…ecco un Nostro Articolo… SUL PNRR in tema di Sanità Pubblica

TUTTI i POSSIBILI EFFETTI del PNRR in TEMA di SANITÀ PUBBLICA

Articolo di P. Gonella e S. Biasioli

La pandemia Covid sembra aver smosso le acque, in Europa e in Italia. Ci sono voluti almeno 150.000 morti italiane, indotte direttamente o indirettamente dal Covid, per indurre l’Europa prima e il Governo italiano (poi) a prevedere all’interno del Pnrr un finanziamento specifico per una drastica riforma del Ssn italiano, datato 1978 e con pochi ritocchi da allora.

In un recente articolo abbiamo ricordato che, da almeno 25 anni, ci stiamo battendo per una modernizzazione del Ssn, volta ad evitare un suo declassamento, per l’evidente incapacità delle strutture sanitarie previste e create dalla legge 833 (1978-2021) di far fronte ai nuovi bisogni sanitari e al drammatico cambiamento delle patologie più gravi e a maggior consumo di risorse.

Il dramma del Covid – e i chiari indirizzi europei – hanno fatto elaborare a Draghi, all’interno del Pnrr, un abbozzo di riforma sanitaria, con un finanziamento specifico di circa 19-20 miliardi, anche se ne servirebbero molti di più (almeno 32).

continua a leggere QUI

 

I 24.000 del Pnrr

da ilcommentopolitico.net  – di Bagehot

12 giugno 2021

Stanno per decollare 24.000 assunzioni a termine nella pubblica amministrazione per realizzare, rendicontare e vigilare sulla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Verranno utilizzate modalità nuove di selezione ed anche una tipologia nuova (per la pubblica amministrazione e non solo) di contratti di lavoro. Le procedure di selezione daranno peso considerevole ai titoli (lauree, specializzazioni, esperienze professionali pregresse). I contratti prevedranno verifiche in base al conseguimento degli obiettivi. Le 24.000 nuove assunzioni saranno parte di un’immissione molto più grande (si parla di 140.000 persone nei prossimi tre anni) derivante dalla fine del blocco al turnover, nonché dalla necessità di ringiovanire una pubblica amministrazione che, soprattutto nei ranghi della dirigenza, è molto invecchiata ed ha evidenti difficoltà a tenere il passo con nuovi metodi di lavoro, nuovi processi e nuove tecnologie. In effetti, è in corso una rivoluzione di cui i 24.000 del Pnrr sono il primo stadio, nonché un esperimento.

L’European Institute of Public Administration (Eipa), in partnership con le Università di Milano (Statale), Firenze (Cesare Alfieri), Venezia (Cà Foscari) e la Scuola Nazionale d’Amministrazione (Sna), sta organizzando una serie di seminari. Vediamo alcuni punti salienti emersi dai primi. In breve, negli ultimi dieci anni la pubblica amministrazione italiana si è ristretta (- 2,3%), si è invecchiata (nel 2001 la fascia d’età più numerosa era quella tra i 45 ed i 49 anni, nel 2019 è quella tra i 55 ed i 59 anni), ha gradualmente perso i corpi tecnici (quelli più importanti ai fini della realizzazione del Pnrr) mentre è cresciuta la proporzione di funzionari e dirigenti con una cultura giuridico-amministrativa. In breve, i pensionamenti crescono e i canditati per le professionalità e competenze necessarie scarseggiano…

…continua a leggere ⇒ I 24.000 del Pnrr_12.6.21

Obbligo vaccinale e scudo penale per i medici: una vittoria di Pirro e tanti interrogativi

09 giugno 2021,
da Avv. Vania Cirese (Responsabile ufficio legale ACOI)

Il Dpcm Draghi sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il testo non ci lascia tranquilli. Gli articoli che riguardano i professionisti della salute sono l’art. 3 e l’art.4.

Art. 3 (responsabilità sanitaria e la somministrazione del vaccino anti Sars COV2)
1. Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del Piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n.178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.”

