PENSIONI PIU’ o MENO DORATE
Fateci caso. Da circa 15 giorni il dibattito sui tagli alle “pensioni d’oro” o presunte tali è diventato virale.
Televisioni e giornali riferiscono di un forte scontro tra 5S e Lega sul DDL di “riforma”, peraltro sottoscritto da entrambi i partiti, su carta intestata “5S”.
Anche oggi al tema “tagli alle pensioni ricche” sono dedicati almeno 8 articoli giornalistici: Il Fatto (pag.1); Gazzetta del Mezzogiorno (pag.1 e 19); Il Giornale (pag.4); Libero (pag.8); Il Foglio (pag.3); Il Gazzettino (pag.14); Il Manifesto (pag.1); La Verità (pag.1 e 8).
Tutti fanno riferimento, con diverso taglio e diverse prese di posizione, alla pervicacia con cui Di Maio e C. vogliono tagliare le pensioni sopra i 4.000 euro netti/mese, per recuperare denari per aiutare le pensioni socio-assistenziali.
Salvini sta zitto, ma per Lui hanno parlato Borghi e Brambilla. Soprattutto Brambilla che, con il suo studio di 37 facciate, ha dimostrato – numeri alla mano – che i suddetti tagli ai “ricchi pensionati” non porterebbero che ad un tesoretto di 330 milioni, mentre la manovra dei 5S (pensioni minime portate a 780 euro) costerebbe dai 5 ai 6 miliardi. Oltre ad essere largamente ILLEGITTIMA….
VOI SAPETE COME NOI LA PENSIAMO. Le nostre pensioni sono frutto di un lavoro ultraquarantennale, di impegno quotidiano nella dirigenza pubblica (in svariati settori), di carriere professionali eccellenti, di tasse e contributi pagati fino all’ultima lira, di tagli pensionistici che ci hanno perseguitato sia durante la vita lavorativa (riforme varie; tagli dei coefficienti, contratti di lavoro non rinnovati) che durante la pensione (mancata o parzialissima rivalutazione, contributo di solidarietà, tasse superiori a quelle della media UE).
SIAMO STATI e SIAMO MASSACRATI.
Ma, lo sapete, NON ACCETTEREMO CHE QUALCUNO CI CHIAMI IMPUNEMENTE “PARASSITI” NE’ CHE ANCHE QUESTO GOVERNO (come quelli precedenti degli anni 2012-2018) CI TAGLI LE NOSTRE PENSIONI ” ALLA MEMBRO DI SEGUGIO”, con tagli basati su CRITERI RAFFAZZONATI, INVENTATI, SENZA LOGICA e RETROATTIVI. Oltre a tutto, tagli permanenti ,ora ed in futuro (pensioni di reversibilità).
No, non staremo inerti! Nè NOI di LEONIDA ne’ gli 800.000 pensionati del FORUM PENSIONATI.
Siamo elettori….con moglie e figli….siamo in grado di difenderci sia con il voto che con tutte le armi legali e civili possibili.
Non è una promessa campata in aria. E’ una certezza.
Stefano Biasioli
Diapositive Convegno PADOVA 7 ottobre 2017
Scarica le Diapositive di PADOVA 07.10.2017
SINTESI del CONVEGNO PENSIONATI (PD, 07/10/17)
Un centinaio di pensionati veneti ha partecipato al nostro Convegno patavino, sabato 07/10/17 (Hotel 4 Points), seguendo con attenzione le articolate relazioni di Stefano Biasioli, Lorenzo Stevanato ed Ennio Orsini, dedicate alle criticità del momento pensionistico attuale.
Erano presenti anche Oriana Venturi (CONUP) ed esponenti delle sigle pensionistiche confederali, nonche’ rappresentanti dei pensionati friulani.
