INPS, tra ASSISTENZA e PREVIDENZA ?

Inps: separazione tra assistenza e previdenza? L’intervento di Michele Poerio, Pietro Gonella e Stefano Biasioli

La FEDER.S.P.eV. (insieme alla CONFEDIR e a APS-Leonida) ha un DNA particolare, da sempre. Un DNA che non si è perso negli anni, ma che invece si è rinforzato (con mutazione positiva!), soprattutto sotto la Presidenza Poerio e del suo Direttivo. Quale? Quello di aver sempre detto “pane al pane, vino al vino” anche quando affermazioni di questo tipo o di ben maggior peso avrebbero certamente avuto un impatto negativo nei confronti dei potentati di turno, politici, ordinistici, tecnici di varia estrazione.

Nello specifico, la FEDER.S.P.eV. e la CONFEDIR da oltre trenta anni, da quando cioè è stata promulgata la legge 88/1989 che all’Art.37 prevede la separazione fra previdenza ed assistenza, hanno sempre sostenuto la imprescindibile necessità di separare, nel bilancio INPS, tali spese per definire con chiarezza i costi legati all’assistenza (e, quindi, a carico della fiscalità generale) da quelli legati alla previdenza (legati ai contributi lavorativi versati). Separazione prevista, peraltro, dalla nostra Carta costituzionale.

Da sempre la politica ha eluso la legge 88/1989; da sempre i vari presidenti dell’INPS (inclusi gli ultimi quattro) nulla hanno fatto in questa direzione, nonostante – nel corso degli anni dal 2011 ad oggi – i vari governi abbiano caricato sull’INPS almeno una decina di voci assistenziali.

Ci sarebbe da chiedersi il perché nessuno voglia questa separazione…

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Dopo il Quirinale – Le cinque sfide economiche che il Governo deve superare

Di Giuseppe Pennisi da il sussidiario.net 

Dal 22 dicembre, il Governo è in apnea, a ragione delle elezioni del Capo dello Stato e soprattutto del fatto che il presidente del Consiglio, nella conferenza stampa pre-natalizia, si è, più o meno implicitamente, candidato alla carica. Senza peraltro avere successo. In queste sei settimane circa, il mondo non si è fermato, soprattutto sotto il profilo economico e sociale. In primo luogo, a ragione in gran misura della nuova ondata della pandemia, la ripresa internazionale – e quindi quella dell’Italia- è in fase di rallentamento.

In secondo luogo, l’inflazione è meno temporanea di quello che sembrava alla fine del 2021: in questi giorni – pochi lo hanno notato – la Federal Reserve americana ha deciso un primo aumento dei tassi a cui ne seguiranno forse alti due prima della fine del 2022. A questo si potrebbe accompagnare un Quantitative tightening (Qt), una riduzione dei titoli di Stato che la Fed ha acquistato al culmine della pandemia. Gli investitori non stanno aspettando: hanno svenduto azioni e obbligazioni nelle ultime settimane, Non è detto che la Banca centrale europea segua pedissequamente la Fed. Così come nel 2012 dovette varare una politica di Quantitave easing che negli Usa era iniziata due anni prima, occorre vedere quando e come seguirà la Fed nel Quantitative tightening. Nel nuovo scenario è difficile ipotizzare, come fanno alcuni economisti che dicono di essere “vicini” al presidente del Consiglio, che la Bce parcheggi per diversi anni i titoli italiani acquistati durante la pandemia…

… continua a leggere ⇒ Sussidiario_DOPO IL QUIRINALE: Le cinque sfide economiche_31.1.2022

Perché si tornerà presto a parlare di pensioni – Formiche.net

Non solo è stata insediata, su richiesta dei sindacati, una commissione presso il ministero del Lavoro per delineare una possibile nuova riforma, ma è stato pubblicato il documento Ocse Pensions at a glance 2021, è stato diffuso il rapporto ministeriale sulla separazione tra assistenza e previdenza e tre autorevoli associazioni hanno predisposto un documento analitico.

