L’analisi di Pietro Gonella e Stefano Biasioli, 26 maggio 2021
Oggi è chiaro ai più che il ruolo primario dell’ospedale non può essere quello dell’attività ambulatoriale, ma quello del trattamento delle patologie acute importanti e delle patologie croniche riacutizzate. Tutti i restanti problemi clinici vanno affrontati a livello territoriale, anche per evitare che gli ospedali vengano bloccati totalmente da episodi pandemici, probabili anche in futuro.
Forse il Covid indurrà la politica a ripensare largamente la struttura del Ssn. Ci sono voluti 150.000 morti e milioni di italiani infettati dal maledetto virus per rimettere in discussione l’attuale, vecchio, assetto del Ssn, nato nel 1978, in un contesto economico e soprattutto epidemiologico totalmente diverso.
Noi, da almeno venticinque anni, abbiamo posto il problema di una revisione del Sistema sanitario nazionale, mantenendone l’universalità e la gratuità, ma eliminandone le distonie organizzative e finanziarie, che oggi costringono il cittadino a lunghe liste di attesa e a spendere (per bypassarle) di tasca propria, per ottenere -a pagamento – ciò che trent’anni fa era invece gratuito, nei princìpi e nella prassi. Il Covid ha fatto esplodere il problema dell’assistenza territoriale, provocando disastri soprattutto dove questa non era mai stata implementata. Una sola citazione, la diversa modalità di approccio alla pandemia (soprattutto nella seconda e terza fase) da parte del Veneto e della Lombardia. Nel Veneto, la presenza della azienda zero e di un servizio epidemiologico generale ha consentito – nella parte intermedia della prima fase e nelle due ulteriori fasi – una gestione diversa da quella lombarda, prevalentemente ospedalocentrica. Per questo, in Veneto, la corsa verso i Pronto Soccorso è stata più contenuta che altrove, anche se riconosciamo che si sarebbe potuto fare di più, a livello territoriale.
Ma, oggi, non è il tempo delle accuse ma della presa d’atto di ciò che ha o non ha funzionato. Oggi, finalmente è chiaro ai più che il ruolo primario dell’ospedale non può essere quello dell’attività ambulatoriale ma quello del trattamento delle patologie acute importanti e delle patologie croniche riacutizzate. Tutti i restanti problemi clinici vanno affrontati a livello territoriale, anche per evitare che gli ospedali vengano bloccati totalmente da episodi pandemici, probabili anche in futuro. Il Covid ha lasciato dietro di sé morti, soggetti totalmente guariti, ma anche migliaia di persone guarite ma con “strascichi”, ovvero con presenza di cronicità prima assenti (danni cerebrali, polmonari, cardiaci, renali, tiroidei ecc). Nel frattempo, per almeno 16 mesi, gli ospedali hanno ridotto al minimo la consueta attività chirurgica, oncologica, anestesiologica/antalgica, diagnostica, con effetti che si trascineranno per anni… continua a leggere QUI