IMPORTANTE ! … prima udienza alla C. Costituzionale…

Cari Tutti, 

in questo tempo così difficile per il nostro Paese, abbiamo il piacere di comunicarVi che è arrivata la prima pronuncia relativa ai ricorsi da Noi promossi avverso le misure in materia pensionistica, contenute nella Legge di bilancio n. 145/2018. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Veneto con ordinanza del 19-5-20 (trattasi di pensioni militari) ha sospeso il giudizio sino alla definizione dei giudizi di legittimità costituzionale. È un primo passo! Ci auguriamo che non solo le altre Corti si pronuncino in tal senso, ma che vadano oltre rimettendo le questioni da Noi sollevate alla Corte Costituzionale, che terrà la prima udienza il:

20 ottobre p.v.

… seguiranno ulteriori notizie appena avremo altri dettagli.

Cogliamo, altresì, l’occasione per leggere  un articolo a firma del Prof. Michele Poerio e Dott. Carlo Sizia sul Dl rilancio pubblicato su Start Magazine del 24 u.s.  Decretone cosiddetto di Rilancio

PIA, NINO, ADA, GINO…..PIANINO, ADAGINO

di Stefano Biasioli – martedì 19 maggio 2020

“Pia, Nino, Ada, Gino….andavano in giardino….Quanti erano e come si chiamavano ?”

            Ricordate la filastrocca, che cantavamo da piccolini? Secondo me si adatta bene alla situazione attuale.

            SANITÀ ITALIANA

            Regole generali e finanziamento centrale, vincolato da decenni dal problema deficit/PIL, con ovvii tagli ai finanziamenti.

            Gestione regionale, con estreme differenze in tema di organizzazione e di organici. Differenze non solo tra Nord e Sud, con i migranti sanitari dal basso all’alto del paese. Ma anche tra le regioni confinanti del Nord. Un esempio su tutti. L’andamento del COVID-19, ben diverso tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli V.G.

            Strutture centrali: CONSIP, ISS, AGENAS, Ministero Salute….tutti largamente inadeguati all’emergenza. Tutti bypassati da una “ Task force” scelta da Conte e Speranza. Domanda: e il Consiglio Superiore di Sanità, che fine ha fatto?

            Gestione regionale: ha funzionato dove la filiera gestionale dell’emergenza è stata molto corta. In Veneto: Zaia, 2 assessori (sanità e protezione civile), 2 tecnici: Dottoressa Russo e Prof. Crisanti. Filiera corta, con il Governatore  che si è fidato dei suoi tecnici. Noterella. La Dottoressa Russo aveva già scritto il piano emergenziale all’inizio di Gennaio 2020.

MORALE:

chi potrà, domani o dopodomani, dire che è doveroso tornare alla gestione  centralizzata del SSN?

….. Art_Stefano Biasioli_PIA-NINO-ADA-GINO_19.5.20

NON FINISCE QUI

di Stefano Biasioli – lunedì 18 maggio 2020

pubblicato su Startmag.it

Come ogni giorno, domenica,  alle ore 12.30, ci siamo sorbiti la conferenza stampa di Zaia, dalla sala della Protezione Civile di Mestre.

I NUMERI

Ha snocciolato i soliti numeri che testimoniano, per grazia ricevuta, il calo della virosi in Veneto.

A differenza dei 500 esperti nazionali, il “gruppo di lavoro veneto” non ha sbagliato le previsioni sull’andamento del virus. Dal 3 maggio u.s., i letti occupati in T.I. (terapia intensiva) sono calati da 99 a 50 e il numero dei ricoverati è sceso da 1.056 a 601. Ma, dato ancor più significativo, al 17/05 il numero dei pazienti – ancora positivi- ricoverati in Veneto è pari al 50% di tutti i pazienti attualmente ricoverati per virosi  (322 in tutto).

Battaglia vinta? No, risultato importante ma non ancora definitivo. L’esito finale dipenderà da tante cose, dal lato virus (suo imborghesimento, effetto  del caldo sul virus) ma soprattutto dal comportamento di ogni cittadino veneto: tutela personale, ossia mascherine, distanza, buon senso civico.

IL RETROSCENA

Numeri positivi, notizia importante. Ma, ancor più “succoso” è stato il retroscena romano, raccontato. L’iniziale DPCM prevedeva che la nuova fase della virosi guidata dalle LINEE GUIDA INAIL, ossia da quelle che prevedevano rigidamente ampi spazi perché potessero essere riaperte le attività commerciali, i bar, i ristoranti, le spiagge. Venerdì, dopo un lungo incontro telematico tra Governo e Regioni, si era convenuto che le linee guida da rispettare non fossero quelle INAIL ma quelle unitariamente proposte dai Governatori.

Tutto a posto? Neppure per sogno! Nonostante i racconti di Conte a telecamere riunite, la bozza successiva del DPCM “sfumava l’accordo di venerdì notte”, costringendo i Governatori a chiedere un nuovo incontro notturno (ore 1-3 della notte di domenica 17) in cui alla fine, Conte accettava di includere nel testo finale del DPCM le linee guida regionali, sia come parte integrante del testo che come allegato allo stesso.

Perché Conte ha accettato questo cambio di passo? Perché pensa di aver gettato sulle spalle dei Governatori l’eventuale ripresa della virosi. Il Nostro, dopo mesi in cui ha cercato vanamente di “fare il Duce ovvero il Churchill” – ovviamente incartandosi sempre di più e caricandosi di errori di cui un giorno risponderà-, adesso cerca di scaricare i possibili ri-contagi sui  responsabili regionali. Dicendolo anzi esplicitamente  a Zaia, Bonaccini, Toti e C.

ZAIA e C. non si sono tirati indietro ed hanno accettato la sfida, con grande senso di responsabilità. Perché l’hanno fatto? Perché contano sul grande senso civico e di autotutela del 95% dei loro cittadini, ormai istruiti sul pericolo del contagio.

Però… però nelle stesse ore il viceministro Sileri, evidentemente fuori tempo e fuori luogo, sparava dichiarazioni a raffica, attribuendo alle Regioni ogni nefandezza relativa al Covid-19 e sparlando a favore di una modifica del titolo V° della Costituzione, ossia del ritorno dell’intera gestione sanitaria (ordinaria e emergenziale) a carico dello Stato.

Quello Stato e quei “corpi statali” che sono stati colpevolmente carenti, come tempi e come scelte.

E, invece…

L’AUTONOMIA REGIONALE

I fatti hanno ampiamente dimostrato che, nell’80% dei casi, le Regioni hanno affrontato in modo adeguato la pandemia, usando armi e munizioni da loro autonomamente procurate, visto che quelle ripetutamente promesse dal Governo avevano-hanno fatto la fine del promesso denaro pubblico: sono arrivate in ritardo, con il contagocce, in quantità insufficiente .

E che dire delle LINEE GUIDA COMPORTAMENTALI/STRATEGICHE?

Quelle nazionali, confuse e anch’esse in ritardo, sono state emanate dopo le drastiche ma adeguate scelte di Zaia: blindare VO’ EUGANEO, tamponare infettati / parenti / contatti / sanitari, creare in ospedale percorsi COVID e non COVID, potenziare le pneumologie – le malattie infettive – le T.I., usare tutto l’armamentario medico e strumentale possibile e immaginabile.

Scelte terapeutiche responsabili (basate sull’esperienza), in assenza di LINEE GUIDA FARMACOLOGICHE SICURE, nazionali, europee, statunitensi o cinesi.

Perché tanti morti tra i medici e i sanitari? Perché questi Colleghi sono stati mandati a combattere a “mani nude”, ossia con carenza di guanti, mascherine, camici, disinfettanti. Soprattutto nel critico periodo dal 12 febbraio al 23 marzo, in Veneto. Tempi un po’ diversi, altrove, ad esempio in Lombardia e Piemonte.

