PERCHÉ RINUNCIARE all’OMT della BANCA CENTRALE EUROPEA? L’analisi di Pennisi

l’articolo originale – su formiche.net – QUI

 L’obiettivo che le Outright monetary transactions si pongono è quello di salvaguardare il canale di trasmissione della politica monetaria nell’area dell’euro, ovvero di impedire che forti tensioni sui mercati dei titoli di Stato possano portare a innalzamenti eccessivi dei tassi d’interesse, che andrebbero a influenzare banche e imprese.

Nei giorni che ci separano dal Consiglio Europeo del 23 aprile, occorre porsi due domande strettamente correlate: a) perché l’impulso fiscale espansivo che il governo sta dando all’economia ed al contrasto delle implicazioni economiche del coronavirus è così limitato (pari a molto meno dell’1% del Pil, mentre quello della Germania, ad esempio, supera il 4% e quelli di Danimarca ed Olanda il 2%); b) perché non facciamo ricorso alle Outright monetary transactions (Omt), la vera arma creata dalla Banca centrale europea (Bce) nel 2012 e che, anche se sinora non è mai stata utilizzata, la sola illustrazione della sua potenza di fuoco allora calmò i mercati e fece scendere gli spread? 

La risposta consueta al primo interrogativo è che il peso del nostro debito pubblico (136% del Pil) non ci consente manovre come quelle di Germania, Danimarca ed Olanda i cui debiti pubblici sono pari al 59%, 33% e 49% dei rispettivi Pil. Non sono i “vincoli” dei trattati e degli accordi intergovernativi ad impedirlo (sono stati – come è noto – “sospesi” a ragione della pandemia) ma il timore delle reazioni dei mercati (collochiamo un terzo del debito pubblico all’estero) che potrebbero chiedere rendimenti molto elevati oppure forzarci ad una ristrutturazione del debito. Non siamo in una situazione come quella del Giappone il cui debito pubblico è collocato tutto all’interno. Ove uscissimo dall’eurozona non solo tutti gli italiani subirebbero, come nel settembre 1992, una perdita del 30% dei loro redditi e del loro capitale, ma il collocamento dei titoli diventerebbe arduo. 

Le Omt, di cui non parlano né governo né opposizione, potrebbero servire a darci una maggiore capacità per rispondere alla profonda recessione che si prepara e, soprattutto, per delineare un futuro migliore per i nostri figli e nipoti. L’obiettivo che le Omt si pongono è infatti quello di salvaguardare il canale di trasmissione della politica monetaria nell’area dell’euro, ovvero di impedire che forti tensioni sui mercati dei titoli di Stato (ossia i mercati del debito sovrano) possano portare a innalzamenti eccessivi dei tassi d’interesse, che a loro volta impedirebbero alle banche ed alle imprese di finanziarsi a condizioni finanziariamente sostenibili e accelererebbero la spirale recessiva del Paese interessato, fino all’eventuale default. Politicamente, poi, le recessioni sono tradizionalmente associate a svolte autoritarie che possono minare il tessuto dell’Unione europea (Ue). 

Le Omt consistono nell’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di Stato a breve termine emessi da Paesi in difficoltà macroeconomica. La situazione di difficoltà è identificata dal fatto che il Paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con il Meccanismo europeo di stabilità (Mes). La data di avvio, la durata e la fine delle Omt sono decise dal Consiglio direttivo Bce in totale autonomia e in accordo con il suo mandato istituzionale. Le Omt pongono l’accento sui tassi a breve termine e in particolare sui titoli sovrani con scadenza compresa tra uno e tre anni. Non ci sono limiti ex ante all’ammontare complessivo delle Omt. 

La principale peculiarità di queste operazioni è che con esse l’unione monetaria si è impegnato a ricevere lo stesso trattamento di un qualsiasi creditore privato, ottenendo uguale remunerazione e non potendo vantare alcuna priorità in caso di ristrutturazione del debito. La liquidità immessa nel mercato a ragione dell’acquisto dei titoli di Stato sarà pienamente sterilizzata, cioè riassorbita (ad esempio vendendo altri titoli) per evitare che queste operazioni interferiscano con la politica monetaria che mira a controllare il tasso di inflazione. La Bce si impegna a pubblicare mensilmente l’ammontare delle Omt effettuate, disaggregate per Paese e il valore di mercato delle attività acquisite. 

