SANITÀ e DEF

Dalla “Rassegna Stampa” del CNEL del 03/10/2023

Torino ieri (3/10/23) al centro del Paese per il Festival delle Regioni, dove è intervenuta anche la Premier Giorgia Meloni, e a tenere banco è stata in particolare la sanità, dopo il rapporto della Fondazione Gimbe che ha analizzato i numeri della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza con i relativi stanziamenti esplicati nelle Tabelle del MEF che fotografano l’andamento della spesa per ospedali e medici.

Leggiamo la cronaca di Antonio Loise per il Quotidiano Nazionale: Due cifre che per la Fondazione Gimbe, portano il sistema sanitario “…«sull’orlo del baratro» perché nascondono un netto ridimensionamento delle risorse”

Di altro avviso Giorgia Meloni, che davanti ai governatori riuniti a Torino spiega per che per costruire «un sistema sanitario efficiente ed efficace sarebbe miope perseguire questo obiettivo esclusivamente pensando all’aumento o meno delle risorse. Dobbiamo avere un approccio più profondo per vedere come le risorse vengono spese».

Mentre il ministro della Salute, Orazio Schillaci, annuncia lo stop ai medici gettonisti entro l’anno, la lotta alle liste di attesa anche attraverso una nuova organizzazione dei centri unici di prenotazione e più risorse da destinare al personale, anche con il taglio delle tasse su tredicesime e straordinari dei camici bianchi.

Impegni che però, secondo la Fondazione Gimbe, sono contraddetti dalle cifre della Nadef.  Infatti, dall’esame del conto della pubblica amministrazione a legislazione vigente (senza, cioè, ulteriori interventi in manovra) la spesa sanitaria fra il 2023 e il 2024 si riduce dal 6,7 al 6,6% del Pil, per poi calare al 6,2% nei due anni successivi e attestarsi sul 6,1% nel 2026. Un quadro che, di fatto, contraddice gli annunci di nuovi stanziamenti da destinare al personale sanitario e i due disegni di legge collegati alla manovra sulla riorganizzazione e il potenziamento del sistema sanitario e sul riordino delle professioni. Con queste cifre, insomma, il margine per nuovi investimenti si riduce al lumicino, confermando che «la sanità resta la cenerentola dell’agenda politica», anche perché la spesa fa un salto indietro non raggiungendo neanche i valori «pre-pandemia».

SANITÀ, 2 miliardi in meno: “Addio a cure Nord-Sud”

Autore: Natascia Ronchetti, 02.10.2023

FORBICE SELVAGGIA OSPEDALI IN RIVOLTA
Sanità, 2 miliardi in meno: “Addio a cure Nord-Sud”

NADEF Previsti due miliardi in meno rispetto alle richieste di Schillaci.

Fedriga: “Non è abbastanza”, Bonaccini: “Deluso”. E i privati incassano.
Destra e sinistra un’unica voce: Regioni contro i tagli alla sanità

MOBILITÀ CRESCONO I CITTADINI CHE VANNO A CURARSI ALTROVE

Avevano chiesto al governo 4 miliardi in più. Si ritrovano con due miliardi in meno. Taglio che – se la prossima manovra di bilancio confermerà la Nadef, nota di aggiornamento al Def – potrebbe essere il colpo di grazia perla disastrata sanità pubblica. E su questo i governatori sono tutti d’accordo, anche se con sfumature diverse. Dal leghista Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia, presidente della Conferenza delle Regioni) a Stefano Bonaccini, Pd, ai vertici dell’Emilia-Romagna…

… continua a leggere  SANITA_2miliardi in meno_2.10.23

Fosche nubi di addensano sul capo dei pensionati italiani

di Lorenzo Stevanato

Una premessa: il bilancio dello Stato soffre, il debito pubblico ha raggiunto nuovi record (oltre 2800 miliardi quest’estate) in assoluto ed in rapporto al pil (siamo al 142 per cento, secondi solo alla Grecia, in Europa) in un quadro macroeconomico in cui prevale il pessimismo perché la crescita del pil si sta fermando mentre qualsiasi freno alla crescita della spesa primaria sembra impedito dall’esigenza della maggioranza al Governo di non scontentare l’elettorato. Nel frattempo la spesa per interessi sul debito pubblico è aumentata a dismisura a causa dell’inflazione (altro record: circa 80 miliardi, il 4 per cento del pil).