LE REGIONI SONO STATE ALL’ALTEZZA. E, nei fatti, hanno dimostrato che l’AUTONOMIA REGIONALE È UN VALORE, anche in sanità. Hanno dimostrato che AUTONOMIA E’ RESPONSABILITÀ, da parte di chi governa e da parte di chi è governato.

CONTE NON HA AVUTO FIDUCIA negli ITALIANI e LI HA TRATTATI da SUDDITI, da Febbraio ad oggi. E vuole trattarli da sudditi fino al 31 Dicembre 2020, perché questa è la data prevista per la FINE dell’EMERGENZA , nel Decreto Legge che va  in G.U. lunedì 18.

Capite? Conte vuole bloccare ancora la democrazia italiana, rinviando ancora le elezioni regionali, bloccando l’attività scolastica, bloccando le attività ludiche di gruppo, chiudendo le Chiese.

Anche di questo dovrà rispondere. Non solo del fallimento strategico nella virosi, non  solo del fallimento economico (da regole tardive e pasticciate e da mancata erogazione di sussidi “veri” ai settori fondamentali della nostra economia) ma anche  dell’aver incattivito gli italiani, dimenticando il motto romano “panem et circenses”.Non avendo né il companatico né lo svago, dopo 75 giorni  di clausura coatta, gli italiani si incazzeranno di brutto. Presumo. Si incazzeranno, se non vogliono fare la stessa fine dei migranti irregolari: vivere di miseri sussidi di stato, concessi dal “signore” di turno. Questo è il vero cattocomunismo, che va bene al PD, ai 5S, a Mattarella, a chi occupa- purtroppo- il soglio pontificio.

Neppur degno di baciare i piedi ai 2 Papi che l’hanno preceduto. Già, qualche volta lo Spirito Santo non entra neppure nel Conclave. Purtroppo.

Ad maiora!

Stefano Biasioli
Primario ospedaliero in pensione

(LINK per scaricare il testo in PDF)

PENSIERI in LIBERTÀ da “vecchio” Medico…

di Stefano Biasioli – venerdì 15 maggio 2020

Da vecchi medici Noi sappiamo per esperienza che “la scienza o presunta tale” cozza contro la medicina pratica e con la prassi.

C’era una malattia da affrontare, un virus su cui si sa poco, tranne che è partito dalla Cina, forse in Ottobre (giochi militari) e su cui c’è stato per almeno 2 mesi un silenzio cinese, con la OMS che ha dimostrato la sua inutilità dicendo tutto e il contrario di tutto. Idem in Italia, dove tutti i membri governativi + ISS + AIFA + AGENAS  hanno colpevolmente taciuto e si sono fatti trovare impreparati. Pensate alle partite a Milano, Spezia, Torino.

Il SSN è fragorosamente crollato e, per fortuna, varie sanità regionali hanno avuto gente capace. Più nel Triveneto, che in Piemonte e Lombardia.

Adesso il virus sta scemando e “questi noti” vorrebbero farci continuare ad essere “sudditi con la mascherina fino a Natale”, sospendendo i diritti civili e distruggendo l’economia. Pensa al turismo, ai ristoranti, al piccolo commercio.

Per i farmaci, idem. Avrebbero voluto che “i nostri” combattessero a mani nude in attesa di “studi controllati e di linee guida futuribili”. Per fortuna “i nostri” hanno capito alcune cose essenziali: in ospedale, zone Covid e non Covid, potenziamento delle malattie infettive e delle pneumologie, uso “molto attento” della rianimazione (dopo la botta iniziale)”.

E “i nostri” hanno fatto uso dei farmaci “off label”, alla faccia della task force romana. Plaquenil, antinfiammatori, miscele varie, eparina a basso peso molecolare (data la scoperta della CID), plasma, plasmafiltrazione, cartucce chelanti la IL6. Molti si sono dimenticati del complemento e hanno puntato tutto sui linfociti B.

Sono morte 32.000 persone “DI COVID o CON COVID”. Ho rispetto per i morti, ma 32.000 su 60 milioni…. e, nel frattempo, è raddoppiato il numero dei morti di infarto e sono stati trascurati gli oncologici.

Adesso, giustamente, la gente vorrebbe sapere se è sana, se è portatrice sana, se ha avuto la virosi. Ma fare i tamponi e i test venosi è difficilissimo.

Perché ?

Perché ? Dobbiamo tutti restare nel dubbio, odiare i vicini, visitare i malati senza toccarli o guardarli in faccia. Mi fa paura la FIMMG che (Casarà, 3 gg fa a Venezia) pensa di risolvere i problemi sanitari italiani con i 320 milioni stanziati l’anno scorso (con la finanziaria) per comperare supporti di telemedicina. Da mettere a casa…di quanti vecchietti o malati vari?

Come sarà pagato questo loro tempo e quante volte ricorreranno- in seconda battuta-  agli specialisti (cardiologi, internisti etc), che lavoreranno gratis o no?

Prima dei presìdi (ECG; Holter a domicilio) va fatto il cip anamnestico da inserire sulla carta sanitaria;

prima dei presìdi va fatta la diagnostica automatizzata dei referti (ci sto lavorando, con il mio caro amico R. S.,  da 15 anni e siamo a buon punto…) …occorre tornare alla semeiotica di base e alla maieutica col paziente.

Ma, di tutto ciò, la FNOMCEO non parla, come non ha fatto nulla di serio/significativo per i Colleghi andati al macello a mani nude e per gli orfani e le vedove. Sono stati più vivaci gli infermieri.

Un abbraccio a Tutti,

Stefano Biasioli
Primario ospedaliero in pensione

POLITICI, POLITICANTI, SCIENZIATI, MAGHI e PERSONE NORMALI

di Stefano Biasioli – mercoledì 10 maggio 2020

Come al solito, in premessa scriviamo che chi mette nero su bianco questi pensieri ha una tara originaria.

Quello di essere stato un medico ospedaliero, con un ruolo attivo nella principale specialità esercitata (Nefrologia-Emodialisi), nel sindacalismo medico autonomo (CIMO, come Presidente nazionale dal 1999 al 2009 e come Segretario Regionale Veneto dal 1984 al 2009) e della dirigenza pubblica (CONFEDIR, come Segretario Nazionale dal 2008 al 2016). Dal 2010 è Consigliere del CNEL, di quel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, da molti – a torto – considerato “la tomba degli elefanti”.

Posso quindi tranquillamente essere considerato uomo di parte. Ma nessuno mi potrà negare di essere “uno del mestiere” in grado di osservare con competenza quello che succede, in medicina e in politica. Sono sempre stato un uomo libero: non ho fatto carriera per meriti politici ma solo per meriti professionali; non sono né mai sarò “servo del potere”. Tanto meno lo potrei essere in futuro, perché – oggi come ieri –  sono libero di idee e di azioni e non devo fare carriera. Sto bene come sto. Con me stesso e con i miei pensieri, liberi.

Sono un Capricorno testardo, cui non sono mai piaciute le “cose storte” e che ha sempre detto e scritto quello in cui credeva, anche se non gli conveniva.

Ciò premesso, ecco il mio pensiero su quello che è accaduto e sta accadendo in questi mesi.

INCROCI di RESPONSABILITÀ e IRRESPONSABILITÀ

Il COVID-19 ha dimostrato l’inadeguatezza del sistema politico italiano. Ha dimostrato che, in caso di emergenza, la struttura attuale del governo del Paese ( centrale e regionale) è talmente “incasinata” da essere corresponsabile di un aumento della mortalità causata da questa virosi,  per un caos imponente tra  governance nazionale e governance  regionale, se non addirittura comunale. Dovremmo mettere sul banco degli imputati tutti coloro che hanno modificato nel 2001 il titolo V° della Costituzione, creando questo incrocio “impotente” di norme e contro norme. Chi fa chi, a chi compete cosa: regole poco chiare e competenze dubbie. Province fantasma e regioni/province a statuto speciale. Solo alcune, altre – che pur hanno chiesto maggiore autonomia con specifici referendum – tenute a bagnomaria, se non dileggiate.