La necessità di uno “scudo penale” protettivo per i vaccinatori è stata invocata e giustificata a seguito dell’avvio dell’indagine sulla morte di un siciliano deceduto poche ore dalla somministrazione  del vaccino. Nel registro degli indagati è stato iscritto anche chi ha effettuato l’iniezione. Associazioni e ordini professionali hanno chiesto uno “scudo penale” per proteggere i medici vaccinatori a seguito di altri casi, a Trapani, Napoli e Biella anche se poi l’esame autoptico ha escluso la sussistenza di nesso causale.

Alla domanda spontanea e legittima chi statuirà che la punibilità è esclusa non può che rispondersi: il magistrato.

… CONTINUA A LEGGERE QUI ⇒ obbligo vaccinale e scudo penale per i medici 8.4.2021

e articolo pubblicato su StartMag.it

VERSO UNA NUOVA SANITÀ?

L’analisi di Pietro Gonella e Stefano Biasioli, 26 maggio 2021

Oggi è chiaro ai più che il ruolo primario dell’ospedale non può essere quello dell’attività ambulatoriale, ma quello del trattamento delle patologie acute importanti e delle patologie croniche riacutizzate. Tutti i restanti problemi clinici vanno affrontati a livello territoriale, anche per evitare che gli ospedali vengano bloccati totalmente da episodi pandemici, probabili anche in futuro. 

Forse il Covid indurrà la politica a ripensare largamente la struttura del Ssn. Ci sono voluti 150.000 morti e milioni di italiani infettati dal maledetto virus per rimettere in discussione l’attuale, vecchio, assetto del Ssn, nato nel 1978, in un contesto economico e soprattutto epidemiologico totalmente diverso.

Noi, da almeno venticinque anni, abbiamo posto il problema di una revisione del Sistema sanitario nazionale, mantenendone l’universalità e la gratuità, ma eliminandone le distonie organizzative e finanziarie, che oggi costringono il cittadino a lunghe liste di attesa e a spendere (per bypassarle) di tasca propria, per ottenere -a pagamento – ciò che trent’anni fa era invece gratuito, nei princìpi e nella prassi. Il Covid ha fatto esplodere il problema dell’assistenza territoriale, provocando disastri soprattutto dove questa non era mai stata implementata. Una sola citazione, la diversa modalità di approccio alla pandemia (soprattutto nella seconda e terza fase) da parte del Veneto e della Lombardia. Nel Veneto, la presenza della azienda zero e di un servizio epidemiologico generale ha consentito – nella parte intermedia della prima fase e nelle due ulteriori fasi – una gestione diversa da quella lombarda, prevalentemente ospedalocentrica. Per questo, in Veneto, la corsa verso i Pronto Soccorso è stata più contenuta che altrove, anche se riconosciamo che si sarebbe potuto fare di più, a livello territoriale.

Ma, oggi, non è il tempo delle accuse ma della presa d’atto di ciò che ha o non ha funzionato. Oggi, finalmente è chiaro ai più che il ruolo primario dell’ospedale non può essere quello dell’attività ambulatoriale ma quello del trattamento delle patologie acute importanti e delle patologie croniche riacutizzate. Tutti i restanti problemi clinici vanno affrontati a livello territoriale, anche per evitare che gli ospedali vengano bloccati totalmente da episodi pandemici, probabili anche in futuro. Il Covid ha lasciato dietro di sé morti, soggetti totalmente guariti, ma anche migliaia di persone guarite ma con “strascichi”, ovvero con presenza di cronicità prima assenti (danni cerebrali, polmonari, cardiaci, renali, tiroidei ecc). Nel frattempo, per almeno 16 mesi, gli ospedali hanno ridotto al minimo la consueta attività chirurgica, oncologica, anestesiologica/antalgica, diagnostica, con effetti che si trascineranno per anni… continua a leggere QUI

Salute e Ricerca – Pnrr, che cosa c’è (e non c’è) per la Sanità

5 maggio 2021

L’intervento del Prof. Michele Poerio, segretario generale Confedir e presidente nazionale Federspev

Sono profondamente convinto che Mario Draghi sia uno dei pochi uomini in Italia che può tirarci fuori dalle secche in cui ci siamo arenati e farci riprendere una navigazione relativamente tranquilla in un mare ancora molto agitato.

