a cura di P. Gonella
Documento ⇒ IRPEF 2022
APS-LEONIDA – Pensionati Esasperati
SALVIAMO LE PENSIONI – VIA L'ASSISTENZA DALLA PREVIDENZA !
a cura di P. Gonella
Documento ⇒ IRPEF 2022
di Alessandro Sallusti da Libero_8.3.22_pag_1
Non mi piacciono i disfattisti, tantomeno i disertori. Però, purtroppo, non si può tacere sul fatto che dopo un lampo di orgoglio l’Europa è tornata a essere quella che è, cioè un insieme disomogeneo di interessi nazionali spesso tra loro in contrapposizione. Mettiamo in fila i fatti di ieri:
la Germania ha annunciato che di sospendere l’acquisto del gas russo – l’unica che farebbe davvero male a Putin – non se ne parla e quindi continueremo a finanziare l’Armata Rossa e le sue atrocità;
il presidente americano Joe Biden ha convocato un vertice escludendo sia il capo del governo europeo Ursula Von der Leyen che il premier italiano Mario Draghi; di cose delicate e decisive lui parla direttamente e unicamente con Germania, Francia e Inghilterra;
il premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che non darà il permesso di far transitare sul suo territorio – che è parte dell’Unione europea – gli aiuti militari che l’Europa ha deciso di fare avere all’esercito e ai residenti ucraini.
Insomma, purtroppo, siamo alle solite della serie tutti chiacchiere e distintivo ma di sostanza ancora poca. Eravamo così messi nella normalità, figuriamoci oggi di fronte a una guerra vera che per definizione impone un prezzo alla libertà. E non da oggi. La Seconda, di guerra mondiale, l’Europa l’ha costruita per ignavia a tavolino spalancando le porte ad Hitler e, se fosse stato per lei, saremmo ancora tutti sotto il Terzo Reich. C’è voluto il sacrificio degli oggi odiati americani (130mila ragazzi morti) e degli inglesi oggi Brexit (330mila vittime in divisa e 60mila civili) per sradicare il cancro nazista e rimettere le cose a posto.
Sono passati ottant’anni e continuiamo a non parlare la stessa lingua, in tutti i sensi. Ci hanno fatto uniformare sulla lunghezza delle banane, su come scrivere gli auguri di Natale per non offendere nessuno e pensavano così di aver fatto bingo. Poi una mattina ci siamo svegliati con i carri armati nemici al confine, senza gas né petrolio e ovviamente non si sa che fare se non finanziare Putin. Vuoi vedere che ancora una volta a tirarci fuori dai pasticci dovrà pensarci l’America e noi ovviamente saremo lì a dire: “Ma quanto arroganti e imperialisti sono ‘sti americani”.
di Giuseppe Pennisi da il ilsussidiario.net
Le conseguenze della guerra in Ucraina fanno pensare che ci sarà più margine di manovra sui conti pubblici per l’Italia. Ma non è così.
“Così il forte aumento di prezzo di tutte le materie prime, non solo energetiche, è destinato a perdurare con evidenti effetti sull’inflazione. Significativo a questo proposito il silenzio dei Paesi arabi cosiddetti amici, che finora non si sono dichiarati disponibili ad aumentare la loro produzione di petrolio e gas. Preoccupante è anche il problema degli approvvigionamenti di cereali, dove gli agricoltori ucraini potrebbero nei prossimi mesi non essere in grado di seminare i loro immensi campi di grano. L’Ucraina è il terzo produttore al mondo di frumento e, assieme alla Russia, arriva a un quarto della produzione mondiale.
La crescita economica mondiale è allora destinata a rallentare sia a causa delle sanzioni, per le pesanti ripercussioni sul commercio internazionale, sia a causa della perdurante inflazione che erode il potere d’acquisto delle famiglie. Anche l’incertezza è destinata a rallentare gli investimenti e quindi il Pil. L’Europa, poi, probabilmente pagherà il prezzo più alto anche perché gli Stati Uniti sono oramai autosufficienti sia in termini energetici che cerealicoli…
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di Giuseppe Pennisi, 4 marzo 2022 – formiche.net
Per accelerare la fine dell’attuale regime che comanda a Mosca e dintorni, si potrebbero estendere le “sanzioni” nei confronti degli oligarchi. Per ora riguardano il sequestro dei loro patrimoni all’estero; ma alcuni di loro hanno avuto il tempo di venderli o di convertirli in fondazioni con finalità umanitaria.
La professoressa Flavia Lattanzi ha analizzato, sulla base e della dottrina giuridica e della esperienza internazionale, le problematiche inerenti a portare a giudizio alla Corte Penale Internazionale (CPI), l’attuale Presidente della Federazione Russia Putin e il suo “cerchio magico” per i crimini di guerra e per i crimini contro l’umanità commessi in occasione dell’aggressione contro la Crimea (e di quelle contro la Georgia, la Cecenia e la Crimea).