SANITÀ

La gestione della sanità compete alle Regioni, ma il finanziamento della salute è frutto di scelte centrali, essendo legato al bilancio annuale dello Stato. Conseguenza?

In nome della perenne emergenza economica,si sono sottratte risorse al FSN (35-37 miliardi in 10 anni, secondo studi ormai asseverati), costringendo le Regioni a fare “le nozze con i fichi secchi”, ossia tagliando i posti letto ospedalieri, riducendo la sostituzione delle apparecchiature obsolete, non sostituendo i medici e i sanitari pensionati. Soprattutto i medici.

Ma, colpa ancora più grave, non si è provveduto(a Roma –Governo, inteso come Sanità e Istruzione) a modernizzare la sanità pubblica, intuendo che le patologie stavano cambiando e che occorreva finalizzare meglio le risorse utilizzandole come risposta alle acuzie insidiose (virosi varie) e all’esplosione delle  patologie croniche (invecchiamento e sue complicanze), con mezzi (diagnostici e strumentali) e personale adeguati. L’Università – nonostante gli allarmi dei sindacalisti medici – non ha modificato il suo schema formativo e non ha aumentato il numero degli specialisti in alcuni settori essenziali: anestesia-rianimazione; malattie infettive; geriatria-riabilitazione; cardiologia; nefrologia-emodialisi; immunoematologia; virologia-microbiologia, laboratorio.

Ossia, non si sono fatte scelte tecniche, MODIFICANDO DRASTICAMENTE il SSN, nato nel 1978.Non lo si è fatto, creando ingiustizie sanitarie, testimoniate storicamente (dati ISTAT) dalla “fuga dei malati” dal Sud al Nord.

Non si è voluto provvedere in modo adeguato. Si è invece scelto, per colpa soprattutto delle 7 Regioni “sanitariamente sprecone” al Centro-Sud, di trasformare la sanità italiana in una “azienda bocconiana”, creando sovrastrutture di gestione della spesa affidate a economisti o a igienisti. Distruggendo l’assetto organizzativo di Ospedali e Reparti e stravolgendo la carriera medica, partendo dal presupposto comunistoide che “ un medico vale come un altro” e “un tecnico sanitario vale come un altro”, dovendo essere valutati – entrambi- solo per la capacità gestionale e non per la valenza clinica.

Non più un asse gerarchico medico(Primario-Aiuto-Assistente, come da percorso professionale) ma “tutti dirigenti”, con i vertici (“Responsabili”) scelti in modo ancora più opaco che nei decenni precedenti. Una terna (senza graduatoria), con nomine – da parte del Direttore Generale (D.G)-  basate su “intuitu personae” e non  sul rispetto di una graduatoria professionale, frutto delle scelte di una vera commissione tecnica.  Invece, scelte politiche, opache, con il “nominato” perennemente in posizione “supina” rispetto al potere. Nomine a tempo, quindi a rischio. Ciò ha provocato un abbassamento del livello clinico, non favorendo l’emersione dei migliori.

Il COVID-19 ha dimostrato l’inadeguatezza del sistema politico italiano. Ha dimostrato che, in caso di emergenza, la struttura attuale del governo del Paese ( centrale e regionale) è talmente “incasinata” da essere corresponsabile di un aumento della mortalità causata da questa

A SCANSO di EQUIVOCI

In Italia, ancor oggi, esiste una medicina di eccellenza, esistono medici ammirati in tutto il mondo, esistono clinico-scienziati che hanno fatto progredire la medicina, nel mondo. Ma – lo scrivo con estremo sconforto – la media dei DIRETTORI di UNITA’ OPERATIVE COMPLESSE (così si chiamano oggi i Primari Ospedalieri) è BASSA. Bassa non tanto per carenza di nozioni ma per incapacità di reagire ai tagli sanitari, per paura di firmare decisioni clinico-organizzative pericolose per la carriera, per paura di delegare.

Per paura del D.G. e della magistratura, sempre in agguato e sempre in cerca di colpevoli.Come se la morte di qualcuno non fosse un evento normale, ma fosse sempre frutto colposo  di inadeguatezza medica e di atti criminosi.

I.S.S., AGENAS, AIFA, CONSIP, TASK-FORCE governativa

A livello centrale il COVID è stato affrontato con la nomina di ben 2  Capi-Commissari (Borrelli e Arcuri), che si sono avvalsi di qualche centinaio di “esperti”, spesso privi di competenze specifiche, sanitarie o emergenziali. Il Governo, cioè, non si è fidato dei tecnici di I.S.S., AGENAS, AIFA, CONSIP ma ha cercato di ripararsi  dietro questa task-force, rimasta nell’ombra (tranne che per alcune figure, sempre quelle), ammantata di mistero. Task force invocata, quando serviva, per giustificare decisioni caotiche, in contrasto tra loro, talvolta contrarie al buon senso.

È inutile soffermarsi, oggi, sulla decina di provvedimenti governativi e ministeriali assunti da Conte e C., dalla fine di febbraio in poi. Per fare chiarezza sulle responsabilità politiche di questi mesi, sono già pronte decine di esposti e di denunce, a una delle quali abbiamo collaborato nei giorni scorsi.

Per ora ci limitiamo a dire che, per decidere il SEQUESTRO DOMICILIARE dei CITTADINI, l’USO delle MASCHERINE e la DISTANZA tra le PERSONE, non era necessario ricorrere al parere di centinaia di esperti o presunti-tale.

Bastava aver studiato la storia (dalla peste “ manzoniana” in poi) e bastava emanare poche e chiare norme di “prevenzione e tutela personale”. Cosa non fatta.

Ancora. CONSIP e C. avrebbero dovuto avere a disposizione una quantità adeguata di “presìdi sanitari” di tutela, almeno per gli operatori sanitari:guanti, mascherine, camici, disinfettanti/igienizzanti. In modo da coprire adeguatamente la fase dell’emergenza. Avrebbero dovuto averli in deposito, con gare di approvvigionamento già espletate, in modo da far consegnare direttamente questi materiali dalle ditte produttrici alle singole ASL. Ciò non è stato fatto. Nonostante la virosi cinese fosse nota fin dall’inizio di Gennaio 2020.

Ancora peggio, CONSIP e Governo non hanno semplificato le procedure per l’acquistodi questo fondamentale e basilare materiale, compromettendo così la vita di decine di operatori sanitari, mandati allo sbaraglio senza adeguati mezzi di protezione personale.

La vicenda delle mascherine è esemplificativa della colpevole superficialitàcon cui i nostri governanti centrali hanno affrontato la virosi, negandone prima la validità dell’uso, poi rendendola obbligatoria, poi ancora pretendendo che anche il cittadino comune usasse “mascherine con  bollo CE o con idoneità sanitaria”, poi ancora imponendo un prezzo fasullo (0,50 euro + IVA 22%), che le rendeva ancor più introvabili. Infine (pochi gg fa) accettando il dato di fatto: “ gli italiani avevano risolto il problema mascherine con il classico –italico fai-da-te”. Cioè fabbricandosele.

GOVERNO e REGIONI

Il governo Conte, invece di emanare poche e chiare regole e AFFIDARE POI la GESTIONE della VIROSI TOTALMENTE alle REGIONI, ha invece ostacolato le iniziative regionali.

Valga per tutto l’esempio veneto. Se Zaia, di testa sua, non avesse BLINDATO VO’ EUGANEO, in Veneto la virosi avrebbe fatto piuù danni di quanto avvenuto in Piemonte, in cui il blocco è stato dato in ritardo.

Il GOVERNO / TASK FORCE non ha capito che, da subito, andava attuato un percorso sanitario specifico per gli infetti (ne abbiamo già scritto in un altro articolo) e che dovevano essere lasciati liberi  i clinici ad utilizzare tutte le terapie possibili (anche ad uso compassionevole) senza minacciarli a destra e a sinistra, dicendo loro che dovevano attenersi a inesistenti linee guida e ai risultati ( che arriveranno tra mesi !) di decine di studi clinici sui possibili/presunti farmaci antivirali, variamente associati tra loro.

