Antonio Signorini – Il Giornale, martedì 01/05/18 – 09:58
C’è l’allarme sulla sostenibilità del sistema pensionistico italiano, anche se meno marcato rispetto alle previsioni.
Ma nell’atteso Pensions Adequacy Report 2018 della Commissione europea c’è anche altro. Sull’Italia, ad esempio, ci sono considerazioni che non stonerebbero tra le tesi di chi vuole cambiare certe asperità delle riforme passate. In particolare quella Fornero e l’adeguamento automatico dell’età pensionabile legato alle aspettative di vita. E arriva addirittura l’invito ad «affrontare gli effetti collaterali negativi delle riforme pensionistiche all’insegna dell’austerità».
Il rapporto critica le pensioni italiane perché costano tanto, ma non risolvono problemi di fondo, ad esempio il rischio pensioni inadeguate per i lavoratori precari, le lavoratrici e chi ha carriere discontinue.
Il rapporto osserva come «l’inasprimento estremamente rapido dei requisiti per la pensione» delle riforme adottate tra il 2009 e il 2011 hanno provocato un effetto «anziani dentro, giovani fuori», con «un milione di lavoratori anziani» tra i 50 e i 64 anni in più, e una contemporanea «riduzione di giovani lavoratori di 0,9 milioni» tra i 15 e i 34 anni, tra il 2008 e il 2013.
Meno giovani occupati, più anziani occupati ma, paradossalmente, anche un maggior numero di over 50 disoccupati passati da 130 mila a 500 mila. Sono lavoratori che in altre ere sarebbero stati pensionati e ora non hanno accesso né all’assegno Inps né al lavoro.
Per questo l’esecutivo europeo chiede misure per «migliorare la capacità di assorbimento del mercato del lavoro italiano».
La Commissione riconosce al governo Renzi di avere introdotto alcune misure per ammorbidire i requisiti della pensione, spendendo 6 miliardi in tre anni. Ad esempio l’Ape sociale. Peccato che «i requisiti di ammissioni troppo rigidi» rischiano di fare respingere una percentuale di richieste di pensione anticipata intorno al 35% (13.000 su 39,777).
In generale, il sistema italiano «svolge efficacemente la funzione di mantenimento del reddito». Quindi le pensioni in rapporto agli ultimi stipendi sono alte, anche se quelle delle donne sono ancora più basse.
Poi, il sistema non protegge dalla povertà. «Anche se in Italia gli anziani sono relativamente in condizioni migliori rispetto ai giovani», siamo ancora «sotto la media europea per tasso di deprivazione materiale degli ultra 65 enni». Situazione che è peggiorata con la crisi del 2008. «Gli anziani a rischio di povertà ed esclusione sociale erano il 23,9% contro il 18,3% nella Ue».
Diventa un problema anche quella che era stata presentata come la soluzione ai vizi storici della previdenza italiana. Per la Commissione, «il notevole e rapido aumento dell’età pensionabile dal 2010 ha fatto emergere problemi sia sulla durata del pensionamento sia sull’interazione tra durata attesa della vita lavorativa e la performance del mercato del lavoro oltreché dello sviluppo dei servizi». In sintesi, la stretta sulle pensioni che ha salvato i conti pubblici ha creato tanti problemi agli italiani.
Sul versante della tenuta del sistema, l’allarme che si temeva alla vigilia è molto ridimensionato. La spesa pubblica per le pensioni resterà stabile al 15,6% del Pil fino al 2020. Aumenterà molto dal 2020 al 2040, con il pensionamento dei baby boomers. Ma dopo riscenderà al 13,9% del Pil.