La CPI è entrata in vigore nel 2002. Il suo statuto definisce l’invasione, l’occupazione militare e il bombardamento come crimini di aggressione e dice che “un attacco diffuso o sistematico diretto contro una popolazione civile” è un ”crimine contro l’umanità”. Alcuni casi di violenza che potrebbero soddisfare i criteri sono stati ripresi sui telefoni cellulari e visti sulle televisioni di tutto il mondo. Ci sono video di bombe a grappolo nel centro di Kharkiv e, orribilmente, un attacco a un asilo a Okhtyrka. La Russia rifiuta la giurisdizione della CPI, come ben documentato dalla prof.ssa Lattanzi. Ma non c’è serio dubbio che la Russia abbia infranto il diritto internazionale…
Alberto Brambilla, 28.02.2022 su ilpuntopensionielavoro.it
La spesa pensionistica è ammontata nel 2020 a 234,736 miliardi, contro i 230,259 del 2019. Tenuto conto di un calo delle entrate contributive del 6,7%, in gran parte imputabile a COVID-19, il saldo negativo tra entrate e uscite si è attestato a circa 39,3 miliardi: un deficit su cui pesa soprattutto il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici…
continua a leggere ⇒ PuntoPensioniLavoro_iContidelSistemaPensionisticotraGestioniinAttivoeinPassivo_28.2.22
…. inseriamo il testo di Mario Draghi, pubblicato oggi su quotidiano Libero_2.3.22_pag_1-3
a cura di Michaela Camilleri e Mara Guarino, da ilpuntopensionielavoro.it
Sempre più insostenibile il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale, che sale a 144,748 miliardi di euro: dal 2008 l’incremento strutturale è stato di oltre 41 miliardi, di 3 volte superiore all’incremento della spesa per pensioni. Dal Nono Rapporto Itinerari Previdenziali, ancora una volta, dati che certificano l’enorme peso dell’assistenza sul sistema di protezione sociale italiano.
Calano gli occupati (22.839.000 a fine 2020) e aumentano leggermente i pensionati (16.041.202), con ripercussioni sul rapporto attivi/pensionati, in peggioramento – da 1,4578 a 1,4238 – dopo il record positivo del 2019. Si riduce il numero delle prestazioni in pagamento, comunque in media 1,4162 per pensionato, mentre passa dai 18.765 del 2019 euro a 19.181 euro al 2020 l’importo medio effettivo del reddito pensionistico. Il tutto mentre l’andamento della spesa per prestazioni di natura previdenziale soffre la pandemia ma si conferma tutto sommato sotto controllo, per quanto in crescita: nel 2020, ha raggiunto i 234,7 miliardi di euro, pari al 14,20%, del PIL; l’aumento rispetto all’anno precedente è dell’1,95% e in gran parte imputabile alle conseguenze del nuovo coronavirus, che ha causato un crollo di quasi 9 punti percentuali (-8,9%) del Prodotto Interno Lordo italiano.
È un quadro per forza di cose condizionato dalle minori entrate e delle maggiori spese imputabili a COVID-19, quello tracciato dal Nono Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano Itinerari Previdenziali, presentato ieri su iniziativa del Senatore Sergio Puglia, Membro della Commissione parlamentare per il controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, in diretta streaming dalla Sala “Caduti di Nassirya” a Piazza Madama, Roma, nel corso di una conferenza stampa dedicata. Una sintesi degli andamenti di spesa pensionistica, entrate contributive e saldi nelle differenti gestioni pubbliche e privatizzate, cui si aggiunge un’importante opera di riclassificazione (con ripartizione tra previdenza e assistenza), utile sia a tracciare un bilancio del 2020 sia a effettuare previsioni sulla sostenibilità del welfare italiano, ancor di più alla luce della crisi sanitaria, economica e occupazionale provocata da SARS-CoV-2….
… continua a leggere PuntoPensioniLavoro_16.2.22_Perché separare previdenza e assistenza
L’intervento di Stefano Biasioli
Non siamo più cattivi del solito, ma questa volta non possiamo tacere.
Martedì scorso (nella solita conferenza stampa a Marghera) Luca Zaia ha dato, tutto trionfante, due annunci.
Il primo riguardava il netto calo della pandemia COVID-OMICRON in Veneto, attribuito da Zaia all’elevato numero dei vaccinati veneti (89% nella fascia adulta) e, non – per esempio- anche alle temperature elevate (rispetto alla media stagionale). Nessun commento sull’andamento della curva infettiva negli altri Paesi Europei, anche in quelli senza l’obbligo di green-pass…
Quisquilie.
Il secondo, molto più eclatante. L’ANNUNCIO che “IL VENETO RECUPERERÀ in BREVE TEMPO le 280.000 prestazioni ambulatoriali ospedaliere rimandate a causa della pandemia” (!!!)