Per fortuna, i medici hanno usato la loro testa e non quella della task-force.

Il virus è stato combattuto con tutti i farmaci esistenti sul mercato e anche – e giustamente- con il PLASMA dei GUARITI, nonostante diffide e minacce di invio di NAS e ispettori (Mantova docet!). Con il plasma, già largamente usato, dagli anni ottanta, per molteplici malattie autoimmuni, con buoni risultati. Il plasma, farmaco sicuro e molto meno costoso dei farmaci sintetici…

QUANDO AVREMO IL “LIBERI TUTTI”?

           Il Governo non ha avuto fiducia dei cittadini e, per mesi, li ha trattati da irresponsabili, chiudendoli in casa e impedendo anche relazioni “sicure”. Li ha chiusi in casa, mettendo in crisi l’economia, di interi settori.

            Il Governo Conte ha ritenuto gli italiani indegni di capire la gravità della virosi e di rispettare le regole dell’autotutela. Ha fatto financo chiudere le chiese e annullare i riti religiosi, mantenendo aperte le tabaccherie. Ha chiuso, giustamente, le scuole e le attività sportive, ma non si è posto il problema dei bambini, alla ripresa dell’attività lavorativa.

             NON HA VOLUTO UNA RIAPERTURA DIFFERENZIATA nelle diverse  REGIONI, sulla base dell’andamento della pandemia, ma ha tenuto tutti su un’unica barca…..”destinata ad affondare l’economia”.

             Ha promesso soldi a destra e a manca ma, ad oggi 10/05/20, sono arrivate solo delle mancette, a pochi soggetti. Ad oggi, solo 1/6 delle domande di CIG ha avuto una risposta concreta (Libero, 10/05,pag.2). Un giornalismo serio pubblicherebbe quotidianamente queste cifre, articolate per settore produttivo, raffrontandole alle promesse, che Conte ci fa dalla metà di Febbraio. E no, non è colpa della Europa cattiva.

             In alcune Regioni, tra le quali il Veneto, dal 10 APRILE TUTTI gli INDICI sul COVID hanno un TREND IN CALO. Si riducono i contagi, aumentano i guariti, calano i ricoveri ospedalieri. Eppure, anche in questi casi, il Governo non consente una riapertura totale della vita e delle attività economico-produttive.

              Perché? Perché non si vuole anticipare la svolta definitiva, senza aspettare il 1° Giugno?. Perché non si revoca lo “stato emergenziale”, codificato nel primo decreto legge fino al 30 Giugno?

              Perché, ancora una volta, non si ha fiducia nel comportamento responsabile del 95% dei cittadini?

              SE i GOVERNATORI (richiesta dell’11/05/20) resteranno INASCOLTATI, dovremmo trarre una conclusione.

              Cioè, che QUALCUNO cerca di lucrare politicamente il più possibile sulla “sospensione dei diritti costituzionali dei cittadini e del parlamento”, perché teme ciò che succederà a breve.

Non il giudizio di Dio, ma il giudizio dei cittadini. Che dovranno pur essere fatti votare, nelle Regioni in cui i Consigli regionali sono scaduti da mesi, e che si accorgeranno sulla loro pelle quanto ampia sia la crisi economica, quanta matrigna sia l’Europa e quanto non si sia stato fatto.

Perché una cosa è certa. Con questo virus dovremo convivere. Con altre virosi dovremo combattere. Ci auguriamo, combattere con altri mezzi e con un governo più snello e più preparato, ossia con un minor numero di “incompetenti”, diretti ed indiretti.

FREMANT OMNES, DICAM QUOD SENTIO !

Stefano Biasioli
Primario ospedaliero in pensione

(Per chi volesse scaricare il testo in PDF)

Link della pubblicazione su Startmag.it 

PLASMA ANTI COVID-19, Zaia batte un altro colpo

di Stefano Biasioli – mercoledì 6 maggio 2020

Finalmente ! Da 2 mesi, noi “vecchi medici ospedalieri”  ci siamo battuti perché all’armamentario contro il Covid-19 si aggiungesse l’infusione,  ai soggetti con infezione ingravescente, del plasma dei malati guariti.

Illustri “virologi televisivi”(quelli che in 3 mesi hanno detto tutto e il contrario di tutto, senza dignità ed autocommiserazione) hanno detto che la plasmaferesi: “..non serviva.. era pericolosa….era inutile…era costosa…”, ignorando che la plasmaferesi è tecnica-prassi corrente da oltre 36 anni, in tutto il mondo e soprattutto in Italia.

Per i profani, la produzione di plasma può essere ottenuta o con la “tecnica della campana” (Centri Trasfusionali) o con una “tecnica in linea” (Nefrologie-Emodialisi). Il plasma prodotto è sicuro (perché trattato in modo idoneo), può essere stoccato e usato quando serve.  Inoltre, alla faccia di Burioni – Di Capua e C., la produzione e l’uso di detto plasma ha costi estremamente contenuti (non superiori a 60-80 euro/sacca), rispetto ai più recenti e costosi farmaci antivirali.

Quindi,il plasma dei soggetti guariti è utilissimo per i malati che stanno peggiorando: l’infusione del plasma ricco di anticorpi alleggerisce il decorso della malattia, riducendone gravità e durata. Va dato merito ai medici degli ospedali di Mantova-Lodi-Pavia di aver applicato, in questi mesi e in silenzio, tale procedura a qualche decina di pazienti, con buoni risultati. La prassi ha sconfitto la teoria.

Dando ragione a Noi “vecchi clinici” che abbiamo cercato di fare passare il “messaggio, frutto della nostra esperienza sul campo”. E, oggi, ecco un po’ di luce…

Oggi Zaia (Conferenza delle 12,30) ha annunciato due fatti importanti:

  • A Padova una sperimentazione con il plasma ha dato “buoni risultati che comunicheremo all’ISS”. Fin qui, niente di nuovo.
  • In Veneto verrà allestita UNA BANCA del PLASMA, frutto della donazione del plasma di 3.600 persone guarite. Tutte o in parte? I guariti – pensiamo Noi- ringrazieranno la sanità del Veneto, donando – in molti – il loro plasma, per aiutare i nuovi infetti.

Non solo ma Zaia ha esplicitato quello che Noi (vecchi medici ospedalieri, abituati alla prima linea e non alle retrovie) abbiamo sempre pensato. “Il ricorso al plasma dei guariti significa anche uscire dall’industria chimica ed entrare nel concetto biologico del trattamento”.

Concetto che è stato, finora, avversato, nel mondo come in Italia.

Riflettete. In attesa del vaccino, cosa si doveva fare? Non solo mascherine e guanti, ma una terapia per i casi sintomatici. Finora, si è provato di tutto, con un mix di farmaci, spesso con indicazioni diverse rispetto alla virosi attuale. Farmaci, ventilazione, intubazione….

Si è provato, giustamente, di tutto, cercando di salvare le vite umane, ad ogni costo e qualunque fosse il “costo economico e clinico” di questi sforzi.

         Per 3 mesi è stato fatto silenzio sul ruolo del plasma.

Adesso questo silenzio è stato rotto, grazie al lavoro “sul campo” dei Colleghi citati e ai buoni risultati ottenuti. Il plasma, da solo, non è un rimedio miracoloso ma il plasma – associato al resto – può impedire ai paziente di finire in rianimazione, con quel che segue.

         Per i pignoli, ricordo che le linee guida americane (IDSA)per il trattamento del COVID-19, varate il non lontano 15 Aprile, affermavano che…” tutti i farmaci proposti… idrossiclorochina (da sola o con azitromicina), l’associazione lopinavir+ritonavir, tocilizumab, cortisonici, plasma…dovevano essere usati NEL CONTESTO di UNO STUDIO CLINICO …(!!!)”.