Si potrà dire dato che per usufruire delle Omt occorre “passare” per il Mes si rischia uno stigma ed una perdita di sovranità in materia di politica economica. Si potrebbe, però, varare un programma di risposta alla recessione simile a quello tedesco, effettuando in parallelo un riassetto strutturale. Occorre pensare che il riassetto dell’economia italiana è doveroso non solo per gli impegni assunti quando entrammo nell’eurozona e da allora ribaditi in più occasione ma essenziale per dare un futuro alle nuove generazioni. La politica dovrebbe percepire la rabbia dei giovani per la crescente consapevolezza del fardello del debito che i baby boomers (ormai anziani) hanno posto sulle spalle dei millennials e di coloro nati un paio di decenni prima. 

Ricordiamoci il caso delle linee di credito del Fondo monetario internazionale (Fmi), di norma varate per evitare crisi di breve termine e con condizionalità tarate a questi obiettivi. Interessante il prestito stand by all’Italia del 1974, fortemente voluto nel nostro Paese dal ministero del Tesoro 

(allora guidato da Emilio Colombo) e dalla Banca d’Italia (allora governata da Guido Carli) perché le condizioni relative alla finanza pubblica avrebbero impedito quella che sarebbe stata una crisi della bilancia dei pagamenti e del tasso di cambio della lira. Una svalutazione, al pari di tutte le svalutazioni, avrebbe causato perdite (di reddito e di capitale) soprattutto alle fasce più deboli. 

Anche la Banca mondiale ha esteso linee di credito all’Italia (in effetti alla Cassa del Mezzogiorno principalmente per l’acquisto dall’estero di macchine utensili e componenti per la produzione industriale) sino al 1964; ciascuna linea di credito era accompagnata da condizioni relative non solo alle modalità per gli appalti, ma anche all’utilizzazione del finanziamento e ad impedire infiltrazioni non desiderate e non desiderabili. La Banca esercitava un’attenta vigilanza. Grazie a questa condizionalità, “la Casmez – sostiene Amedeo Lepore nel libro “La Cassa per il Mezzogiorno la Banca mondiale. Un modello per lo sviluppo economico italiano” Rubettino, 2013 – è stata molto di più di una intuizione felice. Un modello per lo sviluppo realizzato grazie a un impianto studiato nei minimi particolari, concordato e promosso anche dalla Banca mondiale”. Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso gareggiava per efficienza ed efficacia con la banca di sviluppo tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau, oggi in prima linea per incanalare i 550 miliardi di euro di finanziamenti e garanzie messe a disposizione dal Governo tedesco per sostenere imprese grandi e piccole nella crisi del coronavirus. 

Certo per chiedere gli Omt ci vuole coraggio. Non mi sembra, però, che Don Abbondio sia ricordato come un condottiero di vittoriose battaglie e guerre. 

A FUTURA MEMORIA

Non è ancora il momento di “fare i conti”, con le responsabilità della politica nei confronti della esplosione in Italia del Covid-19.

Non lo è ancora, perché siamo a metà del guado e perché in mezza Italia la virosi non è ancora arrivata al culmine.

Ma alcuni punti fermi vanno messi fin da ora.

1)      Nei fatti, in ITALIA non esiste un SSN (servizio sanitario nazionale) ma esistono diciannove SS regionali (+ i 2 provinciali di TN e BZ), come è dimostrato dalla netta diversità dell’ incidenza della virosi tra le diverse regioni,  a parità di abitanti. Ossia dell’indice di morbilità per milione di abitanti.

Su questo, ad esempio fanno testo le bellissime tabelle pubblicate per più e più giorni dal giornate La VERITÀ, su dati provenienti dalla Protezione Civile, dati raramente ripresi da altri quotidiani.

Il SSN è unico solo perché il 99% della spesa sanitaria nazionale proviene da Roma, essendo fissata dall’annuale legge di bilancio.

2)      Anche la mortalità causata dal COVID-19 è largamente diversa da regione a regione. Ma, di questo, parleremo in un altro articolo.

….Continua a leggere → Art_Stefano Biasioli_A FUTURA MEMORIA 13.4.20

DENTRO ai NUMERI del COVID-19 in VENETO

Da settimane il buon Luca Zaia, Governatore del Veneto, tiene una conferenza quotidiana sull’andamento della pandemia, in regione Veneto.
Lo abbiamo ammirato per la costanza e l’impegno quotidiano posto in questa vicenda. È l’emblema della tenacia veneta, nelle avversità.
Luca Zaia, alle ore 12,30 di ogni giorno, sforna i dati e alcune tabelle sull’andamento della virosi, a beneficio dei giornalisti.

