consentito il pagamento delle pensioni dei loro nonni e genitori. Tali pensioni erano calcolate sulla base delle ultime retribuzioni. Perfino le ferie non usufruite nel corso degli anni di lavoro venivano liquidate con l’ultima retribuzione prima della cessazione, maggiorate del 20%, ed entravano a far parte del calcolo della pensione. Nulla di illegale, va detto. L’età per la pensione di vecchiaia era di 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. La possibilità di andare in pensione di anzianità si maturava generalmente a 57 anni.   Ma certo ora fa comodo riferire il “prolungato periodo di sviluppo economico” e il “robusto sistema pensionistico” solo ai cosiddetti baby boomers (gli altri non ci sono più), per alimentare odiose fratture tra padri e figli, giustificare proposte di ulteriori tagli anche retroattivi, calpestando i diritti acquisiti.

 

Nel saggio Damiano-Gnecchi Il mercato del lavoro sembra assumere le sue configurazioni in modo quasi naturale, a prescindere dall’intervento umano.

In questa prospettiva viene ad essere ignorata l’inevitabile dialettica capitale-lavoro e consegnata alla storia passata l’organizzazione di forze politiche e sindacali in grado di influire sui processi economici e produttivi.

Viene ignorata inoltre una copiosa attività legislativa diretta ad andare incontro alle sole esigenze del capitale e acriticamente rispondente alla, quando non compartecipe creatrice della, “configurazione assunta dal mercato del lavoro”.

Pur riconoscendo che “l’affermarsi dell’ideologia neoliberista e gli interessi del capitalismo finanziario hanno dominato la politica economica e la politica sociale, determinando la precarizzazione delle forme di impiego a partire dagli anni novanta”, si pone l’accento soprattutto sul problema demografico per concludere che ben prima della crisi iniziata nel 2007, “la configurazione pensionistica aveva mostrato la corda per ragioni demografiche”.

La ricetta finisce per riassumersi in una riduzione del ruolo della previdenza pubblica, fino ad una sua trasformazione in assistenza (ricordiamo la proposta di Tito Boeri di definire l’INPS “Istituto della protezione sociale”) e nella sua sostituzione con la previdenza privata.

Roma 7 dicembre 2017

Michele Caponi e Piero Pistolesi

La “Fake-News” di Di Maio – Parte 3

DI MAIO È UN POPULISTA SPROVVEDUTO ed IGNORANTE !!!!

Di Maio ha detto che vorrebbe recuperare 12 miliardi dalle pensioni “ricche” per sistemare i guasti causati dalla legge Fornero.

Di MAIO è un “IGNORANTE” perché IGNORA i COSTI PENSIONISTICI ed IGNORA I SALASSI FATTI (anni 2012-2018) ai PENSIONATI, dai governi Monti-Letta-Renzi e Gentiloni.

Tra contributo di solidarietà e mancata rivalutazione delle pensioni e tasse varie, i Pensionati INPS con PENSIONE SUPERIORE a 4 VOLTE IL MINIMO INPS (ossia > 2000 euro lordi/mese) SONO GIA’ STATI SALASSATI (stime minimali !) per CIRCA

a) 28,900 miliardi (=1.000 euro/anno – di media – per 7 anni x 2.407.475 pensionati da 2.000 a 5.000 euro lordi/mese)

b) 1,85 miliardi (=10.000 euro/anno – di media – per 7 anni x 184.936 pensionati over 5.000).

In tutto, 30,75 miliardi di “furti pensionistici” cui vanno aggiunti circa 43 miliardi di TASSE/anno…..

Solo i pensionati INPS sono stati chiamati a tamponare la crisi economica dell’INPS (legata al “rosso” causato dall’assistenza e non dalla previdenza) !

CUI PRODEST , se il debito pubblico è cresciuto, sotto i governi PD ?

Di Maio, di certo, non è stato taglieggiato dallo Stato italiano, così come i vitalizi dei parlamentari e politici vari non hanno subìto confische, in questi 7 lunghi anni ….!

La “Fake-News” di Di Maio – Parte 2

DI MAIO È UN POPULISTA SPROVVEDUTO ed IGNORANTE !!!!

Di Maio ha detto che vorrebbe recuperare 12 miliardi dalle pensioni “ricche” per sistemare i guasti causati dalla legge Fornero.