Capite….la gente moriva e muore…e i medici avrebbero dovuto aspettare l’esito di studi clinici…senza far nulla.

No, in medicina le cose non vanno cosi!

Tra l’altro, sempre negli USA, analoghe indicazioni erano state date nelle virosi precedenti, senza che si sia mai arrivati ad una prassi codificata.

Per fortuna, gli ospedalieri se ne sono fregati (termine brutale ma vero !) e hanno affrontato la virosi con il buon senso clinico, usando anche mezzi non citati dall’IDSA: eparina a basso peso molecolare e plasma dei guariti.

Nelle ultime settimane (lo cita Medscape) anche negli USA si sono messi su questa strada..

Ma, ancora una volta, i medici ospedalieri italiani sono stati all’avanguardia.

Bravi!

Stefano Biasioli
Primario ospedaliero “in pensione” ma “pensante e attivo”

Articolo pubblicato su Startmag.it

COVID-19: UN PO’ ALLA VOLTA….

di Stefano Biasioli – martedì 5 maggio 2020

Pubblicato su StartMag.it il 5.5.20

Un po’ alla volta, stanno emergendo alcune verità fondamentali sul COVID-19. Per almeno due mesi la grande stampa e la massa delle TV, tutte prone davanti al governo Conte, hanno tenuto sottotraccia (termine eufemistico) alcuni elementi essenziali di questa pandemia.

Per non essere accusati di sciatteria, confermiamo che siamo convinti che si tratti di PANDEMIA. Ma siamo altrettanto convinti che si potesse fare di più, anche nella nostra nazione.

 I FATTI

Da anni comperiamo e leggiamo 5-6 quotidiani al dì e almeno 2 pubblicazioni informatiche.

In questi lunghi mesi di clausura domiciliare (sono ormai 2) abbiamo quotidianamente registrati e valutati tutti i numeri della virosi, quelli nazionali e quelli regionali veneti, e abbiamo messo in fila l’enorme massa di DPCM, di decreti ministeriali e di circolari applicative nazionali. Non abbiamo incluso le fake-risposte, aggiungendo invece le ordinanze venete.

Quindi, al di là dei numeri/statistiche dei giornali, abbiamo costruito dei grafici, sia nazionali che regionali. Grafici che hanno cercato di mettere in evidenza alcuni elementi trascurati dalle voci ufficiali.

Finalmente, domenica 3/5/20, vediamo comparire sul Corriere (pag.11) una bella figura che visivamente, con pallini di diversa grandezza e colore, mostra l’andamento del COVID-19 nelle diverse regioni Italiane.

Andamento ottimo nelle regioni del Sud ,nelle Isole e nelle Marche-Umbria(poco contagio globale, pochi infetti attuali, pochi morti); medio in Toscana, Lazio, Abruzzo; molto pesante nelleregioni del Nord.

 Dati ovvii, penserete. Non è così.

Infatti se le regioni industriali del Nord sono state massicciamente colpite fin dall’inizio, l’andamento successivo è stato ben diverso. La Lombardia –purtroppo- capofila, seguita da E. Romagna e Veneto ma poi, con il passar delle settimane, la virosi è esplosa in Piemonte mentre altrove il decorso diventava più favorevole.

In questi giorni, appare chiaro chein Val D’Aosta, Veneto, Friuli V.G., Emilia R., Liguria  e a Trento + Bolzano il numero dei guariti supera largamente il numero  degli infettati attuali.

Invece in Piemonte, Lombardia, Toscana, Campania e  Puglia è esattamente il contrario.

Nel complesso, in Italia, il numero dei guariti è ancora inferiore al numero attuale degli infettati (-21%) e rappresenta il 38% del fenomeno totale.

Conclusioni (di questa parte): la RIAPERTURA del PAESE AVREBBE DOVUTO TENER CONTO di QUESTI ANDAMENTI,  ossia generale in alcune regioni e graduale-programmata- in altre.  Questo, ennesimo, decreto di Conte, non tiene conto di questi dati, pur elementari e grossolani, ma solo delle previsioni formulate dagli esperti (!)

 MODELLI MATEMATICI: verità e falsità.

Finalmente, nei giorni scorsi, è stata fatta un po’ di chiarezza su questi aspetti, misteriosi per l’italiano medio, ma invocati come “VERITÀ DIVINA” dai nostri governanti.

Dobbiamo alla holding privata CARISMA l’aver messo in evidenza la criticità dello studio IIS –Kessler-Comitato tecnico-scientifico (CTS), rilevandone gli errori di metodo e di calcolo.

In breve, il modello presagisce , in caso di riapertura, numeri esponenziali di nuove infezioni e di occupazione di letti in terapia intensiva. E’ intitolato:” Valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale”, con diversi scenari/ampiezze della riapertura, dopo i mesi di chiusura. Sulla base di queste previsioni il CTS conclude: “….essendo le stime attuali di Ro comprese tra 0,5 e 0,7, appare evidente dalle simulazioni se – con la riapertura- Ro fosse anche di poco superiore a Ro 1 (1,05-1,25) l’impatto sul SSN sarebbe notevole…quindi… lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto…”. Da qui, una serie di indicazioni, su cui è basato il recente ed ennesimo decreto governativo.

Come ha osservato giustamente ZEUS (Libero, 3/5/20, pag.7) non si capisce la logica dei passaggi. “Lo studio passa per 3 soggetti – Fondazione Kessler, ISS, CTS- approda al quarto(governo), sfocia nel DPCM (Conte, quinto soggetto). E allora a che serve nominare una TASK-FORCE apposita , se poi questa deve recepire il parere di un Ente  pubblico, che a sua volta si avvale di un centro di ricerca privato? Più voci, nessuna garanzia, molta confusione”.

Concordiamo in pieno. Prendiamo altresì atto che nessuna voce contraria al citato documento è venuta dai “soloni” della Istruzione pubblica (Università, CNR, Fondazioni pubbliche) ma da una holding industriale, quale Carisma.

Clinici e non teorici, quali siamo sempre stati, contestiamo assolutamente l’idea che sta alla base di questo studio. Ossia calcolare il numero dei casi critici sul totale degli infettati – in altri termini il numero dei ricoveri nelle T.I.- derivandolo dall’indice R0, ossia dalla diffusione teorica del virus, in diversi scenari di riapertura: edilizia, scuola, ristorazione, commercio…, considerando diverse fasce d’età e attribuendo arbitrariamente un valore del 15-25% ai sistemi di protezione individuale.

Un’idea, non un dogma. Un’idea peregrina per diversi motivi:

  1. Perché è  basata sui dati (morti+ soggetti in terapia intensiva/totale infetti), già  vecchi (31/3/20), in presenza di una virosi che ha perso forza (in tutte le Regioni sopra citate) tra il 20 e il 27 marzo;
  2. Perché è finito l’effetto “sopresa”, quello che ha provocato migliaia di morti innocenti;
  3. Perché la % di pazienti ospedalizzati finiti, purtroppo, in terapia intensiva è fortunatamente pesantemente calata. In Veneto, ad esempio, siamo passati dal valore massimo del 30% (inizio pandemia) ad un valore sul 17% (fase intermedia) e poi al valore attuale del 9,73%, in continuo calo..;
  4. I protocolli sanitari sono miglioratie si è capito che, se trattati più intensamente all’inizio della infezione, meno pazienti arrivano in T.I. Anzi che, va fatto il massimo perché ciò non succeda.
  5. Se, esclusa la Lombardia, nessuna T.I. è arrivata alla saturazione, come è ipotizzabile che una recidiva della virosi produca più danni della sua fase iniziale?
  6. L’indice di riproduzione è opinabilee un modello predittivo epidemiologico così  costruito è poco scientifico. Lo stesso dicasi per quello previsionale più recente (si veda il CorSera del 3/05, pag.12). Troppe sono ancor oggi le variabili ignote: efficacia della clausura e dei mezzi di autodifesa (mascherine, guanti, gel); caratteristiche del virus (tempi di infezione, sensibilità alle alte temperature, sua evoluzione ossia “effetto gregge”; efficacia dei percorsi “specifici” extra ed intraospedalieri; efficacia del mix diagnostico e terapeutico.
  7. E, soprattutto, non tiene conto di un elemento fondamentale: il COMPORTAMENTO INDIVIDUALE, ad auto e ad altrui tutela. Comportamento che, in Italia, è stato largamente ottimale!