Noi dell’APS-LEONIDA, come formichine, abbiamo incasellati tanti numerini e abbiamo elaborato grafici quotidiani, mettendoli a disposizione dei nostri pensionati iscritti.

Con rammarico, però, dobbiamo dire che alcune informazioni importanti non sono state date alla stampa, che nemmeno le ha richieste.
Cercheremo di darle noi.

Ad oggi, il CONTAGIO VENETOper MILIONE di ABITANTIè stato pari ad un valore medio di 2.667 infettatiogni milione di abitanti, con valori massimi a Verona (3.335) e Padova (3.272) e minimi a Rovigo (1.064).
Perché queste differenze? In attesa che gli “scienziati” rispondano, una qualche idea, forse non peregrina, ce la siamo fatta.
Ancora.

In ospedale sono entrati(finora) circa 2.200 persone infettate, con sintomi gravi. Talmente gravi che, nei giorni iniziali, il 30% di esse(circa) finiva in rianimazione. Il top dei ricoveri si è avuto il 31 marzo (2.084 pazienti), ma – in quel giorno- “solo” il 16,8% di essi era in terapia intensiva (352).
Da allora
, il numero dei ricoverati si è progressivamente ridotto, fino al valore odiernodi 1.778. Ma il dato significativoè rappresentato dal valore attualedeiricoverati in terapia intensiva, 257, pari al 14,45% del totale. Da ben 17 giorni questa percentuale è in netta riduzione.

Considerazione banale. Dopo la “botta iniziale”, i sanitari veneti sono stati in grado di ripartire in modo ottimale i pazienti, in base alla gravità del quadro clinico. Bravi!

Come ottimale è stato il percorso sanitario venetoarticolato in: follow-up domiciliare(18.567 isolati),screening separato(all’entrata dell’ospedale), aree- percorsi Covide non Covid, ospedali Covid, assistenza adeguata.
Per non parlare dell’uso massiccio dei TAMPONI(180.700 ad oggi) e della decisione rapida di blindare VO’ Euganeo, all’origine del fattaccio.
Molti i morti
, purtroppo: il 5,99% degli infettati, includendo le persone decedute nelle case di riposo.
MOLTE RISPOSTE DOVRANNO ESSERE DATE.E, con calma, le richiederemo.

Quale è stata la mortalità delle persone in terapia intensiva? Quante comorbidità avevano?

Quali sono state le scelte terapeutiche “ottimali”, pur in assenza di protocolli scientifici autorizzati e validati?

Quanti ricoverati in terapia intensiva hanno effettuato terapia sostitutiva extracorporea, per un quadro di insufficienza multiorgano?

Tutti i guariti saranno monitorati nei mesi a venire e come? Con tamponi o con test anticorpali?

Quando i veneti “apparentemente sani” potranno verificare con test personali (anche a pagamento) se sono o non sono immuni contro questo maledetto virus cinese?

Sono domande cruciali.

Ma dalle risposte relative dovrà nascere un nuovo piano sanitario veneto, in grado di affrontare non solo le code di questa pandemia, ma anche le prossime pandemie, che ci saranno ancora, se non cambieranno le condizioni igieniche dei mercati cinesi.

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione

Pubblicato su StartMagazine il 20.4.20

DOMENICA delle PALME e dintorni

La pandemia COVID-19 ha stravolto le nostre abitudini. Il lungo isolamento porta a alcune riflessioni, più o meno banali.
ECCOLE…