Di MAIO è un “IGNORANTE” perché IGNORA i COSTI PENSIONISTICI. Infatti per recuperare quella cifra dovrebbe :

a) sospendere per un anno il 71% del costo delle pensioni relative ai pensionati (n°= 184.936 ) con pensioni over 5.000 euro lordi/mese (costano 16,919 miliardi/anno)….. un taglio del 71% !!! oppure

b) tagliare del 12% annuo (12%) le pensioni con valori lordi da 2000 euro in su (2.592.411 pensioni), il cui costo complessivo è di 99,426 miliardi/anno (NB: per quanti anni…NdR?)

c) PERDERE IL VOTO di 2,5 milioni di PENSIONATI INPS e delle LORO FAMIGLIE !

La “Fake-News” di Di Maio – Parte 1

SOLO uno SPROVVEDUTO come DI MAIO POTEVA AVERE UNA IDEA COME QUESTA: “… Tagliare le pensioni ricche per recuperare 12 miliardi con cui annullare gli effetti della legge FORNERO…”.

Con queste affermazioni DI MAIO DIMOSTRA:

a) di NON CONOSCERE IL PROBLEMA PENSIONISTICO (non ha mai lavorato in vita sua…ed è arrivato al Parlamento grazie a Grillo…);

b) di NON SAPER FARE di CONTO;

c) di ESSERE UN FIGLIO di BUONA DONNA che, per ottenere consenso, vuole stravolgere i DIRITTI ACQUISITI;

d) di essere POLITICAMENTE INAFFIDABILE ed AUTOLESIONISTA.

NOI PENSIONATI ESASPERATI ORA NON ABBIAMO DUBBI: NON VOTEREMO i 5S, perché vogliono massacrare le pensioni lorde superiori ai 2300 euro lordi/mese!

 

PENSIONI d’ORO: nuovo capitolo

Recentemente, il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, intervistato a “Radioanch’io” ha proposto il taglio delle pensioni al di sopra dei 3000 euro lordi mensili (2300 netti circa).

Con il risparmio di spesa che si ricaverebbe, stimato da Di Maio in 12 miliardi, si potrebbe finanziare – egli sostiene – l’abrogazione della legge Fornero.

Successivamente, l’ufficio comunicazione M5S ha precisato che Di Maio, riferendosi alle “pensioni d’oro”, intendeva assegni pensionistici superiori a 5 mila euro netti, e che il risparmio di spesa di 12 miliardi di euro “sarebbe su più anni”.

In effetti, il dato sul risparmio di spesa è del tutto fuori della realtà, se riferito alla soglia 5000, e molto sovrastimato, se riferito alla soglia 2300.

Il segretario del PD Renzi non ha mancato di polemizzare con Di Maio, in quanto sarebbe “una follia” tagliare pensioni nette di 2300 euro, affatto “d’oro”.

Come si vede, il tema del tagli alle pensioni cd. “d’oro” tiene banco in campagna elettorale.

La proposta dei Cinque Stelle appare demagogica ed illiberale.

Si tratterebbe a tutti gli effetti di un’espropriazione che andrebbe ad incidere sui diritti quesiti dei pensionati e delle loro famiglie, modificando in maniera inaudita la loro vita.

Basti solo dire che questi pensionati ricevono una pensione che rappresenta la restituzione assicurativa dei contributi, versati durante una vita di lavoro, sui quali hanno fatto legittimo ed incondizionato affidamento.

Una misura del genere dovrebbe in ogni caso prevedere il diritto alla restituzione di tutto il montante dei contributi versati durante la vita lavorativa, poiché la pensione che ricevono non è un regalo. Ma questo non viene nemmeno preso in considerazione dai Cinque Stelle.

Nemmeno le idee renziane, però, possono far star tranquilli i pensionati c.d. “d’oro”.

Il consulente economico Gutgeld, pur escludendo interventi nell’immediato, aveva ammesso qualche mese fa che un vero ed efficace risparmio di spesa si sarebbe ottenuto (solo) arrivando a tagliare le pensioni medie di 2000-2500 euro lorde.

Anche il presidente dell’INPS Boeri, nominato da Renzi, aveva proposto, non molto tempo fa, il ricalcolo al ribasso, con metodo contributivo o forfettario, delle pensioni al di sopra di 2000 euro.

Il paradosso è che la spesa pensionistica sorretta da contributi nulli o inadeguati è, generalmente, quella che si situa ai livelli più bassi (pensioni integrate al minimo, baby-pensioni, pensioni sociali, pensioni di invalidità)!

Quello che Tutti dovrebbero sapere

Che le pensioni (ed i pensionati) siano nell’occhio del mirino del Governo, è un fatto incontestabile.