Giornalisti esultanti, ma ascoltatori TV perplessi. Tra costoro, anche NOI , che nella sanità lavoriamo da una vita e che ben conosciamo i danni che la pandemia ha fatto sui pazienti NON COVID negli ultimi 2 anni. Noi conosciamo le “irritazioni” (ma dovremmo usare un termine più crudo) dei pazienti, con visite e attività di day-hospital rinviate per mesi…
Poiché le affermazioni di Zaia sono state seguite da UN TESTO SCRITTO (Nota n° 55826/2020 , data 8/2/22), a firma del Dr. Luciano Flor (Direttore Area Sanità e Sociale della Regione Veneto) – su carta intestata della Giunta Regionale – che, in modo non chiarissimo, riafferma la riapertura dell’attività ambulatoriale e di day hospital (pur con limitazioni legate al non uso delle rianimazioni per le stesse) …
SIAMO COSTRETTI A PORRE ALCUNI QUESITI al Governatore e all’Assessore LANZARIN …
1) Come si possono fare promesse di tal genere, quando sono di pochi giorni fa le PESANTI LAMENTELE dei PRINCIPALI SINDACATI dei MEDICI OSPEDALIERI (ANAAO e CIMO) che hanno -ancora una volta- rimarcato gli INSOSTENIBILI RITMI di LAVORO in OSPEDALE, dovuti sia al COVID che alla CRONICA CARENZA di MEDICI OSPEDALIERI VENETI ?
2) Come si possono fare promesse di questo genere, a fronte delle recenti manifestazioni di protesta degli infermieri veneti , per le stesse ragioni?
3) Come si possono fare promesse di questa fatta, quando i MEDICI OSPEDALIERI IN SERVIZIO sono stati costretti per 2 anni ad un PLUS-ORARIO (mai pagato in modo adeguato) e a PESANTI RITARDI nella fruizione delle FERIE ?
4) IN DEFINITIVA, CHI ACCETTERÀ di AUMENTARE VOLONTARIAMENTE ULTERIORMENTE i PROPRI CARICHI di LAVORO, in assenza di regole scritte – CONCORDATE con le OOSS MEDICHE OSPEDALIERE – che prevedano garanzie assicurative (maggiori rischi generati dal plus-lavoro) e una chiara integrazione economica, con fondi regionali ?
Perché ZAIA, prima di fare promesse da marinaio, NON HA APERTO UN TAVOLO CON I SINDACATI dei MEDICI OSPEDALIERI per TROVARE una SOLUZIONE al CRONICO PROBLEMA delle LISTE di ATTESA, esploso in tempi di Covid?
No, caro Zaia, per ottenere un risultato in questo campo, non è sufficiente dire ai “dirigenti regionali subordinati” di inviare una letterina a tutti i direttori generali delle ASL venete !!!
Giuliano Cazzola, 08.02.2022
Ieri si sarebbe dovuto tenere un importante confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni. Ma l’esecutivo pare voler frenare sul tema.
RIFORMA PENSIONI. Ieri (7 febbraio) doveva essere il “gran giorno” in cui Governo e sindacati (nel loro ruolo politico) avevano concordato di riunirsi per fare il punto sui confronti effettuati sui tavoli tecnici. In verità, da quanto si è appreso, finora più che un dialogo si è svolto un monologo, nel senso che i dirigenti sindacali hanno illustrato sia in termini generali che specifici i singoli argomenti, mentre i rappresentanti dell’esecutivo, fossero ministri o solo sherpa di palazzo Chigi, si sono limitati ad ascoltare, chiedere chiarimenti e rinviare le risposte dopo ulteriori approfondimenti che – sarebbe questa la ragione del rinvio a data da destinarsi – non sono stati ancora compiuti in modo esaustivo…
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Di Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 07.02.2022
La durata delle pensioni più remote ancora oggi vigenti è in media di quasi 46 anni nel settore privato e di 44 per il pubblico: prestazioni corrette sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 20/25 anni. Un monito fortissimo alle forze politiche e sociali che, a fronte di una delle più elevate aspettative di vita, continuano a proporre forme di anticipazioni.
All’inizio del 2021 sono in pagamento 423.009 pensioni previdenziali per il settore privato e 53.270 per il settore pubblico con durata di ben 41 e più anni. In dettaglio, nel settore privato beneficiano di queste pensioni di durata ultra-quarantennale 343.064 donne (81,1%) e 79.945 uomini (18,9%), andati in pensione nel lontano 1980 o addirittura ancor prima. Lo scorso anno erano 502.327 con un decremento del 16% rispetto al 2020, pari a 79.318 prestazioni eliminate, molte delle quali purtroppo a causa di COVID-19; per i dipendenti pubblici delle 53.274 pensioni (erano 59.536 nel 2020), 36.372 sono appannaggio delle donne (68,3%) e 16.902 degli uomini (31,7%)…
…CONTINUA A LEGGERE ⇒ PuntoPensioniLavoro_La durata delle pensioni e quei conti che non tornano mai_7.2.22