La  PROCESSIONE NEGATA

A molti non interesserà, ma al 16% di cattolici italiani interessa e come.
Papa Francesco è riuscito a fare un miracolo al contrario: la mancata celebrazione della Domenica delle Palme, come inizio della Settimana Santa.
Un rito ufficiale che dura da oltre duemila anni e che si interrompe oggi, per la prima volta. Un fatto traumatico, per chi è credente. Un fatto insignificante, per tutti gli atei.Ho detto e scritto, tutto ciò è responsabilità di Papa Francesco e non della virosi in atto.
Perché chiudere le Chiese al culto pubblico (sia pur con l’adozione di precauzioni identiche come quelle in atto nei supermercati e nei mercati all’aperto) e non attivare una PROCESSIONE delle PALME, ridotta e con estrema cautela, è un evento che sarà registrato nei libri di storia, di certo in quelli relativi alla storia della CHIESA CATTOLICA, APOSTOLICA, ROMANA.
Di quella che onora la Trinità, la Madonna, i Santi……e non un distorto senso del naturalismo.
La “messa virtuale” e le “processioni virtuali” sono poca cosa….Manca la vera celebrazione dei “misteri” e, soprattutto, manca la Comunione, fondamentale per la vita cristiana.
Una cosa non mi manca, il
“dateVI un segno di pace…”, seguìto dall’incrocio di mani, più o meno sudaticce. Questo gesto (che è nato solo dopo il Concilio voluto da Papa Giovanni XXIII ) probabilmente sarà abolito per sempre….

IL CONSUMISMO

Se guardate nei vostri armadi, vi accorgerete che siete pieni di vestiario. Vesti e indumenti per ogni stagione, sportivi o “classici”; di scarpe e di calzature per lo sport (compreso quello che fate una volta all’anno). Siete pieni di televisori, quasi in ogni stanza della vostra casa, eccetto quella del bagno…
Avete 1 o 2 telefonini a testa, per non parlare delle “tavolette”  e dei computer (fissi e portatili).
Una stampante, decine di pennette, decine – forse centinaia – di CD di musica che non sentirete mai, come non metterete mai ordine alle migliaia di foto scattate col telefonino.
Foto che non guarderete più o, forse, solo 2 o 3 volte nella vostra vita.
Avete decine di penne e matite, ma non scrivete da mesi o forse da anni.
Avete appena cambiato macchina e, da un mese, non la potete toccare o la usate solo per arrivare fin dal giornalaio.

IL GIORNALAIO

Un mestiere apparentemente declinante, che invece il COVID-19 ha rilanciato alla grande. Perché? Perché la carta stampata ha, in tempi di prigionia, un valore importantissimo, che la lettura dei tablet non ha. Ti fa sentire parte di una comunità: chi ama toccare i fogli e leggere le notizie cartacee è un gruppo consolidato di lettori. Sono quelli che scrivono “lettere al direttore”, sono quelli che amano essere gruppo e farsi sentire. “QUEL GIORNALE” vissuto come club, soprattutto in tempi di Covid-19.
Il vostro edicolante Vi confermerà che le vendite dei quotidiani sono aumentate, in questo mese.

L’OPEN SPACE

Da almeno 4 decenni ci hanno rotto le scatole con l’OPEN SPACE negli uffici.
Le “leggi” (!) della comunicazione hanno eliminato gli spazi chiusi – per i vari impiegati e dirigenti – a favore dell’unica stanza, per tutti o per molti addetti. Unica stanza, priva di protezioni individuali, anche modeste.
TU, LEI e il computer. Non pareti o paretine di cartongesso, non pannelli di plexiglas (trasparenti)  come protezione, ma spazio aperto. Dove tutti starnutiscono, emettono goccioline di vapore (più o meno infettanti), mangiucchiano, bevono, lavorano. Vivendo per ore in una atmosfera potenzialmente inquinante…
Finirà anche la “mistica” dell’open space, nel post-Covid?

LE SANIFICAZIONI

Forse la virosi ha insegnato agli italiani che le norme igieniche sono fondamentali, anche nel 2020.
Forse, la virosi ha insegnato agli italiani che, una volta liberati da questa clausura, dovremo riempire i nostri armadi anche di PRESÌDI SANITARI, di soluzioni disinfettanti, di mascherine, di vestizioni protettive, di gel igienizzanti, di Plaquenil o farmaci analoghi.
Perché? Perché una infezione virale, Corona o Non-Corona, ritornerà, a cadenza periodica.
Frutto perverso dell’universalismo, che a tanti piace. Frutto perverso dei mancati controlli sanitari su chi si muove, soprattutto in aereo o in treno.
Sarebbe una riduzione della libertà individuale? Perché, questa di questi mesi, non lo è già stata?