Il commento di Giuseppe Pennisi

Una volta eletto il Capo dello Stato, il governo dovrà rivolgere l’attenzione a pressanti temi economici correnti come il rallentamento della crescita causato dalla nuova ondata di Covid, l’inflazione, gli effetti degli aumenti dei prezzi sugli investimenti contemplati nel Pnrr. Ed anche di pensioni. Non solo perché è stata insediata, su richiesta dei sindacati, una commissione presso il ministero del Lavoro per delineare una possibile nuova riforma, ma anche perché è stato pubblicato il documento Ocse Pensions at a glance 2021, è stato diffuso il rapporto ministeriale sulla separazione tra assistenza e previdenza, tre autorevoli associazioni (la Confedir, la Feder.S.P.eV. e la APS-Leonida) hanno predisposto un documento analitico che giunge a conclusioni diametralmente opposte a quello ministeriale. C’è un nesso forte perché i documenti Ocse, come quelli dell’Unione europea (Ue), utilizzano dati sulle pensioni in Italia in cui non viene fatta un’accurata separazione tra assistenza e previdenza, falsando, quindi, i dati sul peso della previdenza sulla finanza pubblica e sul Pil italiano…

… continua a leggere ⇒ Formiche_Perché si tornerà presto a parlare di pensioni_27.1.22

PARLAMENTO: SPETTACOLO INDECENTE

Vi ricordate i “fenomeni da baraccone?” …Noi si.

E, per questo, pensiamo che il teatrino della politica, nella scelta del futuro presidente della repubblica (p e r, minuscole!), sia stato e sia totalmente inadeguato a garantire un NOMINATIVO ECCELLENTE come nuovo Presidente (P maiuscola).
Pur sapendo della decadenza di Mattarella (3 Febbraio), i nostri parlamentari si sono ben guardati dall’arrivare alla data fatidica con alcuni nomi eccellenti, da sottoporre al voto, loro e dei grandi elettori. No, nulla di tutto ciò è stato fatto, con i risultati balordi di questi giorni. Veti incrociati, voti dati a casaccio, candidature poste a capocchia .

Non sappiamo CHI VERRÀ ELETTO e CON QUALE CONSENSO TRASVERSALE.

Non ci fidiamo delle presunte capacità da “giocatore di poker” di Salvini; non abbiamo mai stimato né stimiamo Letta-nipote, che però potrebbe essere guidato dallo zio.
A nostro modo di vedere, il centro-destra ha tutto il diritto di guidare le danze e di proporre e di votare una personalità “non di sinistra”, dotata di un curriculum personale impeccabile.
La stella di Draghi sta brillando sempre meno, perché la sua pretesa di una votazione plebiscitaria a suo favore non ha nessun senso. Non può considerarsi “unto del Signore” solo perché ha studiato dai gesuiti e perché il “buon” Berlusconi (mai da Lui ringraziato) gli ha fatto fare una splendida carriera europea.
Draghi è come Monti: scrivere 51 piani nel PNRR è solo il passo di avvio, specialmente ora che i progetti teorici risulteranno sottofinanziati, data l’esplosione dei costi energetici e non solo.

ELEGGETE IL PRESIDENTE, CON UNA SCELTA RAZIONALE, signori elettori!
E, poi, tornate subito ai problemi concreti dell’Italia:

  • IL CAOS NORMATIVO sulle REGOLE anti-PANDEMIA: farmaci, tamponi e green-pass: VA TUTTO RIVISTO E SEMPLIFICATO!
  • L’EVIDENTE INADEGUATEZZA DEL SSN, il cui datato modello (ospedaliero e territoriale) è largamente insufficiente, oggi, a garantire una valida tutela sanitaria;
  • L’INCAPACITÀ PROGRAMMATORIA dell’UNIVERSITÀ, che lascia gli italiani senza medici e senza infermieri…;
  • LE INSUFFICIENZE della MAGISTRATURA, che condanna all’ergastolo e poi assolve dopo anni un paio di infermiere. Senza che nessun magistrato venga indagato per gli errori evidentemente commessi. Potremmo citare anche il caso di Briatore, ma costui sa difendersi da solo…
  • LE INSUFFICIENZE della SCUOLA, aggravate da 2 anni di pandemia;
  • LA INFLAZIONE GALOPPANTE, con la mancata elaborazione di un piano energetico che consenta all’Italia di essere largamente indipendente dal gas russo. Occorre decidere: ritorno al carbone, nuove estrazioni in Adriatico, nuove centrali idroelettriche…in attesa del nucleare puro. Non si può distruggere la nostra economia solo perché l’UE a guida tedesca ha delirato sulle “green economy”.

Chi paga, ora, le bollette energetiche e chi paga, ora, la benzina?

Ecco, NOMINATO il PRESIDENTE, il PARLAMENTO TORNI SUBITO a LAVORARE e a DECIDERE, con o senza Draghi!

27/01/2022

Lenin   

 

Nuove linee guida per i medici di famiglia, salta l’accordo: occorre la dipendenza degli Mmg

Medicina Generale | Redazione DottNet | 25/01/2022

La richiesta arriva dalla Campania e a seguire Veneto, Toscana e Lazio. Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia si oppongono.