Senonché l’Italia è una sorvegliata speciale in Europa sul contenimento della spesa primaria.  Invece quella per gli interessi sul debito pubblico, purtroppo, resterà un gravoso fardello appesantito dall’inflazione.

In questa desolante situazione della finanza pubblica, che anno dopo anno si conferma tipicamente italiana, bisognerebbe agire in tre direzioni: a) rendere più efficiente l’ordinamento tributario, in particolare ridurre-razionalizzare le expenditures fiscali (agevolazioni, detrazioni, esenzioni)); b) operare per il recupero dell’evasione fiscale; c) spingere sull’incremento del pil con investimenti e riforme, in particolare accelerando la messa in atto del PNRR.

Queste azioni, però, non si vedono ancora attuate da parte del Governo e, comunque, non in modo efficace né con la necessaria tempestività.
Vari indizi fanno invece temere che si voglia reperire una parte delle risorse finanziarie, necessarie per gli interventi di spesa che non mancheranno nella legge finanziaria per il 2024, dai pensionati.
Non da tutti i pensionati, ma solo da quelli titolari di pensioni medio-alte.
Naturalmente non importa che il diritto agli assegni pensionistici che questi hanno acquisito sia il corrispettivo di contributi integralmente versati, né importa che il diritto stesso debba essere garantito alla pari del diritto di proprietà.

… continua a leggere ⇒  Fosche nubi si addensano sul capo dei pensionati italiani_2.10.23 – pubblicato su StartMag al 7.10.23

PENSIONI e DEF…

da rassegna STAMPA del CNEL, lunedì 2/10/2023

A novembre ci sarà una piccola sorpresa per i pensionati italiani. Con il maggior deficit 2023 ufficializzato dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF)  il governo intende restituire subito la quota di inflazione non riconosciuta a inizio anno, anticipando un conguaglio che in base alle regole normali sarebbe arrivato nel 2024. La somma in questione –una tantumdovrebbe variare da circa 50 euro per le pensioni pari al minimo Inps (525 euro mensili) a poco meno di 200 per chi ha un trattamento pari a quattro volte il minimo. Al di sopra di questa soglia il conguaglio sarà comunque decurtato in base alla consueta “scaletta” che per gli assegni più alti (oltre i 5.254 lordi) prevede un recupero limitato al 32 per cento dell’incremento.

Leggiamo Luca Cifoni sul Messaggero: Va ricordato che un anno fa era stata stabilita – per il 2023 – una rivalutazione delle pensioni del 7,3 per cento, integrale come abbiamo visto per i trattamenti medio-bassi e parziale per gli altri. La maggiorazione serviva a compensare la variazione dei prezzi del 2022, la quale però quando l’Istat ha fatto i conteggi finali è risultata più alta e pari all‘8,1 per cento. La normativa in vigore prevede che lo 0,8 per cento mancante sia riconosciuto l’anno successivo, con gli arretrati non percepiti e poi mese per mese. La scelta dell’esecutivo è quindi far scattare prima il conguaglio; naturalmente poi su questa base un po’ più consistente sarà applicata la rivalutazione spettante per il 2024, che dovrebbe aggirarsi intorno al 5,6 per cento e richiederà un consistente sforzo finanziario allo Stato dopo quello del 2023. In legge di Bilancio ci dovrebbe poi essere qualcosa in più per le pensioni bassissime, non superiori al minimo, che già quest’anno sono state portate al limite dei 600 euro mensili nel caso il beneficiario abbia 75 anni o più. Ma i dettagli dell’ulteriore intervento sono ancora da definire.

AVVISO

Vi informiamo che il Dr. Stefano Biasioli è stato confermato (per la terza volta) CONSIGLIERE del CNEL (come rappresentante della CONFEDIR).

Il Dr. Biasioli è stato ieri nominato componente della Giunta  sui Regolamenti.

Pensioni, come cambiano con il nuovo coefficiente di trasformazione: ricalcolo in base a speranza di vita, impiego, Regione dove si vive

Andrea Bassi, giovedì 21 settembre 2023 – Ultimo aggiornamento 01:17

Lo studio dell’Inps sul tavolo del governo: per l’ente, il coefficiente di trasformazione uguale per tutti è «un’ingiustizia» da sanare… Pensioni-proposta dell’Inps-cifre ridotte a chi vive di piu_21.9.23   –   Messaggero_21.9.23_pag_1-3