Insomma una serie di errori metodologici, cui ha fatto seguito una serie di conferenze stampa in cui si sono utilizzati, come minaccia per i cittadini, “ numeri spauracchio” di occupazione delle T.I., dieci o venti volte superiori al reale.

UN REATO di PROCURATO TERRORE, da perseguire.

CONCLUSIONI (parziali): (MEDICHE e MORALI)

MEDICHE

Chi scrive si vanta di essere stato, per lunghi 50 anni di vita ospedaliera, un “clinico ruspante”, un medico abituato a curare i suoi malati con impegno e scienza-coscienza, sempre. Un medico che, tra le altre cose, ha sempre chiesto ai pazienti, alle persone ammalate, di “aiutarlo a curarle”, di essere loro-lui-lei (i singoli malati) al fianco del camice bianco, anche e soprattutto nei casi più gravi.

E, in assenza di cure “codificate”, questo “clinico ruspante” – esattamente come fatto da moltissimi Colleghi- spiegava al paziente la precarietà terapeutica e gli proponeva – in assenza di linee farmacologiche sicure- l’approccio alla “terapia compassionevole”, ossia all’uso di farmaci/tecnologie codificati per altri scopi.

E, così, nel corso degli anni la medicina ha fatto progressi: con la terapia fatta sul campo (prima) e codificata e asseverata da studi clinici (poi).

Così, proprio così, l’Italia è diventata leader mondiale nelle tecniche dialitiche; così, proprio così, si sono fatti progressi farmacologici importanti: dai singoli casi clinici alla terapia ufficiale validata.

Due esempi, su tutti. Negli anni settanta, in terapia dialitica, l’uso della doppia pompa e del bicarbonato (al posto dell’acetato) nelle soluzioni dialitiche. Negli anni ottanta, l’uso degli ACE-inibitori per contrastare l’evoluzione delle nefropatie e l’uso dello SCHEMA di PONTICELLI, nella sindrome nefrosica di una certa tipologia.

Ma, esempi, potrei farne a centinaia. Anche oggi, in assenza di terapie codificate, i medici italiani hanno fatto così. Hanno provato di tutto, come dimostrano i fatti. Hanno provato, in attesa degli studi clinici codificati, che arriveranno “a babbo morto”. Ma questa è un aspetto che valuteremo in un prossimo articolo.

MORALE

Il comportamento (teoria e prassi) tenuto dalla POLITICA ROMANA è stato quanto meno criticabile.

Ci si è riparati dietro il parere del CTS, come alibi. Ma la politica deve fare delle scelte, sempre, altrimenti è inutile.

È mancata una visione sistematica e soprattutto la fiducia nei cittadini. Da ciò, l’assunzione di misure al limite della Costituzione, bloccando la libertà dei cittadini, anche quando il dato reale l’avrebbe permesso.

Conte e C. hanno preteso il controllo assoluto dei cittadini, senza avere né il carisma (che ci sarebbe voluto) né i mezzi.

Il carisma, Conte non ce l’ha né l’avrà mai, dato il suo stentato curriculum.

Sui mezzi, stendiamo un velo pietoso: la CONSIP – quella che doveva essere la garanzia per tutti – si è rivelata inadeguata: senza un deposito “sufficiente alla bisogna” dei presìdi necessari, associato alla incapacità  ad evitare grossolane truffe commerciali.

Da ultimo, un’affermazione fondamentale. Dai tempi dell’epatite (B,C,D..), dell’HIV, della mucca pazza, della viaria etc. etc. il RISCHIO CLINICO NON È PIÙ UN’ECCEZIONE ma la REGOLA.

In questi decenni abbiamo capito che anche il semplice uscire di casa è diventato pericoloso.

Lo stesso dicasi per le attività lavorative. C’è un rischio, sempre.

Non si può chiudere la gente in casa, per mesi o per anni. Occorre essere consapevoli dei rischi legati al vivere comune e comportarsi di conseguenza, da persone civili e consapevoli.

NON C’È BISOGNO di LEGGI o di DPCM, per questo!

La salute è un bene primario, lo so bene. Ma libertà e lavoro sono altrettanto essenziali, perché un uomo sano  senza lavoro e/o senza libertà non è un uomo nella pienezza del suo essere.

La vita umana è un bene unico, poiché la morte è irreversibile.

Ma i momenti critici vanno affrontati con decisione e intelligenza. Doti che la politica romana ha dimostrato di non avere.

 

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Sindacalista medico, in pensione
Consigliere Cnel

“Ma non, per questo, vecchio da buttare”

RIFLESSIONI sul COVID-19 e DINTORNI: TEORIE e PRASSI

di Stefano Biasioli – domenica 3 maggio 2020

Concordo parzialmente con Riccardo Ruggeri (La Verità del 1° maggio): “..non  mi interessa l’aspetto politico della fase 2”, ma, a differenza sua, mi interessano….” prima l’aspetto sanitario e poi l’aspetto manageriale”.

Concordo ancora con Lui sul fatto che “…il premier sta gestendo la virosi aggrappandosi ad un club di virologi vanesi…”. Cui vanno aggiunti i 475 esperti di varia e dubbia estrazione, scelti sulla base dell’affinità politica e non certo della competenza in pandemie simili a questa.

Finalmente, dopo giorni di strani silenzi, anche i giornalisti di testate nazionali storiche si sono accorti che le previsioni catastrofiche fatte da Conte e dal suo team, su potenziali disastri causati da un eventuale “liberi tutti”, erano sbagliate, statisticamente e gravemente sbagliate.

Da medico, qualche lavoro scientifico l’ho impostato-condotto-scritto e conosco bene la pignoleria con cui i “revisori” dei vari giornali scientifici guardano l’impostazione e l’esecuzione di una ricerca  (casi trattati e non; obiettivi principali e secondari dello studio; i dati ottenuti, le loro statistiche; le conclusioni).

Sulla correttezza dell’impostazione di una ricerca e sulle statistiche conseguenti, non si scherza, in medicina. Ma “Quelli”della task-force di Conte, hanno preso fischi per fiaschi.

         I FATTI

         Prima del COVID-19 i posti letto in terapia intensiva (T.I.) erano, in tutta Italia, 5.179. Ossia pari a 8,6 per 100.000 abitanti, un valore ben inferiore alla media nella U.E. Ma si trattava solo di un valore teorico, perché – in molte Regioni- i posti realmente attivi erano valutabili attorno ad un indice 7/100.000.

L’ondata epidemica ha così costretto le Regioni ad aumentarne frettolosamente il numero, con risultati drammatici in alcune e accettabili/buoni in altre. Si è così  arrivati ad un numero nazionale di posti letto in T.I. di 8.490(+ 3.311 !), ossia a un valore di 15,5per i soliti 100.000 abitanti.

È evidente che questi  letti di T.I., in questo periodo, non servivano solo per i malati COVID più gravi ma dovevano essere utilizzati anche per i malati “già  esistenti” in rianimazione perché affetti da altre gravi patologie acute, perché con un decorso post-operatorio impegnativo, perché pazienti cronici gravemente riacutizzati, quindi bisognosi di cure estreme.

In piena pandemia, cosa si è fatto? Si sono frettolosamente allestiti nuovi posti intensivi e si è bloccata l’attività clinica ordinaria(“fatte salve le urgenze”) trasformando le T.I in “rianimazioni dedicate quasi totalmente ai pazienti COVID”. Il sistema ha, bene o male, tenuto.