 La “rivolta” parte dalla Campania che spinge sulla dipendenza dei medici di famiglia. E sulla scia della Regione guidata da Vincenzo De Luca anche altri Governatori, convinti che la strada giusta sia quella di trasformare in dipendenti i medici di medicina generale. Ma andiamo per ordine, cercando di capire perché c’è stata questa sorta di diaspora. Occorre fare un salto indietro di una settimana, quando cioè il documento che detta le linee guida per il nuovo ruolo dei medici di famiglia era pronto per l’approvazione. Giova ricordare brevemente i contenuti del testo: un orario di 38 ore settimanali (di cui 20 a studio, 12 nei distretti e 6 nelle Case della Comunità) ma con un rapporto che rimane di natura convenzionata con la conferma del rapporto fiduciario con i pazienti.

Il documento era stato approvato dal Ministero della Salute e dagli Assessori alla sanità regionali con l’assenso dei sindacati maggiori: il passaggio successivo sarebbe stata la legge che di fatto avrebbe incatenato il testo dell’accordo in modo da far partire le trattative per la nuova convenzione dopo la firma del vecchio Acn 2016/2018 di cui abbiamo ampiamente parlato.

Ma quando il testo è arrivato ai presidenti delle Regioni c’è stata una levata di scudi che ha bloccato tutto l’iter. A ribellarsi è stata per prima la Regione Campania  “che avrebbe giudicato inopportuna l’ingerenza del Ministero della Salute su competenze regionali visto che è il Comitato di settore Regioni-Sanità a scrivere l’Atto d’indirizzo” a cui si sono accodate Toscana, Veneto e Lazio (quest’ultima per indorare la pillola vorrebbe offrire ai camici bianchi la possibilità di scelta).  E non è tutto: il contenuto sembrerebbe – sostengono i vertici dell’Ente campano – a tutelare i sindacati e che di conseguenza “l’unica strada da seguire è la dipendenza dei medici di famiglia”.

A difendere il documento invece sono le regioni guida della Commissione Salute (Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia) che hanno partecipato attivamente alla stesura giudicata un compromesso virtuoso. Una prima risposta arriverà stamani, nel corso di un incontro fra  le Regioni e il Ministro della Salute proprio per fare chiarezza su una materia di rilevanza nazionale. 

Link dell’articolo

Graffio felino…

Paese virtuale e Paese reale

Stefano Biasioli, 19/01/2022

Credo che la coesistenza tra pandemia (fase quarta), riapertura teorica delle scuole, influenza di stagione (da tutti sottovalutata ma presente) e la solita sceneggiata pre-elezioni presidenziali abbia creato un mix esplosivo, che testimonia platealmente come sia ridotto questo paese.
L’OMICRON ha dato il colpo finale al SISP (servizio igiene-sanità pubblica) già gravemente ferito dal DELTA e dalle misure raffazzonate con cui la pandemia è stata affrontata dal suo esordio a oggi.
Alcune pubblicazioni testimoniano le carenze del sistema, non solo sanitario, ma soprattutto politico, con l’incapacità assoluta di generare (nonostante le decine di DPCM) regole diagnostiche, cliniche e lavorative chiare, semplici e utili.

Regole vecchie e assurde, che non tengono conto dell’impossibilità di tracciare la diffusione del virus. Se il contagio cresce a colpi di 6.000 positivi ogni 800.000 abitanti (es. ULSS di VERONA, 823 classi) come si riuscirà mai a identificare tutti i contatti degli studenti “casualmente positivi” (familiari, compagni di scuola), dei colleghi di lavoro (e dei parenti e amici vari)?
Hanno messo in piedi (chi?) una normativa che non tiene conto dei tempi di infezione dell’Omicron rispetto al Delta (3 giorni e non 5) e, soprattutto, considera malati tutti gli infetti, quando non è così. Per correre dietro agli infetti, si abbandonano i malati e si ritarda la ripresa lavorativa di chi (positivo ma non malato) potrebbe tornare al lavoro, dopo aver fatto un nuovo tampone, ovviamente risultato stavolta negativo!