Dopo le relazioni ed una intensa discussione, l’Assemblea ha condiviso le proposte degli organizzatori, cosi’ riassumibili:
a) Prosecuzione dell’attività di propaganda e di raccordo con altre rappresentanze pensionistiche, per allargare la base informativa e partecipativa (prescindendo da aspetti ideologici);
b) Vigile attesa della Sentenza della C.Costituzionale del 24/10/17, in tema di mancata rivalutazione delle pensioni;
c) Prosecuzione della raccolta delle adesioni alla PETIZIONE per la SEPARAZIONE della ASSISTENZA dalla PREVIDENZA (ad oggi, abbiamo raccolto circa 500 adesioni nel Triveneto);
d) Organizzazione di un Convegno sulle CRITICITA’ PENSIONISTICHE (Gennaio 2018), con invito a Parlamentari ed Esperti;
e) Diffusione delle nostre idee utilizzando il web e (per quanto possibile) le TV (locali e non).
In tutti i presenti, una certezza: la tutela delle nostre pensioni sarà lunga e difficile, ma i pensionati -ora- hanno capito che un esito positivo potra’ essere ottenuto solo se saranno UNITI e se faranno pesare, al momento del voto, la loro ESASPERAZIONE per le continue angherie che questo Stato ha avuto nei loro confronti, da almeno venti anni.
(a cura di S. Biasioli).
News di Perelli (estratto)
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PER QUALE PENSIONE STO CONTRIBUENDO?
Nel consueto silenzio di stampa e televisioni su un argomento ritenuto “minore” e poco consono al momento preelettorale, si susseguono, sulla rete, reazioni preoccupate alla notizia che è all’esame della prima Commissione della Camera (Affari Costituzionali) una proposta di legge a firma dell’onorevole Mazziotti di Celso ed altri (C3478) che punta alla modifica dell’articolo 38 della Costituzione. L’articolo 38 – va ricordato – proclama il diritto dei cittadini alla previdenza sociale, distinguendo i concetti di previdenza e di assistenza, la prima derivante dai contributi versati dai lavoratori, la seconda sostenuta da risorse provenienti dalla fiscalità generale.
Un editoriale dello stesso Mazziotti, per nulla convincente, sulla necessità di intervenire con la citata modifica costituzionale, comparso recentemente su “Formiche.net”, anziché placare gli animi ha finito per infiammare ancor più la polemica.
Al dibattito ritengo utile contribuire con alcune osservazioni dal punto di vista di chi, come me, non ancora pensionato ma prossimo al traguardo, si ritrova nella condizione di aver versato, per vincolo normativo, decenni di onerosi contributi all’INPS, di essersi poi visto dilatare dalla riforma Fornero il tempo di contribuzione necessario al pensionamento e di apprendere, ora, dell’esistenza di un disegno di modifica costituzionale che, in modo surrettizio, attribuisce all’INPS la potestà di ridurre gli assegni pensionistici attuali e futuri per ricavare le risorse necessarie ad integrare altre pensioni non coperte da adeguata contribuzione.
Leggendo, infatti, sia la proposta di modifica con relativa relazione di accompagnamento, che l’intervento dell’On. Mazziotti di Celso pubblicato da Formiche.net, appare evidente che la modifica costituzionale, con la finalità di non discriminare le generazioni, è intesa a rendere possibile il livellamento verso il basso delle pensioni, magari in modo graduale o proporzionale, .
Ad aumentare l’inquietudine generata dall’iniziativa si aggiunge l’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, comparsa il 20 giugno, il quale, rammaricandosi di non essere stato in grado di tagliare le pensioni medio-alte per i vincoli posti dalla Corte Costituzionale, indica l’importo di € 2000 lordi (1340 netti) come limite al di sopra del quale gli importi corrisposti sarebbero passibili di riduzione.