Condivido, in linea di massima, il suo Pnrr (Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza) ma ho varie perplessità sulla parte sanitaria (da vecchio Primario ospedaliero e Direttore di Dipartimento chirurgico che ha convissuto per oltre 40 anni sia con una medicina squisitamente clinico-chirurgica, sia gestionale).

Questo piano individua la casa come “primo luogo di cura”. È notevole, infatti, l’offerta di assistenza domiciliare per anziani, pazienti fragili o affetti da pluripatologie croniche, assistenza che fino ad oggi è stata pressoché assente, a parte qualche timido tentativo in Veneto e in poche altre regioni.

È incontestabile che l’organizzazione della sanità nel nostro Paese sia stata, fino ad oggi, improntata ad una visione prevalentemente ospedalocentrica… continua a leggere su ⇒ startmag.it

Sulla sanità nel Pnrr ci voleva più coraggio. Cosa manca (e come correggere)

Giuseppe Pennisi, 04.05.2021

I 19 miliardi previsti nel documento possono “fare la differenza” in un comparto in cui gli stanziamenti sono stati erosi gradualmente da circa vent’anni, come si tocca con mano, nonostante l’eroismo degli addetti ai lavori, da quando siamo alla prese con la pandemia. Questa cifra, però, va esaminata con attenzione. Il commento di Giuseppe Pennisi

La Sanità non è stato uno dei comparti per il quale Mario Draghi ha dovuto chiedere the quality of mercy a Ursula von der Leyen prima di inviare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al Parlamento ed indi a Bruxelles. Vuol dire che va tutto bene? Che non ci saranno sorprese in fase di approvazione delle proposte italiane da parte del Consiglio europeo?

Come ha commentato questa testata un paio di settimane fa, i 19 miliardi previsti nel documento possono “fare la differenza” in un comparto in cui gli stanziamenti sono stati erosi gradualmente da circa vent’anni, come si tocca con mano, nonostante l’eroismo degli addetti ai lavori, da quando siamo alla prese con la pandemia…. CONTINUA A LEGGERE ⇒ Sulla sanità nel Pnrr ci voleva più coraggio_4.5.21

Ordine Prov. dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Vicenza

“Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2”  (aggiornata al 26 aprile 2021)

Pensioni salve per la maggior parte dei medici vaccinati anti-Covid

Non ci sarà alcuna sospensione della pensione per quei medici in pensione, sia di vecchiaia sia anticipata, che si rendano disponibili per fare vaccinazioni attraverso un incarico di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa.

Il chiarimento arriva da una circolare che l’Inps ha concordato con il Ministero del lavoro.

La condizione, spiega un comunicato dell’Istituto pubblico, è che l’incarico sia assegnato ai sensi dell’articolo 2 bis del decreto legge 18/2020 e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. E in tal caso la compatibilità vale anche per i titolari di pensione attivata in quota 100 che siano ancora al di sotto dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, al raggiungimento della quale reddito pensionistico e altro reddito da lavoro diventa cumulabile.
In sintesi, dunque, i redditi derivanti ai medici dallo specifico incarico attribuito sono pienamente compatibili con la titolarità di una pensione di vecchiaia, anticipata o quota 100.

AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE
Per quanto riguarda i medici assunti invece tramite un’agenzia di somministrazione lavoro, il reddito è cumulabile con la pensione di vecchiaia e con quella anticipata, ma non con quella “quota 100”. Per particolari fattispecie quali pensione di lavoratori precoci ed attraverso APe sociale, le condizioni sono dettagliate, insieme a quelle già descritte, nella circolare Inps 70/2021.