LA PRIVACY

Chi scrive ha sempre sostenuto che, in questa era, la privacy è solo un sogno, irrealizzabile.
NON ESISTE, alla faccia di quello che ci hanno raccontato.
Questa virosi l’ha dimostrato. Lo dimostra la dispersione dei dati sanitari dei malati, quello che è successo all’INPS pochi giorni fa, il ruolo anti-privacy del telefonino e del telepass. Per non parlare di chi è in grado di violare i nostri conti-correnti o i segreti del Pentagono.
E non mi soffermo sulle lesioni alla nostra democrazia, fatte da chi ha pensato e pensa di gestire il Paese con una serie di DPCM, violando le prerogative del Parlamento e le regole costituzionali.

UNA IDEA PER LA RIPRESA

Passata questa maledetta virosi, crescerà la richiesta di sanificazione degli ambienti, pubblici e privati.
Ecco, un nuovo obiettivo per la nostra industria, a partire dalla RIELLO & C. di Legnago, Verona
Sistemi di disinfezione, almeno giornaliera, per mezzi pubblici e privati. Aerei, treni, autobus, filovie.
Autovetture dei tassisti e degli NCC. Autovetture private. Non più inutili “gadgets” per auto, ma apparecchietti per la sanificazione delle stesse, da attivare alla fine della serata, con la chiave della macchina.
E, inoltre, l’immenso campo della sanificazione della propria casa. Che si tratti di ozonizzazione, di produzione di perossidi di idrogeno o- addirittura – del “MAGNEGAS (=H8) per l’energia necessaria, nulla quaestio.

Dopo questa strage, qualcosa di buono può nascere.

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione

FUTURO PROSSIMO VENTURO… idee per Luca Zaia

Le curve di sopravvivenza – sia quelle diffuse da fonti ufficiali che quelle prodotte dall’APS-Leonida – ci inducono a pensare che si sia percorsa oltre la metà del TUNNEL COVID-19 e che si incominci a vedere la luce dell’uscita dal tunnel stesso.

L’andamento della pandemia, in Veneto, è stato molto più “leggero” (pur nella gravità delle infezioni e del numero dei morti) rispetto a quello di Regioni viciniori (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte), soprattutto se rapportato ai milioni di abitanti.

Nessuno, un giorno, potrà negare che ciò sia dovuto alle scelte di Luca Zaia e del suo team, nonché alla intuizione del Governatore di chiudere al 100% il primo focolaio di Vo’ Euganeo, di partire a tappeto con i tamponi e di separare i percorsi ospedalieri dei pazienti Covid da quelli non Covid. Bloccando l’attività ordinaria non urgente e creando spazi – addirittura ospedali – specifici per gli infettati.

Intuizioni brillanti, ma decisioni “dure” da parte di un politico che, in tutte queste settimane, ci ha sempre messo la faccia , anche nelle scelte più impopolari.

ADESSO SI PONE IL PROBLEMA DI COME USCIRE dal blocco economico, riattivando la vita normale e tutte le attività lavorative.

Pensiamo che l’uscita dalla segregazione domiciliare possa essere a scaglioni, privilegiando prima chi lavora e quindi le fasce di età dai 18 ai 65 anni, con le dovute cautele.

I “vecchietti” (ex quibus, ego) dovranno rassegnarsi a aspettare ancora qualche tempo. Anche in questo caso vanno privilegiati coloro che, pur pensionati, svolgono ancora una attività professionale, dimostrata dalla loro partita IVA.

Ma come rilanciare l’economia veneta ? Qualche idea…

1 – Chiedendo ai veneti di acquistare e consumare prodotti veneti (in primo luogo) e poi prodotti italici: non solo per quanto riguarda l’alimentazione, ma anche per quanto riguarda i comuni beni di consumo.

2 – Utilizzare l’esperienza sanitaria di queste settimane per avviare un processo che consenta alla sanità veneta di essere largamente “fornita” da produzioni sanitarie venete, sempre e non solo in caso di – presumibili – nuove epidemie.

Quindi la Regione Veneto dovrà incentivare produzioni sanitarie “autoctone”, nel senso più ampio possibile.

Si porrà poi il problema di mantenere la dotazione ampia di posti di rianimazione e di terapia infettiva sui livelli attuali, per evitare – in caso di bisogno- di dover riprogrammare urgentemente le dotazioni attuali.