Per accendere il semaforo verde a quanto auspicato da Gutgeld, si pensa ora di modificare la Costituzione ed, in nome del principio di sostenibilità, rendere in pratica possibile il ricalcolo delle pensioni già liquidate, indipendentemente dai contributi versati, in qualsiasi momento, senza vincoli se non quelli derivanti dal bilancio dell’INPS e dalle necessità assistenziali via via emergenti e ritenute prioritarie dal Governo di turno.
Nessun pensionato o pensionando potrà, in tal modo, far più conto su risorse certe e costanti per il suo sostentamento, essendo potestà del Governo ridurre, anche annualmente, l’ammontare della pensione in base alle più disparate, e forse discutibili, necessità in favore di altri che non hanno egualmente contribuito.
Lo scenario appare fortemente penalizzante, oltre che per gli attuali pensionati, anche per chi, ancora attivo come lavoratore, sta versando contributi avvicinandosi all’età della pensione.
A che titolo, in quale misura e con quale diritto l’INPS potrebbe infatti continuare, una volta approvata la proposta Mazziotti, a prelevare da costoro contribuzioni che verrebbero domani dirottate per essere destinate a finanziare prestazioni di fatto assistenziali?
Una simile decurtazione, che riguarderebbe milioni di persone, sarebbe inaccettabile, venendo, di fatto, a costituire una ulteriore forma di tassazione odiosamente riservata ai soli iscritti alla previdenza obbligatoria INPS, ed impatterebbe sicuramente in termini negativi sul clima sociale, generando sentimenti di difesa e di chiusura, anziché di fiducia nella tenuta e nella ripresa dell’economia.
Ora, se è vero, come a più riprese sostenuto da autorevoli esperti, che la riforma Fornero aveva provveduto a riequilibrare le entrate e le uscite e, quindi, i conti del sistema previdenziale, è da chiedersi cosa sia nel frattempo intervenuto a modificare la situazione e quali siano, di conseguenza, le reali motivazioni della proposta Mazziotti.
E’ possibile ritenere che la risposta sia da ricercarsi nella crescita delle prestazioni assistenziali accordate in questi anni, sulla base di decisioni politiche, anche ispirate alla ricerca del consenso, che lo Stato stenta sempre più a ripianare creando così preoccupanti scoperture nel bilancio dell’INPS.
L’ordinamento attuale, infatti, stabilisce chiaramente che le erogazioni assistenziali debbano essere coperte da risorse provenienti dalla fiscalità generale, mentre quelle previdenziali debbano essere coperte dai contributi che ogni lavoratore e datore di lavoro versa, accantonati come retribuzione differita e percepiti al momento della pensione.
Entrambe le gestioni sono affidate all’INPS che, teoricamente, vi provvede con contabilità separata: la GIAS – gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali – istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88 per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest’ultima, che tuttavia negli ultimi esercizi sono state solo parzialmente coperte.
In definitiva, la proposta Mazziotti si propone di liberare il bilancio dello Stato dall’onere di buona parte delle prestazioni assistenziali erogate dall’INPS, quelle cioè dovute ad insufficiente contribuzione, spostandolo a carico dei pensionati, ai quali verrebbe imposto di finanziarne il costo, rinunciando forzosamente a parte della loro pensione.
Piuttosto che aumentare le tasse o, più opportunamente, intervenire finalmente sul macroscopico problema dell’evasione e dell’erosione fiscale, rischiando così di perdere consenso, si ritiene più conveniente e semplice scaricare i costi dell’assistenza sui pensionati INPS, già oggi gravati dai livelli di tassazione più elevati d’Europa!
Risulta sempre più evidente che, a questo punto, è necessario ed inderogabile pensare al riordino dell’INPS, affinché i lavoratori siano tutelati e non espropriati dei contributi versati e perché chi ha effettivo bisogno sia assistito con criteri di tracciabilità e di trasparenza. E’ irrinunciabile a tal fine separare la previdenza dall’assistenza e vincolare la prima alla contribuzione e la seconda alla fiscalità generale, per rendere possibili azioni mirate a supporto delle necessità assistenziali senza ricorrere all’esproprio delle pensioni.