Molto meglio nel Triveneto che in Lombardia, dove si è assistito a scene clinicamente tragiche. Meglio al Centro-Sud che al Centro-Nord.

Ma non vogliamo fare classifiche di demerito o di merito e non è ancora il momento per valutazioni diverse da quelle cliniche.

Da fine marzo, il decorso della pandemia sta cambiando.

La stessa Protezione Civile(bollettino, riportato dal Corriere Sera, del 30 Aprile, pag.10; articolo di F. Caccia e M. De Bac) certifica che, dall’inizio di Aprile, le T.I. hanno cominciato a svuotarsi, con i posti COVID in progressiva riduzione, a favore dei pazienti con altre patologie, gravi. Mentre si stanno lentamente normalizzando le altre attività  ospedaliere ordinarie, di natura medica, chirurgica, strumentale.

Il 29 Aprile, in Italia,  su 8.490 posti attivati di T.I., ben 1.795 risultavano liberi.

In Lombardia, da un massimo di 1.800 posti occupati in T.I. si è passati a circa 1000 (per tutte le patologie, non solo per i Covid!).

In Emilia Romagna, su 478 posti disponibili, 202 sono liberi.

Liberi pure molti letti nelle rianimazioni di Liguria, Basilicata, Marche, F.V.G.

         ASPETTI VENETI

         E, in Veneto? In Veneto, nelle rianimazioni,  si è passati da 485 posti letto (base) ad un massimo di 825 posti letto(inizio virosi). Nelle T.I.,  il numero massimo di posti letto di occupati per COVID si è avuto  tra il 30 e il 31 marzo (356 posti), quando i ricoverati COVID in ospedale hanno raggiunto il top (2.084).

         Ossia il 17,08% dei ricoverati era finito in T.I.

Da allora i numeri di entrambi i parametri (ricoveri ospedalieri COVID e letti COVID in T.I.) sono stati costantemente in discesa, fino ai dati ufficiali del 2 maggio: in T.I. 108 posti COVID e 237 posti non-COVID;  in ospedale, 1.087 pazienti COVID (inclusi quelli trattati in rianimazione), con altri 7.000 ospedalizzati non-COVID.

In definitiva, anche i numeri veneti dicono che, al massimo della tempesta pandemica, in T.I è stato usato – per gli infettati – il 43,15% della dotazione “massima” e il 73,4% di quella “minima”.

In questi ultimi giorni, sempre in T.I., i pazienti non-COVID hanno superato quelli COVID: 237 a 108, con un totale regionale di 345 posti intensivi occupati.

In sintesi: 345/485= 71,13% e 345/825= 41,81%.

Numeri e “storie cliniche personali” frutto della “programmazione strategica regionale” e del “sacrificio dei sanitari” durante (durante!?) la pandemia.

         MORALE della STORIA

Se questi sono i dati, accumulati da marzo ad oggi, come può permettersi la TASK-FORCE nazionale (!, nomen omen…) di pronosticare situazioni catastrofiche per i prossimi mesi, financo in caso di recidiva devastante?

         Come è possibile ipotizzare che la recidiva di una virosi– che si sta attenuando- possa avere effetti più drammatici di quelli iniziali, quando il nostro SSN è stato preso alla sprovvista o quasi, per l’incapacità delle organizzazioni sanitarie nazionali di affrontare con consapevolezza e in modo strutturato questa “strana virosi” in arrivo dalla CINA?

Come è possibile (lo chiediamo anche a Conte e a Speranza) dare credito ad un ALGORITMO FANTASIOSO, senza tener conto del senso di responsabilità mostrato in questi mesi dagli italiani, con i loro comportamenti “adeguati” alla virosi e alle indicazioni nazionali e regionali?

Siamo in Italia. Ci saranno dei processi. E  “Qualcuno”, un giorno, nelle aule di un tribunale ci dirà se, a Palazzo Chigi e dintorni, ci siano stati comportamente colposi come tempistica e come scelte e se non sia stato creato un paniconella gente, ben superiore a quello indotto – di per se’- dalla presenza di una virosi.

È evidente che doveva-debba-dovrà essere garantita la sicurezza sanitaria dei cittadini, partendo dalla conferma e dal rispetto delle regole sanitarie basilari. “Non va abbassata la guardia”, dice  Zaia, che continua “..occorre passare dai suggerimenti clinici ai comportamenti del popolo, responsabilizzandolo e garantendone l’autonomia, per favorire la tutela propria e degli altri…”( Protezione Civile, Marghera, ore 13.15 del 2 maggio).

         LE ESPERIENZE ALTRUI

Un recentissimo studio inglese, effettuato su ben 16.747 inglesi infettati, dimostra che i pazienti COVID ospedalizzati muoiono nel 33% dei casi e guariscono nel 49% dei casi.

          E gli altri?Gli altri finiscono in T.I. con prognosi drammatica (morte o agonia) nel 50% del totale. Brutalmente, ulteriori decessi.

Quindi, rianimazione, significa dramma, soprattutto in presenza di comorbidità: obesità, patologie cardiovascolari (29%), diabete mellito (19%), pneumopatia cronica non asmatica (19%) o asmatica (14%).

Altri lavori recenti confermano che le espressioni cliniche della malattia possono essere variegate. Infatti  il quadro clinico può essere RESPIRATORIO(tosse, espettorazione-sputo, dolori alla gola, gocciolio nasale, dispnea e dolore toracico, alterazioni gusto-olfatto), SISTEMICO(febbre, mialgie, artralgie, stanchezza) o GASTRO-INTESTINALE(dolore addominale, vomito, diarrea).

Quindi,molto più variabiledi quanto asserito inizialmente dai cinesi (disturbi respiratori), configurando invece spesso un quadro di coagulazione intravascolare, associato ai danni diffusi da interleuchina 6. Per non parlare della comparsa improvvisa di diabete in soggetti prima non diabetici, della comparsa di iperglicemie difficilmente trattabili in vecchi diabetici e, infine, di patologie neurologiche diverse per intensità e durata.

         CONCLUSIONI  (di un vecchio Primario…)

         In medicina, la PRASSI VINCE SPESSO SULLA TEORIA. Ed è per questo elemento che i “medici senior” hanno molto da insegnare ai neolaureati e agli specializzandi. L’esperienza è una grande maestra, da Esculapio in poi.

Con il passare dei mesi, le informazioni “sul campo”aggiungono e aggiungeranno importanti mattonelle alla costruzione di uno schema terapeutico efficace: le linee guida – certificate e asseverate da casistiche consistenti- da seguire in questa virosi, oggi e nel futuro prossimo. Come elementi base per affrontare le ulteriori epidemie-pandemie, che ci saranno, ancora.

Fondamentale si conferma la scelta di tenere a domicilio(e trattare precocemente) i pazienti con sintomatologia più leggera. Nei casi più impegnativi, invece, il ricovero ospedalierodovrebbe essere prevalentemente indirizzato verso i reparti di malattie infettive o di terapia sub-intensiva (pneumologica e non) usando tutto l’armamentario terapeutico finora dimostratosi utile, in attesa del vaccino o di un cocktailfarmacologico  “codificato”.

Usando cioè quello che è stato usato, empiricamente, finora: idrossiclorochina, azitromicina, remsdesivir, lopinavir/ritonavir, cortisonici, tocilizumab, eparina  a basso peso molecolare, plasma dei guariti, plasmaferesi o tecniche di adsorbimento della IL-6 etc. Ultima risorsa, la T.I. e l’intubazione…

Empiricamente, perché ci sono poche linee guida (es. quelle americane IDSA,Aprile 2020, fonte Medscape) che non aiutano la prassi perché raccomandano l’uso dei farmaci sopracitati solo “nel contesto di un trial clinico” (sic!), come se i 40.000 italiani ospedalizzati non dovessero invece essere trattati con ogni mezzo disponibile, con esperienza e con intuito.