3 – Gli Ospedali COVID (vecchio ospedali rimessi in funzione a Marzo) dovranno essere mantenuti con cura (pulizia, servizi…) per evitare un precoce, nuovo, invecchiamento. Questo compito potrebbe essere svolto dai Volontari della Protezione Civile, che tanto ruolo hanno avuto…

4 – Va modificata l’organizzazione ospedaliera, potenziando il ruolo degli OSPEDALI HUB (ex ospedali regionali) e finalizzando chiaramente compiti e funzioni dei restanti ospedali, eliminando le sovrapposizioni e i dubbi gestionali emersi recentemente. Ciò va chiarito finalmente ai Sindaci ed ai Cittadini, molto legati alle realtà locali.

In un mondo ideale, andrebbe ripristinata la vecchia articolazione tra Ospedale regionale, provinciale e zonale. In ogni caso, andrà rivista la suddivisione delle ASL perché le zone di criticità sono anche dipese dalla eccessiva ampiezza di alcune ASL (nel veronese e nel veneziano), con conseguente debolezza gestionale.

5 – Dati i ritardi dimostrati dal Governo centrale, va costruita a livello regionale una PROTEZIONE CIVILE SANITARIA, dedicata alle emergenze sanitarie e, con una BREVE e CHIARA LINEA di COMANDO.

6 – SE l’azienda ZERO dovesse restare, essa dovrebbe farsi carico di mettere in piedi e di mantenere un MAGAZZINO SANITARIO IN GRADO di GARANTIRE l’AUTONOMIA DEL MATERIALE SANITARIO per ALMENO TRE MESI.

Chi scrive ricorda bene i problemi di fornitura del materiale per la dialisi, in tempi di crisi petrolifera… Ciò che è successo con le mascherine, con i letti, con i ventilatori e con i tests diagnostici, non dovrà più ripetersi….

7 – Passata la festa, gabbato lo santo. Adesso tutti inneggiano agli atti eroici dei medici e del personale sanitario tutto. Ma… ma già sono partite le prime denunce contro i medici… E allora? Allora la REGIONE DOVRÀ ATTIVARE UNA POLIZZA ASSICURATIVA GLOBALE (aspetti legali e fisici) a tutela dei suoi dipendenti sanitari. Cosa che oggi non è. Le leggi sanitarie (da Gelli in poi) hanno dimostrato di essere inadeguate a garantire la tutela di chi lavora in sanità…. Occorre provvedere, una buona volta.

8 – Infine (per ora) UNA IDEA ESSENZIALE.

CREARE UN FONDO REGIONALE PER IL PERSONALE MEDICO e NON-MEDICO, basato su una raccolta volontaria di denaro e su un IBAN specifico, per MIGLIORARE LE RETRIBUZIONI dei MEDICI OSPEDALIERI e del PERSONALE SANITARIO OSPEDALIERO TUTTO, i grandi protagonisti, gli eroi nascosti, di questa triste vicenda COVID.

Nulla, in questo senso, arriverà da Roma, da quella Roma incapace di stipulare i contratti della  sanità alla loro scadenza fisiologica ed incapace di valorizzare economicamente queste professionalità.

Insomma, la proposta riguarda una INDENNITÀ VENETA, analoga a quella trentina o bolzanina. Una indennità finanziata specificamente dai cittadini veneti, per chi lavora a tutela della loro salute.

Sollecitati, i Veneti risponderanno e contribuiranno a questo fondo da 100 milioni di euro: basterebbero 10 euro/veneto, per iniziare.

9 – Sistemato a dovere il COVID-19, Zaia dovrà affrontare il problema dei PFOA-PFAS.

Come? Con un controllo a tappeto dei valori ematici di queste sostanze in tutti gli abitanti delle zone a rischio. E consentendo a chi lo desideri, di fare gli stessi esami, a pagamento.

E poi? E poi andrà fatto un serio programma di DEPURAZIONE di queste sostanze, partendo dai soggetti più giovani e quindi più a rischio di epatopatie, encefalopatie, tireopatie, nefropatie causate da questi tossici.

Anche qui, va fatto un piano industriale, per le azioni sanitarie e per quelle relative alle opere civili (nuovi acquedotti, disinfestazioni….).

Avremmo altre proposte ma, per ora, chiudiamo qui.

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione

ZAIA NON FA POLEMICHE MA LE CANTA CHIARE…

Sia chiara una cosa. Non siamo fan di Zaia e non abbiamo mai fatto parte della coorte dei “laudatores” della Giunta  regionale veneta, da Lui governata.