CHI RESTA PENALIZZATO
Il contestato articolo 3-bis continua invece a penalizzare i medici pensionati che non rientrano nei casi citati. Ad esempio la pensione dovrebbe essere sospesa ai medici assunti direttamente dalle Asl (e non dalle agenzie di somministrazione) con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato invece che con contratto di lavoro autonomo. Verrebbero penalizzati anche i pensionati che ricevano incarichi di lavoro autonomo oltre il 31 dicembre 2021.

Per questo Enpam continua a chiedere l’abrogazione della norma introdotta il 12 marzo scorso. A quanto risulta al Giornale della Previdenza, l’emendamento presentato dalla senatrice-medico Maria Rizzotti – che risolverebbe il problema –, è stato giudicato ammissibile e figura tra quelli segnalati per essere approvati.

Enpam, assurdo togliere la pensione ai medici anti-Covid
L’Enpam denuncia l’insensatezza di una norma, introdotta il mese scorso, che obbliga gli enti di previdenza a sospendere la pensione ai medici che accettano di aiutare le Asl per far fronte all’emergenza Covid.

“È curioso che un lavoratore autonomo libero professionista disponibile a fare un nuovo lavoro di utilità collettiva debba veder sospeso il reddito differito derivante legittimamente da un suo precedente lavoro”, commenta Alberto Oliveti, presidente dell’ente di previdenza dei medici e dei dentisti.

“Assurdo che un medico che lavora e che rischia non venga pagato – continua Oliveti –. Chiediamo al governo e al parlamento di correggere questa stortura”.

Il riferimento è all’articolo 3-bis del decreto-legge 2/2021, che è stato introdotto il 12 marzo scorso con la legge di conversione 29/2021. La norma da un lato prevede che durante l’emergenza Covid le aziende sanitarie e socio-sanitarie possano conferire incarichi remunerati ai medici andati in pensione di vecchiaia, ma dall’altro dispone che il trattamento previdenziale (cioè la pensione) non venga erogato durante i mesi di svolgimento dell’attività.

La senatrice Maria Rizzotti, medico, iscritta all’Ordine di Torino, ha presentato un emendamento al Decreto legge Sostegni che – se approvato – risolverebbe il problema. Nel testo, infatti, si propone di sopprimere la frase che impone agli enti previdenziali di non erogare la pensione durante lo svolgimento degli incarichi anti-Covid.

FNOMCEO com. 93

allegato al com. 93

GEO-FINANZA Il disastro europeo (e italiano) in arrivo che ancora non vediamo

articolo di Giuseppe Pennisi su ilSussidiario.net

La lotta al Covid-19 non è un problema esclusivamente o principalmente di sanità pubblica, ma la terza guerra mondiale. E l’Ue la sta perdendo.

Dopo un anno e mezzo e tre milioni di morti credo sia chiaro al tutti: la lotta al Covid-19 non è un problema esclusivamente o principalmente di public health, di sanità pubblica, ma la terza guerra mondiale, iniziata (forse per errore) in Cina, coperta per un po’ dall’Organizzazione mondiale della sanità (di cui l’Italia è uno dei maggiori contribuenti tra apporto al bilancio ordinario e contributi “volontari”, anche se non conta nulla) ed estesasi in tutto il mondo. 

La guerra al Covid-19 sta cambiando non solo l’economia internazionale, ma anche la geopolitica dei prossimi decenni. Ci sono Paesi che hanno subito capito che si trattava di una guerra, a livello mondiale. Il primo è stato la Repubblica Popolare Cinese, dove tutto è iniziato: una chiusura ferrea, con metodi polizieschi, delle zone colpite con misure che solo una dittatura millenaria può permettersi. Taiwan, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno bloccato le frontiere in autodifesa e adottato programmi severi di tracciamento. Qualcosa di simile ha caratterizzato le difese erette dalla Corea del Sud, che poteva basarsi anche sull’esperienza di una precedente pandemia di origine cinese. Africa e America Latina sono nel caos. Di India meglio non parlare. Poche notizie arrivano da Federazione Russa e da Asia centrale. … continua a leggere ⇒ sussidiario UE e terza guerra mondiale_3.5.21