In ogni caso,  la terapia va personalizzataossia adeguata al singolo caso clinico, per cercare di guarire il paziente, evitandogli danni aggiuntivi.

Ai politici il compito di tener conto di quanto successo. Non è polemica pensare, dire e scrivere quanto segue:

  1. Non si possono tagliare i fondi per il SSN, come fatto nell’ultimo decennio (dati Non si possono tagliare i fondi per il SSN, come fatto nell’ultimo decennio (dati ISTAT , CNEL etc.)
  2. Non si possono tagliare posti letto ospedalieri, arrivando a percentuali di dotazione inferiori alla media U.E.;
  3. Non si possono avere posti letto di T.I. insufficientia coprire le frequentissime emergenze e le gravi complicanze dei “vecchietti-vecchioni”;
  4. Non si può  non avere una rete provinciale di U.O.C (unità operative complesse) di Malattie infettive, in presenza di una crescente mobilità della popolazione mondiale;
  5. Non si può  non avere una RETE dedicata alle EMERGENZE SANITARIE(Protezione sanitaria), specifica e con una breve linea di comando (nazionale, regionale, provinciale);
  6. Non si può non ridefinire la struttura dell’ASSISTENZA MEDICO-SANITARIA sul TERRITORIO, per evitare accessi impropri all’ospedale, luogo di cura secondaria ma fonte di specifiche infezioni.

NON SI PUÒ. Questo lo dico IO, ma non sono solo.

Questo lo dico IO, ma è compito della politica dare una risposta completa, che metta in sicurezza la salute dei cittadini, oggi, domani e dopodomani.

Non servono DPCM e circolari, serve un NUOVO PIANO SANITARIO NAZIONALE, 42 anni dopo quello della senatrice-ministro Anselmi. Un nuovo piano, con nuove articolazioni, standard del personale, adeguatezza di strutture e macchinari, semplificazione delle regole per il personale e per gli acquisti, per la costruzione-manutenzione degli stabili. Un piano che chiarisca in modo definitivo  rapporti gestionali tra stato e regioni e che garantisca un finanziamento adeguato al SSN.

Altrimenti, ricascheremo a breve nel caos dei scorsi mesi, con la morte di tanti italiani, inclusi coloro che sono stati in prima linea. Qualcuno mi ascolterà?

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Sindacalista medico, in pensione
Consigliere Cnel

“Ma non, per questo, vecchio da buttare”

FINALMENTE UNO STUDIO sul COVID-19 !

di Stefano Biasioli – domenica 3 maggio 2020

Con un sospiro di sollievo abbiamo letto stamattina un primo STUDIO CLINICO affidabile (pur se preliminare) sul COVID-19.

Lo aspettavamo, Noi medici ospedalieri “pratici e praticoni”, dopo tanti bla-bla, in Italia,  di epidemiologi e di membri di task-force imbarazzanti.

Imbarazzanti per gli scenari catastrofici immaginati e per gli errori matematici previsionali, pensati e diffusi come se gli italiani fossero un popolo di imbecilli, sprovveduti, incapaci di rispettare le regole protettive elementari (mascherine, guanti, disinfezione delle mani) e come se non avessero dimostrato di attenersi alle regole della “clausura”.

Finalmente, uno studio clinico sui pazienti COVID ospedalizzati, realizzato da un consorzio di ricercatori, denominato ISARIC4C, che ha coinvolto l’Università di Edimburgo e l’Imperial College di Londra, ed è stato coordinato dai Prof. Derek Hill (London College) e Peter Openshaw (ICL).

Uno studio prospettico-osservazionale strutturato per cercare di acquisire informazioni sull’esito clinico dei pazienti Covid più gravi, ossia di quelli che finiscono in ospedale. E basato su un questionario (approvato dalla WHO), poi utilizzato in 166 ospedali inglesi, dal 6 Febbraio al 18 Aprile 2020 .

Lo studio ha coinvolto 16.749 pazienti, con età media di 72 anni.

Quali i risultati ? Li elenchiamo brevemente:

  • Tra i pazienti OSPEDALIZZATI , il 33% è morto, il 49% è guarito e il 17% era ancora in ospedale (a fine aprile).
  • Il destino del 17% dei pazienti, ossia di quelli PIÙ GRAVI, arrivati in T.I. (terapia intensiva) o sub-intensiva, è stato il seguente: morti=45%; guariti=31%; ancora in cura=24%.
  • Drammatico l’esito dei pazienti sottoposti a VENTILAZIONE MECCANICA: 53% deceduto, 20% guarito; 27% ancora ospedalizzato.

COMMENTO: i pazienti più gravi (ospedalizzati, ventilati, in terapia intensiva o sub-intensiva) hanno una mortalità per COVID-19 più elevata della media generale. Constatazione prevedibile, ma che rafforza l’approccio veneto di trattare i pazienti precocemente, sia a domicilio che all’ingresso dell’ospedale, per evitare sia la ventilazione meccanica che l’accesso alle T.I….

Lo studio ha altresì chiarito altri aspetti, altrettanto importanti.

  • Gli uomini sono più colpiti delle donne (60,2% verso 39,8%), in un rapporto 1,51:1;
  • Pochissimi pazienti under-18 sono stati ospedalizzati (2%);
  • Le gravide rappresentavano il 6% del totale;
  • L’invecchiamento costituisce un forte predittore di mortalità (dato già noto…);
  • L’obesità è un elemento significativo per la mortalità ospedaliera.

Anche questo dato era già noto, essendo stato identificato anche nella pandemia influenzale del 2009 (A/H1N1) ma non nella MERS-CoV (sindrome respiratoria da Covid del 2016, nel medio-oriente). Ipotesi? Gli obesi possono avere una meccanica respiratoria alterata e un importante stato infiammatorio legato al tessuto adiposo.

COMORBIDITÀ. Nello studio, il 53% dei pazienti aveva una o più comorbidità: oltre all’obesità, cardiopatia cronica (29%); diabete controllato (19%); pneumopatia cronica non asmatica (19%); asma(14%).

Ovviamente, il 47% dei pazienti non aveva comorbidità.

Altri studi, su piccole casistiche, avevano identificato tra le comorbidità anche l’ipertensione, uno stato canceroso e l’ insufficienza renale (NdR).

Negli 11.326 pazienti, erano presenti tosse (70%), febbre (69%), respiro corto (65%), stanchezza, confusione mentale.

In definitiva il quadro clinico poteva essere RESPIRATORIO(tosse, espettorazione-sputo, dolori alla gola, gocciolio nasale, dispnea e dolore toracico), SISTEMICO(febbre, mialgie, artralgie, stanchezza) o GASTRO-INTESTINALE(dolore addominale, vomito, diarrea).

CONCLUSIONI (peraltro soggettive)

Questo studio – pur preliminare- fornisce importanti informazioni sia ai clinici che agli “strateghi” dei percorsi organizzativi, in tempo di COVID-19.

Fondamentale si conferma la scelta di tenere a domicilio (e trattare precocemente) i pazienti con sintomatologia più leggera. Nei casi più impegnativi, invece, il ricovero ospedaliero dovrebbe essere prevalentemente indirizzato verso i reparti di malattie infettive o di terapia sub-intensiva, usando tutto l’armamentario terapeutico finora dimostratosi utile, in attesa del vaccino o di un cocktail farmacologico  “codificato”.

Usando cioè quello che è stato usato, empiricamente, finora: idrossiclorochina, remsdesivir, cortisonici, eparina  a basso peso molecolare, plasma dei guariti, plasmaferesi o tecniche di assorbimento della IL-6 etc.

In ogni caso,  la terapia va personalizzata ossia adeguata al singolo caso clinico, per cercare di guarire il paziente, evitandogli danni aggiuntivi.

Una regola, questa, valida dai tempi di Esculapio e di Anthea.

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione

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