Ma, da quando è scoppiato il bubbone COVID-19 in Lombardia e poi subito dopo, in Veneto, abbiamo maturato e continuiamo a maturare  un profondo rispetto per quanto il Governatore ( con il suo gruppo) sta facendo nel tentativo , assai temerario, di contenere la virosi con atti e con decisioni dure, antipopolari ma necessarie.

Prima decisione, dura ma indispensabile: dichiarare zona off-limits Vo’ Euganeo, con i suoi 3.000 abitanti.

Seconda decisione: ampliare immediatamente gli spazi delle rianimazioni e dei reparti di malattie infettive.

Terza decisione: allestire tende di screening all’esterno degli ospedali, per separare i percorsi dei potenziali infettati da quelli dei malati ordinari.

Quarta decisione: tamponare a tappeto.  VO’ Euganeo, i ricoverati, i nuovi malati, i sanitari impegnati sul fronte. Tamponare tutti i possibili soggetti, pur con i limiti legati alla carenza di tamponi.

Quinta decisione: metterci la faccia, con una conferenza stampa quotidiana per raccontare i numeri del contagio, i progetti e le difficolta quotidiane. Per ribadire 100 -mille volte – la necessità di stare in casa, di uscire solo per necessità assolute, bardati a tutto punto.

Sesta decisione: la creazione di ospedali COVID, attrezzati a tutto punto, e la riapertura di ospedali dismessi (almenon 7)  ove far affluire i pazienti guariti in quarantena e i pazienti piu’ lievi.

Settima decisione: comperare direttamente i presidi sanitari mancanti (mascherine, letti per rianimazione, ossigenatori, tamponi, kits per la diagnostica rapida, analizzatori automatizzati etc)  senza aspettare lo arrivo dei fondi governativi o della protezione civile nazionale.

Risultati parziali?

1) Un contenimento, in Veneto , dell’infezione, anche se la battaglia è ancora lunga;

2) 100.000 tamponi effettuati, nonostante le difficoltà logistiche;

3) 20.064 veneti in isolamento e seguiti a domicilio, evitando (nei limiti del possibile) l’accesso all’ospedale;

4) Produzione di milioni di mascherine “venete”, ad opera di industriali veneti, per tamponare la carenza di un fondamentale presidio difensivo individuale;

5) Un lavoro magnifico da parte di medici, infermieri, volontari, alpini, protezione civile …guidati da Zaia, Lanzarin, Bottacin, sulla base delle indicazioni di uno staff scientifico.

QUESTI I FATTI VENETI

Spiace allora dover registrare le parole “offensive” del ministro Boccia che ha affermato – ieri – che “..le regioni da sole sarebbero crollate…senza lo stato non ci sarebbe stato nulla…”

Oggi, pacatamente (Conferenza stampa delle 12,30) ad una domanda su questo, ZAIA ha pacatamente risposto, piu’ o meno cosi’ :

« …Non siamo accattoni…abbiamo una chiara idea di quanto il Veneto ha speso per questa battaglia e di quanto il Veneto abbia ricevuto da Roma…Non siamo stati riempiti di mascherine, da Roma…ma la polemica la faremo a guerra finita…I 700.000 tests rapidi li abbiamo comperati Noi, non il Governo…Abbiamo bisogno di 200.000 mascherine PF3 al giorno, il Governo ce ne ha mandate 3.210 in tutto… Abbiamo bisogno di 550.000 mascherine chirurgiche al giorno ma il governo ce ne ha date 682 in tutto…..Debbo ringraziare i veneti che ci stanno dando tanti soldi, perché le spese sono tante….

…Debbo ringraziare gli industriali veneti, che ci hanno regalato mascherine e attrezzature…

NO, NON ENTRO IN POLEMICA con BOCCIA, ma ha fatto un grosso scivolone…»

QUESTO, Luca ZAIA.

Un uomo che ha fatto errori, come tutti noi, ma che si sta rivelando un UOMO di POLSO, un uomo con i “controc…”, come diciamo noi Veneti.

Un uomo ben diverso dai ministri di questo governo. Gente che se ne sta in panciolle a sentenziare, senza aver passato un giorno al fronte.

TERQUE QUATERQUE TESTICULIS TACTIS

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Presidente FEDERSPeV Provincia di Vicenza.