Su questi presupposti la proposta di modificare l’articolo 38 della Costituzione appare una pericolosa scorciatoia, finalizzabile a rendere difendibili, sul piano giudiziale, mere azioni di governance in materia previdenziale, che finisce per disconoscere che tutto ciò confligge con altri, più fondanti, principi della Costituzione repubblicana.
Più precisamente, l’attuazione dell’astratto ed inaudito principio di “non discriminazione” tra generazioni mediante l’esproprio dei trattamenti previdenziali medio-alti aprirebbe il varco ad un’altra, effettiva, discriminazione di diritti: quella tra pensionati INPS e non, e quella tra iscritti alla previdenza obbligatoria e non, per violazione dell’art. 3 e dell’art. 53 della Costituzione.
E non ci si venga a dire che le nostre sono solo delle “fobie”, perche’ – nei giorni scorsi- le anticipazioni uscite sul DEF fanno presupporre che, da adesso al 24 Ottobre, la politica farà pressione (ovviamente ufficiosa) sulla C. Costituzionale che, in quella data, dovra’ dare un autorevole parere sul problema della pluriennale mancata , totale, perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS, problema rinviato alla Corte da almeno 15 Corti dei Conti regionali e da parecchi tribunali.
Cosa deciderà la Corte? Confermerà o smentira’ sue precedenti sentenze?
Lo vedremo. Restiamo comunque del parere che le prospettive delle nuove generazioni non si tutelano con modifiche all’articolo 38, ma in altro modo ed essenzialmente con politiche di sostegno del lavoro!
Lorella CIAMPALINI
NEWS da Perelli
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Comunicazione Leonida
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Poletti: “Ipotizziamo un bonus di 2 anni per l’Ape sociale alle donne con figli”
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti torna a incontrare oggi le organizzazioni sindacali per un nuovo confronto sulle tematiche previdenziali, al quale hanno preso parte anche i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, insieme a una delegazione sindacale dei pensionati.
Al centro del tavolo: l’innalzamento dell’età pensionabile e l’unificazione del requisito anagrafico tra uomini e donne per l’uscita dal mondo del lavoro. I sindacati hanno ribadito la richiesta di stop all’aumento automatico dell’età di pensionamento di vecchiaia a 67 anni dal 1° gennaio del 2019, sottolineando come, tra l’altro, dal 1° gennaio 2018 scatterà l’unificazione del requisito anagrafico tra uomini e donne.
“Abbiamo inoltre convenuto – dichiara il Ministro Poletti – di attivare una commissione di lavoro mista tra Governo, organizzazioni sindacali e istituti interessati (Inps e Istat) che si occupi del tema della eventuale separazione tra assistenza e previdenza e che elabori un’analisi condivisa per verificare la composizione del paniere utilizzato come base per il calcolo dell’indicizzazione degli assegni pensionistici”.
Sul fronte donne, il Governo avanza una proposta: “Tra le cose su cui lavorare – prosegue Poletti – abbiamo ipotizzato la possibilità di abbassare fino a un massimo di 2 anni i requisiti contributivi previsti dall’Ape sociale per donne con figli”. Ma c’è anche il punto che riguarda il riconoscimento sul piano previdenziale del lavoro di cura: “Su questo – aggiunge – i sindacati si sono impegnati ad avanzare delle proposte, noi ci siamo riservati di esaminarle”.
“Nei prossimi giorni – assicura, infine, il Ministro – proseguirà il confronto avviato anche sulle tematiche del lavoro”.
Il patrimonio Inps per la prima volta in rosso
Nel 2015 le spese per prestazioni (307 miliardi) hanno superato nettamente le entrate contributive (215 miliardi). Sulla riforma della governance: http://www.repubblica.it/economia/2017/02/15/news/corte_dei_conti_il_patrimonio_inps_per_la_prima_volta_in_rosso_-158369379/