Tutto facile? Siamo in Veneto, secondo Voi è facile, oggi, trovare un posto dove effettuare un tampone valido a chiudere uno stato di malattia o di infezione? Soprattutto infezione, perché l’80% dei veneti risulta vaccinato e la % dei malati è bassissima.
Facciamo un esempio semplice, semplice:

  1. Trattasi di chiunque sia privo o non abbia dimestichezza di computer. Come potrà ottenere facilmente una ricetta per effettuare un tampone? Il MMG non va a domicilio e, il nostro, quindi dovrà andare in farmacia.
  2. Ottenuta la ricetta, andrà recuperato un posto dove effettuare il tampone; dovrà essere entro la provincia e il risultato dovrà essere inserito elettronicamente nel fascicolo sanitario, in modo che il MMG possa fare la “chiusura di malattia” (più correttamente, infezione).
  3.  Ma recuperare un “posto tampone” presso una struttura autorizzata a questo (le farmacie sono state escluse dai tests alla “guarigione”) richiede un amico fornito di computer, che abbia il tempo (ore) e la voglia di trovare e fissare quel posto (anche se distante 50 Km da Verona e dintorni), posto che potrebbe essere libero non tra 3 giorni (come dovrebbe essere, dati i tempi di Omicron) ma magari tra 10-15 giorni lavorativi, persi.

In caso contrario quel povero italiano dovrà andare a farsi, a pagamento, un tampone molecolare presso una struttura convenzionata, che sia però autorizzata a inserire il referto sul fascicolo sanitario del poveretto.
Fatto ciò, il MMG, ricevuto il referto informatico, deciderà la chiusura della “malattia” e farà tornare il soggetto al lavoro. Ebbene, quell’operaio, quante giornate di lavoro avrà perso per colpa di una burocrazia (veneta e romana) incapace di far tornare rapidamente al lavoro (e a scuola) di infettati non malati?
Ci voleva tanto a dare l’OK al mondo delle farmacie e del laboratori privati per fare/ottenere test validi per il ritorno scolastico e lavorativo, senza caos, incavolature e maledizioni diffuse verso i politicanti di turno?

CONCLUSIONI “AMARE”
Non sappiamo chi sarà il prossimo presidente della repubblica. Ma dovrebbe essere un  GENIO DELLA LAMPADA, in grado – con un tornado magico – di cacciar  via tutta la genia politica responsabile di questo sconquasso pandemico e di questa cronica approssimazione nell’affrontare problemi pubblici/privati ma a valenza generale.

All’Eurogruppo parte il grande negoziato. Anche su pensioni e Rdc – Formiche.net

18/01/2022

La vera novità della riunione dell’Eurogruppo è che il welfare, non solo pensioni ma anche il così detto “reddito di cittadinanza”, potranno entrare nel “grande negoziato”. L’analisi di Giuseppe Pennisi

La riunione (in presenza) dell’Eurogruppo (i 19 ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati che fanno parte dell’unione monetaria europea) potrà essere ricordata come particolarmente importante perché segna l’inizio di quelli che possono essere chiamati, con un arcaismo, i “prolegomeni” del negoziato per rivedere (o mantenere come redatte e stipulate circa trent’anni fa) le regole per il funzionamento e la vigilanza delle politiche di finanza pubblica per il funzionamento dell’eurozona.

Si tratta di “prolegomeni” e non di inizio di trattativa per varie ragioni. In primo luogo, come già scritto su questa testata (che ne ha delineato i profili), quattro dei 19 ministri (quelli di Germania, Olanda, Austria e Lussemburgo) sono esordienti; quindi, è quasi d’obbligo che questi quattro volessero annusare il clima e che i loro colleghi volessero, invece, conoscerli al fine di avere un’idea delle loro posizioni quando si tratterà di negoziare. In secondo luogo, sul tavolo ci sono temi e problemi più pressanti: quali politiche economiche e finanziarie di fronte alla nuova ondata dell’infezione e la ripresa di un’inflazione che molti di loro non considerano tanto “temporanea”. Si è, dunque, in una fase preliminare ed interlocutoria per predisporre un negoziato che dovrebbe iniziare verso giugno: allora, si tratterà di se e come modificare la regole del Trattato di Maastricht (e degli accordi ad esso successivi, primo tra tutti il Patto di Crescita e di Stabilità) per ora “sospese” a ragione della pandemia…

… CONTINUA… ⇒ Formiche_All’Eurogruppo parte il grande negoziato_18.1.22

Il debito europeo e gli “apprendisti stregoni”

Di Giuseppe Pennisi 15/01/2022

Alcuni suggeriscono di “parcheggiare” il debito, altri di tenerlo per sempre nel capiente ventre della Banca centrale europea, ma questi schemi di soluzione potrebbero accelerare ed aggravare una crisi del debito dei Paesi Ue più indebitati, scuotendo la fiducia degli operatori. Il commento di Giuseppe Pennisi

In Francia e in Italia, non tanto negli altri Paesi dell’Unione europea (Ue), sta fiorendo una nuova piccola industria: quella dei “solvi-debito pubblico”. Consiglieri di questo o di quel leader competono nel presentare proposte per “risolvere” il debito delle Pubbliche amministrazioni, senza pagarlo a chi ha prestato i soldi (di solito piccoli risparmiatore che hanno, con l’acquisto di titoli di Stato, dato un segno concreto di fiducia nelle istituzioni). Enfatizzano una “strategia franco-italiana” a cui si accoderebbe la Germania. Spesso trovano giornalisti compiacenti (e digiuni di economia) che titolano le loro “soluzioni” a otto colonne.

