di Giuseppe Pennisi, pubblicato su Formiche.net 08.02.18
I temi di un covegno sul dibattito previdenziale, durante il quale è emersa una certa superficialità su alcune riforme del settore, raccontati dall’economista Giuseppe Pennisi.
Il 7 febbraio, un numero significativo di associazioni di pensionati dirigenziali, e del pubblico impiego e del settore privato, si sono dati appuntamento a Roma, alla Casa dell’Aviatore, per discutere alcuni temi caldi del dibattito previdenziale, ed elettorale. Le sigle sono eloquenti: Anpan, Anrra, Anua, Anupsa, Confedir, Federspev, Unpit, Unuci. Acronimi che forse a numerosi lettori significano poco o nulla, ma che hanno ottocentomila iscritti e rappresentano almeno due milioni di voti, tali, in una fase di frammentazione politica come l’attuale, da poter essere decisivi nella tornata elettorale del 4 marzo.
Si tratta, in gran misura, di dirigenti del settore sanitario, delle forze armate, delle medie imprese e via discorrendo. Persone che hanno lavorato con impegno (spesso servendo lo Stato con lealtà e passione) per diversi decenni e i cui assegni previdenziali sono mediamente sui due-tremila euro lordi al mese, falcidiati negli ultimi anni dal blocco della perequazione automatica all’aumento del costo della vita.
In aggiunta, sempre negli ultimi anni, sono corse voci insistenti su “manutenzioni” della normativa riguardante le pensioni di reversibilità a favore di coniuge e figli a carico.
Voci particolarmente preoccupanti perché tanto i militari quanto i dirigenti sanitari quanto, infine, un’elevata proporzione di coloro che nel settore privato hanno avuto carriere con frequenti cambiamenti di posto di lavoro, un severo impedimento, se non all’occupazione del coniuge, quanto meno al perseguimento di un’effettiva progressione professionale.
Una platea affollata e – ho avuto modo di dire a uno degli stretti consiglieri economici del Segretario del Partito Democratico (Pd) – “inviperita”. Matteo Renzi figurava tra gli invitati al convegno, ma non è andato. A mio avviso, nell’interesse del Pd, avrebbe fatto bene a partecipare e a rispondere in prima persona alle preoccupazioni di un importante bacino elettorale. Il convegno – occorre sottolineare – si è svolto in uno dei circoli del ministero della Difesa. Quindi, la politica politicante (ed elettorale) è stata tenuta fuori della porta. Tuttavia, il clima generale non era favorevole a chi ha avuto responsabilità di governo dalla fine del 2012 ad oggi.
“Vogliamo risposte – ha sottolineato il presidente del comitato organizzativo dell’evento, Michele Poerio – sui quattro punti che riteniamo imprescindibili che intendiamo evidenziare al mondo istituzionale, sociale e a tutte le rappresentanze politiche: mancata perequazione automatica delle pensioni, separazione assistenza e previdenza, pensione di reversibilità, politiche pensionistiche innovative a favore dei giovani”. Basta con le fake news sulle pensioni e basta con dati errati, è stato il motivo conduttore del convegno.
Sui quattro temi del convegno, nelle ultime settimane Formiche.net ha presentato analisi non molto differenti da quelle esposte alla Casa dell’Aviatore. È arduo pensare che retroattivamente venga sanato il costo della mancata perequazione per i pensionati e le loro famiglie. In materia di separazione tra assistenza e previdenza, comunque, la normativa del 1989 parla chiaro. E i dati ricavati dai bilanci Inps dal gruppo di ricerca “Itinerari Previdenziali” sono eloquenti. Verosimilmente, la Commissione istituita dal governo per esaminare ancora una volta i conti giungerà a conclusioni analoghe. Data la forza politica e contrattuale delle sigle rappresentate – nonché per semplice buon senso – è difficile pensare che, nella prossima legislatura, si verifichino tentativi per ridurre ulteriormente la copertura delle pensioni di reversibilità. Nei programmi elettorali, mancano proposte innovative per le pensioni dei giovani e quel che più conta indicazioni di come incoraggiare la crescita dell’economia (ancora molto più contenuta di quella in atto nel resto d’Europa) e dell’occupazione – chiave di volta della sostenibilità previdenziale.
Un quinto tema si è aggiunto a quelli annunciati: quanti sono i silenti nei conti Inps e come vengono utilizzati i loro versamenti? È argomento di cui si parla poco ma che, dopo il convegno, sarà difficile ignorare. I silenti sono coloro che non maturano i requisiti pensionistici e che quindi al termine della loro vita lavorativa non percepiscono la benché minima pensione. Ben sette-otto milioni di italiani rischiano di rimanere senza pensione a causa dell’incremento da 15 a 20 anni dei contributi minimi da maturare per collocarsi a riposo varato nel 1993. Silenti, quindi, innocenti perché l’aumento dei requisiti, effettuato, per decreto legge, in un momento di grave crisi sarebbe dovuto essere temporaneo e invece è diventato permanente.
L’Italia ha i requisiti più alti al mondo (in termini di anni di versamenti di contributi per poter fruire di una pensione: rispetto ai nostri vent’anni, negli Usa e in gran parte d’Europa si richiedono non più di dieci anni. Si parla di una falla da ben 10 miliardi di euro, a tanto ammontano quei contributi, che se l’Inps fosse costretta a restituire ai lavoratori rischierebbe il default. Un bel guaio per l’Inps, ma anche e soprattutto per coloro che hanno avuto carriere brevi o che emigrano all’estero e “lasciano” i versamenti in Italia o, peggio ancora, che muoiono prima di avere adempito ai requisiti, abbandonando i familiari senza alcuna tutela.
I silenti sono soprattutto donne, ex lavoratori autonomi, stagionali, professionisti con una vita lavorativa irregolare, categorie destinate a crescere con l’aumento del precariato e dei contratti a termine. Questi dati fanno emerge tutta la superficialità con cui sono state redatte le riforme previdenziali. Il convegno ha lanciato un sasso in uno stagno che per anni è stato volutamente ignorato. Si annunciano azioni giudiziarie. E legislative.