Articolo pubblicato su StartMagazine il 30.3.20

PENSIERI COVID-INDOTTI

Articolo di Stefano Biasioli

Non ci possiamo esimere dall’affermare che la triste vicenda del COVID-19 conferma che le scelte sanitarie fatte negli ultimi dieci anni (dal Governo MONTI  in poi) con tagli secchi alla sanità  (pari a 35 miliardi in 10 anni), il taglio di migliaia di posti letto ospedalieri,  la mancata programmazione degli organici medici e sanitari (che gia’ da dieci anni si sapevano sarebbero stati carenti nel futuro immediato), il prolungato blocco contrattuale (con stipendi ora nettamente inferiori alla media europea) e l’esplosione della burocrazia sanitaria  sono pesantemente responsabili dell’attuale emergenza sanitaria.

Mancano posti letto di rianimazione e di malattie infettive, mancano presìdi sanitari e terapeutici essenziali (letti, mascherine, camici, materiali disposable di ogni genere, apparecchi per test automatizzati…..) per colpa di chi la CONSIP ha voluto e di chi la CONSIP gestisce.

Un esempio su tutti.

LA CONSIP NON E’ STATA NEPPURE IN GRADO DI ALLESTIRE UN DEPOSITO ADEGUATO DEI FARMACI e DEI PRESIDI SANITARI ESSEZIALI.

In data 28/03/20, dopo un mese dal primo DPCM urgente (quello che fissava l’emergenza fino al 30/06/20 !), in Veneto mancano mascherine protettive, tamponi, reagenti per gli esami, respiratori automatici.

E, poiche’ la Consip si è rivelata inadeguata, Zaia (con i soldi dei veneti !) ha comperato milioni di mascherine, 90 respiratori, 100.000 Kits e 11 macchine per la diagnosi urgente.

Non solo, ma Zaia e C. hanno allestito – con le sole forze venete- ben 400 posti di terapia intensiva e 740 posti letto per pazienti positivi, in 7 ospedali dedicati al Covid-19.

E la Consip, dov’era?

E il Commissario Borrelli, cosa ha dato al Veneto, dal 28 gennaio ad oggi ?

Ancora, dopo i tagli decennali al personale sanitario, sono stati assunti, dalla Regione Veneto, 564 sanitari: 123 medici, 239 infermieri e 56 OSS.

I RITARDI dell’AIFA

Da medici, diciamo che in una situazione emergenziale si devono usare – PER STATO DI NECESSITA’ !- tutte le armi terapeutiche esistenti, quelle certe (poche, date le caratteristiche di questa virosi) e quelle non certe, ma potenzialmente utili.

Oltre 8.000 morti in Italia e 313 morti in Veneto (ad oggi) impongono l’uso di tutto il potenziale terapeutico possibile: ossigenatori, farmaci, plasma, EMOPERFUSIONI e TECNICHE DIALITICHE di OGNI TIPOLOGIA.

A partire dalla Clorochina ai domiciliari in peggioramento, agli antivirali – con tutto il resto- ai ricoverati: fase del triage, fase nel reparto infettivi, fase in terapia intensiva.

E, invece, l’AIFA, per settimane, ha continuato a dare segnali discordanti e a prendere tempo.

In attesa di dare il via a studi clinici che daranno risposte attendibili solo dopo almeno 3 mesi  dall’avvio….

Ma le persone muoiono, per insufficienza respiratoria, per insufficienza renale acuta, per encefalite. Muoiono, affogate dall’interleuchina 6.

Ogni perdita di tempo è colpevole!

E la colpa non è certo dei meravigliosi  medici (41 morti, ad oggi) e dei fantastici infermieri…No, la colpa è dei soliti burocrati di Roma e dintorni.

Di quelli che teorizzano la medicina bocconiana e difendono un sistema organizzativo insufficiente, per le necessità attuali.

Ne riparleremo. Ma una morale la possiamo gia’ trarre.

MORALE

L’emergenza odierna conferma quanto da NOI sempre sostenuto: L’EMERGENZA SANITARIA VA AFFRONTATA CON UNA ORGANIZZAZIONE AUTONOMA, con una breve linea di comando ( Commissario medico nazionale, Commissari regionali) e con una capacità di spesa adeguata e priva di passaggi burocratici.

Dopo il Covid-19, la sanità italiana dovrà pesantemente ristrutturarsi, ripartendo da ciò che di buono questa virosi ci ha insegnato.