Si tratta sovente di “apprendisti stregoni” quali quelli del poema sinfonico di Paul Dukas trasformato in mirabile cartone animato da Walt Disney in Fantasia nel lontano 1940. Perché occuparcene? Fanno confusione e distraggono l’attenzione da proposte serie sulla politica europea di finanza pubblica, quali quelle di Astrid e di Economia Reale.

Gli “apprendisti stregoni” spaziano da coloro che propongono agenzie dove “parcheggiare” il debito e coloro che progettano di tenerlo per sempre nel capiente ventre della Banca centrale europea (Bce) seguendo le linee della sedicente Modern Monetary Theory (MMT) e trasformando così la Bce in un istituto di beneficienza a vantaggio soprattutto dell’Italia. Nell’una e nell’altra ipotesi (e delle loro numerose varianti), come sottolinea Ricardo A.M.R. Reiss della London School of Economics, questi schemi di soluzione potrebbero accelerare ed aggravare una crisi del debito dei Paesi Ue più indebitati, scuotendo la fiducia degli operatori. Debt crisis are self-fulfilling prophecies (Le crisi del debito sono profezie che si auto-avverano), come dimostrano, ad esempio, i numerosi casi di crisi debitorie dell’Argentina, che si sarebbero potute evitare…

CONTINUA

Il “dilemma” del Dottore e quelli del Professore

Di Giuseppe Pennisi, 09/01/2022

Mario Draghi ha dato molto alla Repubblica italiana, e da essa molto ha ricevuto. Gli arazzi del Quirinale possono aspettare: c’è una missione da portare a termine e domani sapremo se sarà lui a farlo. Il commento di Giuseppe Pennisi

Nella commedia “The Doctor’s Dilemma” di George Bernard Shaw, diventata un film di successo nel 1958, un famoso primario ospedaliero, pari d’Inghilterra per le sua rivoluzionaria cura contro la tubercolosi (siamo nel 1906), avendo poche risorse e non potendo trattare più di dieci pazienti deve decidere se salvare un suo collega o un ricco anziano della cui giovane moglie si è innamorato. Non racconto come va a finire. In una commedia, considerata come la più pungente satira della professione medica dai tempi de “Il Malato Immaginario” di Molière, gli interrogativi etici e politici sono inquietanti e profondi.

Interrogati inquietanti ha sollevato la proposta del Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli relativa all’impatto negativo del Covid sulle strutture e sul personale sanitario italiano, in cui ipotizzava la possibilità che i medici ospedalieri siano costretti a selezionare i pazienti da trattare, per motivi legati alle carenza e criticità di personale e di mezzi.

Ad essa hanno riposto con una lettera durissima le due maggiori organizzazioni del personale dirigente della professione, la Federspev e la Confedir, ribadendo il giuramento di Ippocrate fatto da tutti i medici e sottolineando che “ se mancano risorse in tempi di pandemia questa è una colpa dei governi da Monti in poi e di chi non ha voluto utilizzare i 32 miliardi del Mes a fini sanitari” e mettendo in risalto “le conseguenze civili e penali di tale selezione”. I saluti vengono accompagnati da un segno “di profonda disistima”.

Della proposta – è certo – non si parlerà più. Il problema delle difficoltà del Servizio sanitario nazionale (Ssn) di fronte ad una pandemia che pare dilagare a velocità rapidissima restano. E si aggravano ogni giorno. A differenza di quanto sottolineato nella conferenza stampa del 22 dicembre, non solo il Programma nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non ha fornito le risorse necessarie per fare fronte alla pandemia ma a pp 62-66 del documento inviato, a sua firma, dal Presidente del Consiglio al Parlamento il 23 dicembre, si scrive a chiare lettere che la partita della sanità è ancora in fase di decollo. Un decollo che con la variante Omicron appare molto più difficile….

… CONTINUA ⇒ Pennisi_Il “dilemma” del Dottore e quelli del Professore_10.1.22