Contributi di solidarietà e blocchi, totali o parziali, delle rivalutazioni pensionistiche sono un dato di fatto che dimostra ampiamente l’assunto.

Non è tutto.

Esponenti del Governo, forze politiche, consulenti economici e fiancheggiatori vari del partito di maggioranza relativa prospettano ed auspicano interventi di ricalcolo delle pensioni (al ribasso, of course) o l’introduzione di nuovi e più estesi “contributi di solidarietà” o addirittura tagli lineari alle pensioni, sopra una certa soglia.

E’ stato anche presentato, da un variegato numero di parlamentari, un progetto di legge costituzionale (proposta di legge n. C3478) inteso a riformare l’art. 38 della Costituzione, all’evidente scopo di rimettere in discussione i trattamenti pensionistici già liquidati.

Tale proposta di modifica costituzionale, dietro il paravento letterale dell’equità, ragionevolezza e non discriminazione tra generazioni, alle quali si dovrebbe ispirare l’azione dell’INPS, nasconde il vero intento di sterilizzare il bilancio previdenziale: i pensionati più abbienti dovranno sacrificare una parte della loro pensione a favore di quelli più bisognosi, senza che il bilancio dello Stato pubblica ne sia gravato.

Sennonché i “pensionati poveri” sono quelli che non hanno versato contribuiti, o ne hanno versati pochi, in rapporto al trattamento goduto.

Non c’è niente di male, anzi, che sia garantita anche a loro una vecchiaia dignitosa.

Ma perché far pagare le loro pensioni ad altri pensionati, in una logica redistributiva, anziché dall’intera collettività attraverso la fiscalità generale?

Si tratta, infatti, incontestabilmente di una spesa assistenziale e non previdenziale.

Ecco dunque, in tutta la sua gravità, il male che affligge il sistema previdenziale italiano: la commistione tra assistenza e previdenza.

Già, perché molti trattamenti pensionistici, erogati dall’INPS, sono poco o nulla sorretti da adeguata contribuzione: pensioni integrate al minimo, baby-pensioni e, in generale, pensioni assistenziali e sociali.

Ma anziché separare convenientemente le due categorie di spesa, si mantiene, anzi si aumenta la confusione tra esse.

Eppure, secondo l’art. 41 della legge n. 88 del 1989 , va assicurato l’equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali. Dunque, il bilancio dello Stato non deve coprire con trasferimenti a carico della fiscalità generale la differenza tra uscite per prestazioni della previdenza ed entrate contributive: vanno invece adeguate le aliquote contributive.

Già, ma qual è il bilancio previdenziale?

Coerenza vuole che, in un sistema previdenziale a ripartizione come quello vigente, in cui i contributi incamerati in un determinato periodo vengono utilizzati per finanziare le pensioni erogate in quello stesso periodo, l’entità dei contributi sia proporzionalmente commisurata.

Ed è quello che prevede l’inapplicato (ma vigente) art. 41 della legge n. 88 del 1989, sopra menzionato.

Ovvio che, invece, questa coerenza viene scardinata dalla confusione tra erogazioni previdenziali ed assistenziali.

Oltretutto, la gestione assistenziale, pure affidata all’INPS, presenta contorni tutt’altro che ben definiti.

Il 3° comma, lett. c, dell’art. 37 della legge n. 88 del 1989 ci fa capire molte cose: una “quota parte” di TUTTE, INDISCRIMINATAMENTE, le pensioni è qualificata come assistenziale.

Si tratta di un dato puramente empirico e convenzionale.

In concreto, è stata fissata una certa cifra nel 1988 (16.504 miliardi di lire) rivalutata annualmente. Nel 2016 si è trattato di 20,3 miliardi di euro che sono stati trasferiti all’INPS dal bilancio dello Stato, per coprire il disavanzo delle gestioni previdenziali (vd., sul punto, la relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, flash n. 6, reperibile sul sito istituzionale www.upbilancio.it).

Ma quali sono le pensioni che hanno bisogno di questo sostegno assistenziale, e quali invece no?

Quali più e quali meno?

Non lo sappiamo.

E come si fa a stabilire se, e quanto, aumentare le aliquote contributive per mantenere in pareggio il bilancio previdenziale, ex art. 41 legge n. 88 del 1989?

Nemmeno possiamo saperlo, se non sappiamo precisamente qual è il bilancio (strettamente) previdenziale, nella descritta “confusione assistenziale”!

Articolo di Lorenzo Stevanato (Magistrato in pensione) pubblicato il 19.12.17 su Formiche.net  Quello che tutti dovrebbero sapere sui bilanci Inps